Roma-Inter non potrà essere una sfida come tutte le altre, specialmente quest’anno. Sulla panchina nerazzurra, infatti, siederà Simone Inzaghi, in una sorta di nuovo derby capitolino col suo passato, nello stadio che lo ha accolto e cullato. Anche se in questa occasione il tifo sarà opposto. Sull’altra sponda José Mourinho, l’artefice del Triplete nerazzurro nel 2009/2010. Per i tifosi della Beneamata, qualsiasi risultato avrebbe un sapore più mellifluo. Una sfida senza esclusione di colpi.
Roma-Inter: Mou contro i colori del successo
22 maggio 2010. L’Inter stende il Bayern Monaco al Santiago Bernabeu grazie ad un super Diego Milito. La gioia, la corsa e Javier Zanetti che alza quasi incredulo la coppa dalle grandi orecchie. Di contorno, però, anche le lacrime di addio di un uomo che rivela la sua umanità più pura, anche di fronte a un’apparente corazza di spocchia e supponenza. Mourinho o lo si ama o lo si odia anche per questo. Con poche contromisure, un coach disposto a tutto pur di proteggere il suo gruppo squadra. Succedeva all’Inter, succede ancora sulla panchina capitolina. Le critiche che rimbalzano sui giocatori se le accolla lui stesso, distogliendo l’attenzione mediatica su poli opposti.
Lo ricordano bene anche i tifosi nerazzurri, eternamente devoti al culto mourinhano. 108 apparizioni a Milano, equivalenti a 729 giorni dal 2008 al 2010, condite da 88 vittorie, 25 pareggi e solamente 15 sconfitte. Un lascito importante, l’ultimo importante prima dell’approdo dello specialista per scudetti Antonio Conte. 10 anni con la sola Coppa Italia del 2011 come trofeo, una lenta risalita verso l’élite italiana e, si spera quella europea. Un’epopea che il tecnico di Setúbal vorrebbe, col tempo, riportare anche nella capitale. Eppure, bisogna ancora ricostruire una Roma spezzata da anni di grandi progetti e poco arrosto. Come lui stesso affermò alla conferenza di presentazione: “I trofei arriveranno”. I supporters, spesso propensi al tutto e subito, attenderanno con umile pazienza.
Roma-Inter: Inzaghi, una vita da laziale
Simone Inzaghi ha il biancoceleste tatuato dentro. Attaccante dal 1999 al 2005 e con due brevi parentesi nei bienni 2005-2007 e 2008-2010, è il miglior realizzatore della storia della Lazio in Europa con 20 reti. Entra poi negli annali per il poker rifilato al Marsiglia, il 14 marzo del 2000. Il suo palmarès registra uno scudetto, una Supercoppa Europea, tre Coppe Italia e 2 Supercoppe italiane. Come se non bastasse, approda sulla panchina aquilotta nel 2016, dopo l’incredibile dietro-front del Loco Marcelo Bielsa. Dopo il percorso con la Primavera, riuscirà ad imporsi immediatamente, dimostrandosi un allenatore versatile e in grado di sfruttare una rosa non sempre al massimo dei ricambi. Così, trionfa in Coppa Italia nel 2018/2019 e per ben due occasioni in Supercoppa, sconfiggendo la scudettata Juventus. Anche grazie al contributo di Alessandro Murgia, oggi al Perugia, non certamente elemento di prim’ordine.
Poi, l’infinita telenovela della scorsa estate, con il passaggio in casa nerazzurra, che ha spaccato in due la tifoseria biancoceleste nel ritorno all’olimpico: per metà fischiato, per metà applaudito. Applausi che ora cercherà di raccogliere anche all’Inter, dando seguito al lavoro di Conte. Con un obiettivo già raggiunto: fare meglio in ambito europeo, avendo guadagnato il ticket per gli ottavi di finale per la prima volta dopo 9 anni. Una storia di ripartenza, che segue la linea della caccia alla ventesima stella. Napoli, Milan e Atalanta permettendo.
Due stili differenti
Due storie differenti, con stili differenti. Se Mourinho si focalizza sulla solidità difensiva e sul risultato, senza badare eccessivamente all’estetica, Inzaghi va spesso alla ricerca del bello. Rispetto all’Inter concreta e spiccia di Conte, vediamo spesso in campo una compagine votata all’attacco, con buone linee di passaggi e fraseggi. Dal punto di vista dei giocatori, il portoghese ha puntato tutto sulla centralità di Lorenzo Pellegrini, riportandolo sulla trequarti. I risultati sono gli occhi di tutti: 5 gol realizzati. Importanti, inoltre, l’alternanza e la gestione dei nuovi bomber Abraham e Shomurodov, in competizione per un posto al sole in avanti.
Il piacentino, invece, ha dovuto fare i conti con le dolorosi cessioni di Hakimi e Lukaku. In tal senso, abilissimo a sfruttare al meglio le fasce, con Darmian e Perisic rivitalizzati e di nuovo protagonisti più che mai. Oltre al rispolvero di Dzeko, 7 gol fin qua in campionato, altro grande ex del match. Un confronto da gustare con la massima attenzione.
Roma-Inter è qui e parte dalle panchine.