“Il calcio si basa su competizioni aperte e meriti sportivi; non può essere altrimenti”, tuonava pochi giorni fa la UEFA, in un durissimo comunicato diramato unitamente alle maggiori organizzazioni calcistiche europee, tra le quali la FIGC e la Lega Serie A.
Era da poco stata ufficializzata la SuperLeague e Florentino Perez, attuale presidente del Real Madrid e a capo dei 12 club scissionisti che avevano deciso di aderire al progetto, dichiarava, tutto soddisfatto, in diretta televisiva: “L’unico modo per sopravvivere è generare nuovi introiti, che al momento possono arrivare solo dal mercato televisivo. L’attuale competizione non è attrattiva, lo diventa solo in marzo, la gente non vuole vedere partite contro squadre modeste”.
Posizioni ed affermazioni che, come ben ricordiamo, non erano assolutamente piaciute ai vertici del calcio continentale e a tantissimi personaggi del mondo dello sport. A tal proposito, uno dei messaggi più belli di quei giorni concitati è stato certamente quello dal centrocampista del PSG, Ander Herrera: “Mi sono innamorato del calcio popolare, del calcio dei tifosi, del sogno di vedere la mia squadra del cuore competere con le grandi. Se questa nuova Superlega avanza, finiscono questi sogni, finisce l’illusione dei tifosi di quella squadra che non sono fra i ‘giganti’ di potersi conquistare sul campo di poter competere nelle competizioni migliori.” Parole condivisibilissime, soprattutto per gli appassionati più genuini di questo sport, e che raccolsero il plauso sincero di numerosi suoi colleghi e di vari addetti ai lavori.
“Il nostro gioco è diventato il più grande sport nel mondo basato su concorrenza aperta, integrità e merito sportivo. Non possiamo e non permetteremo che ciò cambi. Mai e poi mai”,affermava, di rimando, circa 20 giorni fa, il Presidente della UEFA, Aleksander Čeferin.
Tutto giusto, tutto altamente condivisibile. E poi?
La SuperLeague, come ben sappiamo, si è dissolta come neve al sole in poco più di 48 ore. Con la conseguente ed evidente soddisfazione di chi, fin da subito, si era apertamente schierato contro questa ipotesi “elitaria” e favore del “calcio dei tifosi”.
Accade però che in occasione dell’ultimo Consiglio di Lega (quello del 5 maggio 2021), tra i complimenti all’Inter per lo scudetto e i saluti al Parma e al Crotone per la matematica retrocessione, viene anche ratificato il nuovo format della Coppa Italia a partire dalla stagione 2021-2022.
Una competizione che, sorprendentemente, dal prossimo anno vedrà la partecipazione di appena 40 squadre: 20 di Serie A e 20 di Serie B. Escludendo, di fatto, i club della Lega Pro e della Serie D.
“Si tratta di una nuova formula che punta a valorizzare il torneo e creare da subito sfide interessanti sotto il profilo televisivo”, si legge nella nota diramata per l’occasione.
Ma come? E tutti i buoni propositi tanto decantati poco meno di un mese fa? Dove si sono nascosti gli eroici difensori del calcio romantico? Dove sono quelli che avevano anche evidenziato, tra le tante, la favola dell’Alessandria, che solo pochi anni fa, nonostante militasse in Serie C, era riuscita a raggiungere la semifinale della Coppa Italia contro il Milan, proprio per sottolineare l’importanza e la necessità di preservare il sogno delle squadre più piccole di poter competere con i club più blasonati?
Fino a quando c’era da tutelare i propri interessi contro il “calcio elitario”, erano tutti in prima fila, in bella vista, a criticare e ad attaccare duramente la SuperLega. Ora che invece lo spauracchio sembra essere definitivamente superato, tutte le buone intenzioni possono anche essere accantonate.
“È un comportamento che va a ledere un diritto che non è solo circoscritto al calcio, il diritto che il più debole possa farsi strada, come se non potesse sognare un futuro più bello di quello che dice la sua provenienza, come se un figlio di un operaio non possa sognare di fare il chirurgo, l’avvocato, il dottore”, affermava il tecnico del Sassuolo De Zerbi nella conferenza stampa prima della gara contro il Milan in riferimento proprio alla SuperLega.
Parole che suonerebbero perfettamente anche per descrivere l’ennesimo paradosso all’italiana che si è consumato nelle scorse ore nelle stanze della Lega Calcio con il lancio di questa nuova Coppa Italia.
Ma anche in questo caso, purtroppo, era inutile farsi troppe illusioni. Anche perché, come ben sappiamo, nel nostro paese, e non solo nel calcio, esistono da sempre i “diritti” di Serie A e i diritti… di Serie C.