C’erano una volta le bandiere…
Erano belle, forti, aitanti e generose. Svolazzavano di campo in campo alla ricerca di un gol, di un contropiede o semplicemente per dare una mano (o forse sarebbe meglio dire un …. piede) al compagno più forte.
Erano campioni o solo gregari di una maglia che non avrebbero tolto mai.
Finché chiodo non ci separi… questo poteva esserne il motto.
Oggi ce ne sono ancora. Forse un po’ meno.
Laddove soldi, successo e fama hanno quasi preso il posto dei calzoncini, magliette e parastinchi “monocolori”, ce n’è ancora qualcuna più issata che mai.
Una di queste ha i colori del sole e del fuoco, ed è un gladiatore, il suo nome è Francesco Totti, o basterebbe dire solo Francesco che lascerebbe tutti concordi.
Figlio di una società che l’ha allevato, cresciuto e vezzeggiato, ben presto è diventato il figlio di tutti.
Il figlio degli italiani che amano il calcio, quello vero, quello puro. Il calcio che è gioco, dedizione, sudore, e passione, anzi tanta passione e tanto amore.
Un amore che una bandiera come Francesco ha saputo ripagare siglando quasi un patto di sangue a suon di gol. E una società come la Roma non ha potuto fare altro che sventolare la sua bandiera con orgoglio, issandola sempre più forte, indistruttibile, ormai.
Oggi Totti non gioca più, ma la Roma e i suoi tifosi mai hanno scalfito l’onore e il rispetto per il proprio capitano.
L’unico.
“In campo con le stampelle”. “Giocherà anche con una gamba sola” . “In campo per altri dieci anni”.
Erano queste le tre frasi più ricorrenti che trovavamo in qualsiasi sito, social network, fan club dedicato a Francesco Totti, ripetute ininterrottamente non solo dai tifosi o compagni, ma anche, e soprattutto dalla propria società.
Società che ha continuato a esibire la sua bandiera quando era malato e lo davano per finito, quando non segnava più. Società che ha saputo erigere un muro protettivo qualora ce ne fosse stato bisogno, perché una società può cambiare dirigenti e presidenti, ma non abbandonerà mai il suo capitano.
I tifosi lo hanno capito ante litteram tatuandosi il suo viso o il suo nome su ogni parte del corpo. Anche una moglie, un marito o un compagno può andar via, ma un fratello rimarrà per sempre.
E Totti è ormai il fratello di tutti.
Poi ce n’è un’altra, simbolo dell’Italia multiculturale e multirazziale. Il suo nome è Javier Zanetti, capitano dell’Inter dal 1999 dopo l’addio di un’altra bandiera, Giuseppe Bergomi.
Zanetti potrebbe essere la risposta più vera, più plateale nella sua sobrietà a quei calciatori, più stranieri che italiani a onor del vero, che ogni anno cambiano squadra non prima di averne baciato la maglietta a inizio campionato.
Zanetti è stato il giocatore in attività e lo straniero con più presenze in Serie A e anche quello con più presenze nella storia dell’Inter.
Dalle sue labbra non sono mai uscite dichiarazioni avventate, Javier sa e conosce bene la sostanza più che la forma e in una società che spesso e volentieri ha dato miliardi per campioni che hanno sfilato sul campo come se fossero inquilini del Grande Fratello, Zanetti è sempre rimasto lì, al suo posto, come un guerriero che deve combattere per la Causa.
E ci sarà ancora per molto tempo.
“In 23 anni di carriera non si è mai allontanato da un senso della morale, del dovere, della fedeltà e dell’etica che ne fanno una delle icone del calcio “.
25 anni di carriera e 25 anni di Milan. La bandiera per eccellenza, il Difensore dell’Italia, uno dei pochissimi calciatori al mondo, forse l’unico che avrebbe meritato il ritiro della maglia.
Dov’è Paolo Maldini oggi? Al posto che gli compete: al Milan.
Una bandiera non ha colore e il suo addio è stato pianto dagli italiani tutti. Dagli avversari più che dagli amici, ammettiamolo.
Giallo, rosso, blu: le bandiere sono un tripudio di colori e di emozioni.
Silenziosa e riservata, fra l’arcobaleno ne spunta una dai colori contrastanti, opposti. Bianco e nero. Chiaro e scuro come le luci e le ombre che hanno attraversato il suo stato d’animo nel corso della sua ultima stagione nel calcio italiano.
19/10/2011 dichiarazione shock di Andrea Agnelli: “Questo è l’ultimo anno di Del Piero con la maglia bianconera”.
Nessuno, giornalisti, avversari, compagni, tifosi juventini e non, si capacitava del perché questa frase sia arrivata dopo poche partite di campionato.
In un mondo dominato dall’apparenza e dalla superficialità, Andrea Agnelli non si è mai chiesto quali conseguenze emotive avrebbero causato simili dichiarazioni a campionato ancora aperto.
Ma l’uomo davanti a lui era un uomo con la U maiuscola, sicuro di se stesso come calciatore e come persona, non un giovane fragile e indifeso.
L’amore e le lacrime dei tifosi non hanno scalfito nei successivi mesi la sua posizione e le sue idee.
Non è bastato vederlo alzare dalla panchina e scendere in campo come un ragazzino. Un ragazzino che si diverte, soprattutto.
Del Piero è simbolo di chi ci ha messo a 38 anni suonati, ancora tanta voglia, grinta, entusiasmo. E passione.
Non sono bastati quei gol pesanti, come quello contro la Lazio che gli ha fatto valere i tre punti e ha riaperto i giochi.
Non è bastato che, nonostante tutto, non abbia mai voluto rispondergli a tono, immolandosi per la sua squadra come ha fatto per lunghi 19 anni.
Ma soprattutto al Presidente della Juventus non sono bastati i ricordi.
Eppure non erano passati poi molti anni.
Fresco campione del mondo, mentre parte dei suoi compagni si lasciava accecare dalle sirene internazioniali, lui andava in Serie B, a sgambettare sui campi di Rimini, Crotone e Frosinone come se fossero il Nou Camp o l’Old Trafford.
Con la stessa fame, la stessa voglia, ma soprattutto lo stesso divertimento.
19/10: mai Alessandro del Piero avrebbe immaginato che queste due cifre, il numero delle stagioni in bianconero e la “sua” maglia avrebbero un giorno rappresentato il suo addio forzato.
Un giocatore integro, rispettoso delle leggi e della morale, mai una sbavatura né una dichiarazione sopra le righe. Un uomo che ha voluto smorzare le polemiche sulla terza stella dichiarando che bisogna rispettare le regole. Dopo il suo addio al calcio parte della tifoseria bianconera ha polemizzato contro l’ex calciatore colpevolizzandolo di non aver dato nulla alla Juve.
Forse non ha dato qualche giocata miracolosa in più. Ma ha portato classe, rispetto ed educazione in un mondo fatto di tante finzioni.
Fra scommesse, indagini, arresti, foto compromettenti c’è sempre stato qualcuno che ha trasmesso la voglia di continuare a giocare a pallone.
Totti, Zanetti, Maldini e Del Piero: gli unici che possono ancora oggi insegnare ai bambini come poter diventare un giorno una Bandiera.