Martinfonte: account Facebook di Ronnie Sandahl

Martin è il più promettente talento del calcio che la Svezia abbia mai visto. A sedici anni, il suo sogno di diventare professionista a grandi livelli si concretizza grazie all’acquisto da parte dell’Inter, blasonata società calcistica milanese. Mentre si adatta ad una realtà in cui tutto e tutti possono essere comprati e venduti e non conta quanto tu sia forte, ma conta soltanto se il prezzo del tuo cartellino aumenta, Martin troverà sempre più difficile distinguere il sacrificio dalla sottomissione, il piacere dal dolore e l’amico dal nemico.

Questa è, in breve, la sintesi della trama di Tigers, il film di Ronnie Sandahl, presentato alla 15° edizione della “Festa del Cinema” di Roma in collaborazione con “Alice nella città”. Il film ripercorre la storia di Martin Bengtsson, giovane prodigio del calcio svedese, all’Inter. La pellicola è tratta dalla sua autobiografia del 2007 ‘In the shadow of the San Siro‘. Girato in Italia e in Svezia, questo piccolo capolavoro ci racconta il lato oscuro del calcio, di cui non tutti sono a conoscenza.

Martin quando arriva all’Inter è pressato. Non riesce ad ambientarsi nel dormitorio comune dove è stato messo insieme a tutti gli altri suoi compagni. Proprio questi ultimi lo sbeffeggiano sia in casa che sul campo. Da qui iniziano le forti pressioni del ragazzo che man mano vede gente andarsene, venduta a club di serie inferiore.

Tigers riesce a raccontare in modo semplice e chiaro i problemi di salute mentale che si manifestano nei settori giovanili. Molti non riescono a reggere il peso della notorietà e abbandonano il calcio per sempre. È un mestiere nel quale la testa conta più dei piedi. È un continuo percorso in salita che va intrapreso senza cadere, perché chi cade certe volte non si rialza più. Nel film entriamo nella mente del protagonista e viviamo con lui lei insidie e le insicurezze di un mondo complesso come quello del calcio.

Di scene iconiche nel film ce ne sono a bizzeffe, ma tra tutte c’è un dialogo che mi ha colpito molto. Martin ad una festa conosce Vibeke, una ragazza svedese, che diventerà in poco tempo la sua fidanzata. “Sono un calciatore”, “Non ti ho chiesto cosa fai, ma chi sei”. La magnifica sceneggiatura di Ronnie Sandahl, che aveva già sceneggiato il capolavoro di Janus Metz “Borg McEnroe”, ci regala questo dialogo semplice e genuino. Vibeke, insieme ad un altro amico nel dormitorio, saranno fondamentali per il protagonista. Lo aiuteranno a star bene, quando star bene sembra quasi una sensazione impossibile da provare.

“Ero stato vittima di diversi infortuni e avevo la sensazione di trovarmi da solo in un Paese straniero, stretto nella morsa di un ambiente soffocante. Pensai, dunque, che l’unica via di uscita fosse tagliarmi i polsi nel dormitorio dell’accademia della società nel 2004. A sei o sette anni sognavo di giocare nel Milan, poi è arrivata l’Inter. Mi volevano Chelsea e Ajax, mi paragonavano a Wayne Rooney: la mia immagine identitaria era stata costruita solo sul calcio e sull’obiettivo di diventare un professionista ad alti livelli”.

Martin si spinge troppo oltre, così oltre da provare a suicidarsi (nel film la scena viene raccontata in modo diverso dalla realtà dei fatti accaduti). Si ritirerà e tornerà in Svezia dove diventerà in seguito un musicista ed uno scrittore.

Tigers è uno dei film sul calcio più importanti di sempre, perché ci mostra una realtà cruda, che molti non conoscono.

Una storia coraggiosa che andava raccontata.

Una storia che il protagonista vive “Nell’ombra di San Siro”

a cura di Francesco Rosati