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bundesligafonte: account Twitter FC Bayern Monaco

Il massimo torneo tedesco chiude i battenti senza sussulti in testa e con qualche lacrima in coda. Chi doveva vincere lo ha fatto e su questo non ci sono mai stati dubbi. Il Bayern di Monaco, a salvaguardia dell’etichetta, ha soltanto dovuto compiere l’ultimo sforzo per alzare gli 11 kilogrammi di argento e di tormaline con le quali è composto il Meisterschale, il piatto di 59 centimetri di diametro che viene consegnato alla squadra vincitrice della Bundesliga. Nei meandri dell’Allianz Arena, hanno ormai dovuto abbattere qualche intercapedine per far posto alla moltitudine di dischi d’argento che costellano l’infinita bacheca dei bavaresi. Sono 9 i titoli consecutivi messi in carniere, 14 in totale se allarghiamo l’orizzonte temporale agli ultimi 20 anni. Non si sono mai verificati strappi significativi a questa marcia trionfale. Almeno una volta ogni due anni il Bayern si è portato a casa il titolo, ad eccezione del biennio 2010/2012, quello dove il Borussia Dortmund ha voluto dimostrare a tutta la nazione che anche in Westfalia sono capaci di primeggiare. Ma in Bundesliga succedono cose che non sono paragonabili alle storie nostrane, si hanno atteggiamenti che non si riscontrano a queste latitudini. Ciò crea un pizzico di rabbia, una presa di sana invidia, ma anche l’eclissi di luoghi comuni e qualche interrogativo. In Germania è un caso unico il fatto che una squadra vincente sia anche simpatica. Simpatici anche i suoi dirigenti. Alzi la mano chi nutre antipatia per Rummenigge (amministratore delegato) o per quell’omone di Uli Hoeness (vicepresidente del consiglio amministrativo). Per carità cristiana non oseremo paragoni. Se facciamo una panoramica sull’ultima partita di Bundesliga, correlandola agli accadimenti della nostra serie A, lo spettatore di questi due teatri vacilla. Da una parte sembra di assistere ad una commedia dei De Filippo, dall’altra tutta una sorta di personaggi dell’assurdo di Eugene Ionesco. Ma come? Non erano gli italiani quelli allegri e buontemponi mentre la freddezza sarebbe la prerogativa dei popoli del nord? I veleni, le vittorie o le sconfitte, sempre condite da polemiche asperrime, l’eterna lotta contro gli arbitri, l’antipatia e l’odio verso chi vince spesso e volentieri, hanno spaccato il giocattolo italiano. Non riusciamo più a godere di nulla, anche l’adrenalina dell’ultima giornata è sporcata da mille dubbi e falsa ideologia. Il mondo social che, da questo punto di vista, potrebbe diventare una “cloaca maxima”, ha già scaldato l’ennesimo polpettone vegano dal sapore cartonato. Quella squadra perderà perché odia quell’altra, mentre quella che dovrebbe vincere facile farà di tutto per pareggiare per non mandare in Europa l’acerrima nemica. Sulla graticola un manipolo di arbitri alle prese con rimborsi ritenuti gonfiati. Siamo già alla cottura al sangue della condanna, senza aver prima preso visione della effettiva colpa o di una clamorosa svista. Ma siccome siamo diventato il popolo dei sospetti, ci piace appellarci al principio che l’arbitro indebitamente rimborsato ha anche falsato la partita. Sciocchezze e melma dalle quali non ne usciamo più. Chi scrive, essendo fatto di carne ed ossa, non ha potuto trattenere una lacrima di sana commozione alla vista dell’arbitro Schmidt. Il fischietto tedesco, impegnato in Bayern-Augusta (5-2), ha diretto l’ultima partita della sua carriera lasciando l’impronta di un cuore sul terreno di gioco, stilizzandola con la magica bomboletta utilizzata per le punizioni. Dopo la grafica, è passato a fare una ola in solitario arringando i 250 fortunati presenti in tribuna che hanno risposto all’onda emotiva. Non è passato un secondo senza chiedere quando mai vedremo Orsato o Abisso o Massa compiere disegni di spuma o accennare una ola con i tifosi dell’Atalanta  o della Roma. Se lo facessero ne leggeremo delle belle su presunte (e false) combine. La partita era già cominciata con qualche italico sospiro quando a centrocampo i calciatori hanno scambiato i gagliardetti. Quello classico per il Bayern, mentre il capitano dell’Augusta ha omaggiato il collega con una marionetta, perché il teatro delle marionette di Augusta (Augsburger Puppenkiste) è patrimonio culturale bavarese di fama mondiale. Ci chiediamo cosa aspettano a Catania o Palermo, in virtù di un orgoglio italiano che deve riappropriarsi di tradizioni centenarie, a mettere in moto simili iniziative che non avrebbero nulla da invidiare ai tedeschi. Ma la Bundesliga è ancora di più. E’ stata la lotta tra fratelli polacchi. Lewandowski che ha provato di tutto per battere il record di gol appartenente a quel totem calcistico di nome Gerd Muller ed il portiere Gikiewicz che ha compiuto il suo dovere facendo delle parate mostruose sui tiri del connazionale. Alla fine l’ha spuntata il buon Robert che, al limite del fischio finale, ha realizzato il 41° gol stagionale detronizzando un mito. E’ stata la giornata degli addii. Quelli dell’allenatore Flick e degli assistenti Gerland e Klose. Il commiato di Alaba, Boateng e Javi Martinez. Ai saluti (momentanei) anche Schalke e Werder Brema. Due squadre gloriose che ci riproveranno dalla Zweite Liga con spirito diverso. Lo Schalke è stato protagonista di una stagione sciagurata, mentre gli anseatici, vincitori del titolo nella stagione 2003/2004, hanno sperperato una possibile salvezza nelle ultime 5 giornate, macchiate da un solo punto conquistato. Agli spareggi, come terz’ultima, troveremo un’altra nobile decaduta della Bundesliga come il Colonia.

Tra lacrime ed una festa veramente originale, lascia a 34 anni anche Sami Khedira. Il ragazzo di Stoccarda, dal rendimento condizionato da una serie di infortuni in carriera, si è concesso gli ultimi 75 minuti con la maglia dell’Hertha Berlino.

All’uscita, i componenti della panchina lo hanno aspettato indossando le maglie di tutte le squadre della sua carriera. Ma la Bundesliga è fatta anche di piccole storie, come quella dell’Union Berlino che, da semplice squadra di un quartiere della periferia berlinese, stacca il biglietto europeo per la neonata Conference League. A gioire soprattutto i tifosi ai quali, erano i tempi del famigerato muro, era proibito vedere l’altra faccia della stessa medaglia.

E’ come se vedessimo (e ce lo auguriamo) il Chievo andare in trasferta verso le migliori destinazioni d’Europa (per credere andate a vedere quali sono le formazioni ancora in ballo per tale competizione, Villareal è solo un piccolo esempio).

Insomma vi abbiamo voluto raccontare piccole storie, con la speranza di narrarle, in un futuro prossimo, anche in salsa italiana. Per il momento registriamo, in Germania, la “Lewandowski-mania” che, sulla ruota di Monaco, fa 41, che per noi è una cifra più vicina alla febbre. Quella di un cavallo.