PasoliniFonte immagine: profilo Twitter Roberto Firmino

Pier Paolo Pasolini, un legame con il calcio indissolubile. Assieme a Osvaldo Soriano e Eduardo Galeano è stato uno dei pochi artisti a coniugare la letteratura con il pallone. Regista, poeta, commediografo: legatissimo al suo Bologna, “che tremare il mondo fa“, vincitore di 4 scudetti tra 1936 e 1941 per Pasolini questo sport ha sempre rappresentato qualcosa di più. La sua accesa personalità lo ha spesso portato a contrasti con i suoi compagni politici, che consideravano il calcio un diversivo inutile. Lui, invece, ha saputo coniugare il linguaggio poetico e prosastico con il calcio, ispirato dall’infanzia passata a giocare ai Prati di Caprara. Su un sottofondo di un’Italia ancora fortemente rurale, con l’ombra del fascismo ad incombere. Uno sfondo che segna profondamente la poetica di Pasolini, che coniuga la passione di un ragazzo a un’intera vita letteraria, aprendo il linguaggio del calcio e conferendogli un connotato romantico e divino.

“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”

Pasolini, Italia e Brasile rappresentanti dei generi letterari

Esiste forse gara più drammatica e poetica allo stesso tempo di Italia-Brasile 4-3, semifinale di Messico 1970?. Probabilmente no. Lo riconosce anche lo stesso Pasolini, che dedica al loro calcio un intero articolo, pubblicato nel 1971. 4 anni prima della sua tragica uccisione.

Esiste un presupposto: il calcio ha un suo linguaggio, con un codice da decifrare. Anzi, si tratta di un vero e proprio linguaggio, composto da fonemi, parole e segni. Come nella letteratura, per Pasolini è doveroso compiere una distinzione, ispirata dallo spettacolo tra Azzurri e Verdeoro di un anno prima. Il calcio in poesia è anarchico, libero e spregiudicato, che raccoglie la sua massima poeticità nel dribbling e nel gol a coronamento di un’azione da stropicciarsi gli occhi. La rete stessa è poesia, poiché colpo di scena nello spettacolo dellagara, “folgorazione, un’invenzione, una sovversione del codice“. I leggendari goleador Riva e Savoldi sono poeti, artisti dell’arte della rete che si gonfia. La Nazionale che maggiormente rappresenta questo aspetto è il Brasile, col suo gioco di dribbling, palleggio e capacità di andare al gol facilmente.

Esiste, però, anche il calcio di prosa. La sua purezza è rappresentata dal catenaccio e dalle triangolazioni, da un calcio maggiormente volto alla concretezza. Pasolini associa questa tipologia di linguaggio allo storico capitano Bulgarelli, oltre all’Italia di Ferruccio Valcareggi. Questa, infatti, si ispira alla scuola italiana (in realtà svizzera) del catenaccio, pur contornata da momenti poetici. Le ripartenze fulminee e i gol stessi, infatti, sono pur sempre dei momenti poetici che concludono un’azione maggiormente prosaica. Due movimenti calcistici e letterari che si sono scontrati nella finalissima di Città del Messico del 1970, in cui la “poesia brasiliana” ha avuto la meglio sulla “prosa estetizzante italiana“. Un epilogo ha reso infelice il tricolore prosaico.

Poesia e prosa in Serie A

Quali sarebbero, invece, le squadre più rivolte alla poesia nell’odierna Serie A? Il sarrismo della Lazio, con il 4-3-3 volto al possesso palla e agli scambi corti. Oppure il Napoli di Luciano Spalletti, con le sue manovre vellutate e il gioco a tratti spettacolare. Scendendo in classifica potremmo annoverare la Fiorentina di Vincenzo Italiano, in netto contrasto rispetto a Iachini, con passaggi precisi e movimenti da manuale. Per la prosa? Inevitabile non pensare al “corto muso”, di Max Allegri, volto alla ricerca spietata del risultato, a prescindere dall’estetica sul campo. Così come la difficoltosa Roma di José Mourinho, concreta con il lusso di un po’ di versi, esplicati dalle rapide ripartenze dei suoi esterni d’attacco. Rappresentante assoluto, però, al di fuori del calcio nostrano non può che essere il cholismo, fútbol spigoloso che costringe l’avversario a giocare al minimo delle sue possibilità.

Arte e pallone, un connubio spesso sottovalutato, ma rilanciato dal genio di poliedrici come Pasolini. Noi siamo ereditari di questo patrimonio e dobbiamo convincere il pubblico ancora di più che il calcio non è solo uno sport. Un atto di riconoscenza per chi riconosce al pallone un ruolo più profondo di quel che appaia. Il calcio come sinonimo di vita e di passione.

Di Luca Ripari

Sono Luca Ripari, ho 26 anni e provengo da Perugia. Nel giugno 2019 mi sono laureato in Mediazione Linguistica, in inglese e spagnolo. Ho una grande passione per il calcio, tanto da aver dedicato la mia tesi finale a questo argomento, lo sport interconnesso con società e cultura. Ho iniziato a collaborare con alcune testate e anche la radiocronaca mi appassiona. Mi piace scrivere, raccontare di calcio, viaggiare e leggere.