Mourinhofonte: account Twitter ufficiale AS Roma

Nel 1988, il genio di Luciano De Crescenzo, partorì un film ad episodi dal titolo “32 Dicembre”. Ne “I penultimi fuochi” troviamo un papà disperato perché non ha i soldi per comprare al figlioletto i botti di Capodanno. Dopo una serie di rifiuti dagli amici, Alfonso decide di rinunciare anche all’aiuto del fratello per non cedere ad una umiliazione in presenza del parentado. Ma la promessa fatta al bambino, quella di sparare gli agognati tric-trac non appena incassato qualche soldo, rimane tale. Così Alfonso, entrato in possesso di una piccola somma, celebra il suo personale Capodanno, il 12 gennaio.  Ognuno ha quel che si merita e festeggia quando e con quel che può. Potrebbe essere questa la morale per l’ennesima stagione in cui il calcio italiano resta con il pop-corn a guardare in tv le finali di coppa. Si tratta del modus di interpretare tutti gli schiamazzi del nostro football, che produce molto divismo e nessuno di quei coriandoli luccicanti sparati sul palco la notte del trionfo. Salta chi può. E così, mentre la Champions League sarà un ballo consanguineo tra Chelsea e Manchester City, l’Europa League stende il suo tappeto ai piedi di Manchester United e Villareal. Troppo coriacei gli spagnoli per le timide offensive dell’Arsenal, che ha avuto la sfortuna di incrociare una vecchia conoscenza e vero specialista della competizione: Unai Emery. Noi italiani, brava gente, ci accontentiamo di poco. Siamo a buon diritto la nazione del calcio ma abbiamo i peggiori stadi d’Europa. Ci sciogliamo davanti ai ventenni Havertz e Foden, poi preghiamo per rinnovare il contratto ad ultra 38enni. Ci esaltiamo per evocative favole raccontate nei turni di Coppa di Lega Inglese, ma facciamo fuori dalla coppa nostrana i professionisti(!) della Lega Pro. Non avendo altri interessi da coltivare, ci siamo fiondati sull’unica notizia capace di iniettare adrenalina nelle stanche rotative dei quotidiani sportivi. La Roma ha ufficialmente ingaggiato Mourinho. Il comunicato ha scalzato gli ormai rarissimi annunci cubitali dedicati soltanto ai grossi protagonisti del campo. L’acquisto di Haaland, tanto per semplificare. Ma la condizione dei bilanci delle società italiane è tale da rendere poco appetibili le letture di prestiti o scambi a titolo gratuito, ed allora il top player che non esiste è surrogato dall’allenatore. Certo, non uno qualsiasi. Non crediamo ci siano altri da meritare tali squilli di tromba a meno di un irrealizzabile ritorno di Guardiola, questa volta in versione cardigan grigio medio. Pur se non condividiamo il risalto, di gran lunga sopra le righe, dato all’ingresso di Josè Mourinho al valico di Ponte Chiasso, comprendiamo la frenesia e l’irrequietezza della carta stampata. Dopo la genialata del “Daje” che, in Inghilterra, ha causato non pochi patemi linguistici causa l’assenza di romani presso la sede Sky di Londra, la Gazzetta dello Sport ha presentato il tecnico portoghese a mezzo busto, novello Giulio Cesare. Affibbiatogli, nel trafiletto in taglio basso, lo spinoso ed oneroso appellativo di “capopopolo contro le grandi del nord”. Per Cerasa, direttore de “Il Foglio”, il vivace cosmopolitismo di Mourinho rappresenterebbe un modello, un’opportunità per uscire dal provincialismo immobile della “Roma Pupona”. Accidenti quante aspettative per un semplice allenatore di calcio! Indubbiamente Mourinho sarà linfa vitale per i giornalisti, vista l’omologazione ed il totale appiattimento delle interviste. Le laconiche risposte, sempre uguali, saranno sovrastate dalla verve e dalla lingua dell’ex nerazzurro che, siamo certi, non mancherà di dare spettacolo e speranza in ogni dove, per un giornalismo più ossigenato. Ci sono dei però che, ad onor del vero, andrebbero analizzati senza per questo sminuire il lavoro di un grande professionista, un vincente, capace di condurre la ciurma interista ad uno storico ed affascinante triplete (che, a queste latitudini, avrebbe il crisma dell’irripetibilità). Dopo quel botto vero, la carriera dello Special One si è assestata con successi più a misura d’uomo. Vinti i campionati in Spagna e Inghilterra, più svariate coppe a rafforzarne il mito. Ma, alla guida di quelle corazzate (Real, Chelsea, Manchester United), non potevamo aspettarci di meno. Poi qualche cosa si è inceppata nei meccanismi ideologici dell’allenatore. Ciò ha portato alla rescissione consensuale con il Chelsea, seguita dagli esoneri allo United e al Tottenham. Ora questa nuova avventura al centro della piazza giallorossa, notoriamente ribollente di tifo appassionato ed assetata di vittorie. Non saranno pochi i problemi che il già battezzato “neo-imperatore” dovrà affrontare. Troverà una squadra fuori dalla CL, con l’ultimo attacco per reti siglate tra le prime sette della classifica, una difesa che, attualmente, ha incassato una rete più del Genoa 13mo. Ma noi italiani siamo fatti in tal guisa e forse è anche un bene, ci basta poco per emettere i suoni orgiastici di un entusiasmo sopito. Non la pensano così gli inglesi che, impegnati a roteare gli emoticon del sorriso, hanno registrato l’informazione più come una sorpresa. Quella che il “vecchio” Mou avesse trovato una panchina così in fretta dopo la mortificazione del fresco licenziamento (19 aprile scorso). Le loro prime pagine sono tutte per Pep Guardiola, il tedesco Tuchel e il norvegese Solskjaer, osservando stupiti l’Italia perdere la bussola per l’avvento di un allenatore incanutito di un decennio.

Va altresì annotato che la proprietà giallorossa dovrà fare i salti mortali per consegnare a Mourinho uno stipendio proibitivo (quest’anno pagato per metà dal Tottenham, poi 7mln netti a stagione) e una rosa degna delle sue aspettative, adocchiando nel contempo il bilancio che ricorda tanto una pellicola di Dario Argento.

Pure la veste di arringatore di vicoli a sud delle maremme, contro il predominio del nord, potrebbe alla fine diventare una pressione mediatica non richiesta.

Con le squadre ancora molto lontane dai ritiri estivi, il vento lusitano soffia forte sulle braci di Roma.

Ma per il momento, più che la sicurezza dei trofei, a Trigoria si conta la certezza delle spese, quelle che rendono amaro anche il semplice masticare una dolcissima caramella Mou appena scartata.