Cara Italia,
Sebbene tu sia desta io, dal mio incubo, non sono ancora desto. L’immagine, sebbene un po’ offuscata, è ancora lì, al minuto 91′. Quando un Trajkovski qualunque ti trafigge. Hai lasciato che lo sguardo di Roberto Mancini rimanesse pietrificato, come il mortale silenzio del Barbera. Hai ammutolito un popolo intero, più di un devastante terremoto, più del discorso presidenziale di fine anno.
Stavolta però forse ho assorbito un po’ più il dolore perché già avvezzo, a quello che sembra un lontanissimo rigido novembre 2017. 14 novembre, per la precisione. Si tratta di un giorno qualunque, pronto ad imbarcarmi sul treno che mi porta in facoltà. Poca voglia di parlare. Nel cambio treno-autobus, vedo scorrere le auto che sembrano indifferenti. Invece, mi soffermo sulle targhe, quella tua I di Italia. “Ecco, il proprietario di questa vettura non sarà al Mondiale“. Poco dopo, ecco apparire la D di Deutschland “Loro saranno lì, potranno gioire ed esultare”.
A una qualunque lezione di inglese, il professore pone l’esempio di una strategia di marketing di una nota catena svedese. Tra le grandi società presenti nel mondo, proprio la sede del nostro carnefice. E volevo sprofondare, per giorni, stessa sensazione, stesso smarrimento.
A fine anno, organizzo un viaggio in Svizzera (guarda un po’) con i miei amici. In un freddo pungente, arriviamo pian piano a Saint-Moritz, tra le cime innevate. Nonostante il gelo, sale sul pullman un’allegra combriccola svizzera, gioiosa. Ecco, anche loro andranno a Russia 2018. Nella mia apparente indifferenza, non posso fare a meno di pensarlo.
25 marzo 2022, tante cose (ma non troppo) sono cambiate. Mi reco al lavoro, pronto a svolgere le mie mansioni per l’ufficio estero. Sotto altra forma, ma l’incubo ritorna. Chiama un cliente dalla Spagna, per verificare lo stato della spedizione. Soddisfatto poiché la merce sta arrivando a destinazione, si fa una bella chiacchierata con qualche risata con me e riattacca. Penso che anche lui abbia una carica in più, perché in Qatar avrà una Nazionale da sostenere. Non riesco a deviare il pensiero, così come quando arrivano telefonate da Francia e Germania, persino dal Giappone. A ricordarmi in coro che tu, cara mia Italia, reciterai assente all’appello.
Così come non dimenticherò quella notte di luglio 2021, per le strade del corso di Perugia a festeggiare.
Lo so, Italia, in fondo sono un po’ ossessionato dal pallone, tanto da associarvi ogni elemento della mia vita. Ma chissà quanti mi chiedo, come me, avranno associato la normalità quotidiana alla tua eliminazione. Quanti avranno viaggiato nel mondo con l’atlante, vedendo i partecipanti alla prossima edizione. Quanti ragazzini, a lezione di geografia avranno studiate le bandiere del mondo, giocando a chi ne fa parte e chi no.
Così, mia cara Italia, passo le giornate. A riflettere, umanamente, al di là di qualsiasi riflessione tattica. Ti sono devoto, come lo ero nel 2006 e quattro anni dopo, quando il Sudafrica ti fu nemico. Come il 2014, Brasile, ultima terra di avventura prima di questo infinito deserto. Eppure, io sarò lì, ancora, pronto ad emozionarmi e ad associarti all’esistenza. Magari risvegliandomi da un bel sogno, ancora una volta, negli alti e bassi come avviene nella vita. Ma ora sto ancora dormendo, dal mio incubo non son desto.