Quando vinci l’Europeo dopo 53 anni dall’ultima volta, certamente il tuo nome rimarrà inciso nella storia a vita. E se lo fai riportando la Coppa a Roma da non favorita, surclassando Nazionali sulla carta superiori e creando un gruppo così unito – non solo in campo – da fare emozionare emozionare un Paese intero, sicuramente hai guadagnato una standing ovation da parte di più di sessanta milioni di italiani.
Ed è ciò che merita Roberto Mancini: l’uomo che ha permesso agli Azzurri di vincere il secondo Europeo nella storia dell’Italia, portando a termine quello che – da quando si è seduto sulla panchina della Nazionale – è da considerarsi un vero e proprio capolavoro.
Tutti ricorderanno il record di imbattibilità di Vittorio Pozzo: 30 partite consecutive senza mai perdere.
Bene, ora quel record appartiene a Roberto Mancini che, da quando ha indossato le vesti di ct dell’Italia, può contare su una striscia positiva di 34 partite, a partire da Italia-Ucraina 1-1 del 10 ottobre 2018. E sorride anche il bilancio dei successi: di questi 34 match, ben 27 sono vittorie e solo 7 i pareggi, mentre 93 i gol fatti e 22 i subiti.
Riuscire a rialzare questa squadra dopo la delusione del Mondiale di Russia 2018 non era facile. Farlo portando a termine in tre anni quello che è da definirsi un vero e proprio capolavoro, invece, sembrava impossibile.
Ma per il Mancio nessun obiettivo è mai troppo lontano.
Lo dice la storia: la sua storia.
Samp, Lazio, Inter e City: The History Man
Tra calcio giocato e panchina vanta 6 scudetti, 10 Coppe Italia (6 da giocatore, record a metà con Buffon e 4 da allenatore, primato condiviso con Sven Goran Eriksson), 4 Supercoppe Italiane, due Coppe delle Coppe, una Supercoppa UEFA, una Coppa d’Inghilterra, una Community Shield e una Coppa di Turchia.
Tanti trofei ma, alcuni, più significativi di altri.
In blucerchiato ha sicuramente superato ogni limite, soprattutto vista la portata della squadra rispetto ad altre corazzate.
Arrivò a Genova l’estate della promozione e, nemmeno tre anni dopo, la Samp vince la sua prima Coppa Italia: 2-1 sul Milan con gol dell’1-0 segnato proprio da Mancini.
Ma i due veri grandi successi sono la Coppa delle Coppe del 1990 contro l’Anderlecht e l’unico e storico scudetto della Sampdoria nell’anno successivo, di cui è stato protagonista insieme al suo “gemello del gol”, Gianluca Vialli.
Poco meno di un decennio dopo ripete l’impresa in biancoceleste. Era il giusto risarcimento dopo aver perso il titolo l’anno prima con il Milan.
La Lazio del 2000 fece una cavalcata in rimonta a nove giornate dalla fine con annesso acquazzone provvidenziale all’ultima di campionato a Perugia, dove la Juventus avrebbe dovuto necessariamente vincere (è storica l’immagine dell’arbitro Collina, con ombrello e pallone, sotto la pioggia a testare il campo).
Una Lazio, quella, trainata da tanti campioni: Veron, Simeone, Nesta, Stankovic, Mihajlovic, Nedved. Ma la maglia numero 10, quella del giocatore dal quale passa ogni azione offensiva e il gioco di un’intera squadra, era affidata proprio a Roberto Mancini.
E con la forza del gruppo, un bel gioco e un organico che venne definito da Sir Alex Ferguson come quello attualmente più forte al mondo, il Mancio aiutò a portare alla Lazio il secondo scudetto della sua storia, dopo 26 anni dal primo conquistato dagli uomini di Maestrelli.
Il primo titolo di Campione d’Italia vinto invece da allenatore (e sul campo, visto che nel 2006 l’Inter ottenne lo scudetto per via delle squalifiche di Juve e Milan a seguito del caso Calciopoli) risale al 2006.
L’attuale ct della Nazionale Italiana sedeva allora, per il suo terzo anno, sulla panchina dell’Inter. Dopo aver conquistato, nelle stagioni precedenti, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane finalmente arriva il tanto agognato scudetto.
L’uomo della storia ha messo il suo sigillo anche qui: dopo 18 anni riporta il tricolore nella Milano nerazzurra con una striscia record di ben 17 vittorie consecutive e 97 punti totali.
Le imprese, però, non riguardano solamente la penisola italiana. Roberto Mancini è stato in grado di compierle anche oltremanica. Ed è il caso del Manchester City del 2012.
Un campionato che fu un continuo testa a testa con lo United. Continui ribaltamenti di fronte, settimane e settimane entrambe appaiate alla classifica, errori potenzialmente fatali che nel girone di ritorno fecero scivolare gli Sky Blues a otto lunghezze dai Red Devils.
Gli uomini di Mancini però non si diedero per vinti e, grazie anche a risultati avversari utili, arrivarono a giocarsi (essendo a pari punti con la squadra di Ferguson) tutto all’ultima giornata. Manchester City-QPR: la differenza reti era favorevole, bisognava solo vincere.
Inizialmente però le cose non si misero bene. Al 90′ il QPR è avanti per 1-2. Ogni speranza sembrava ormai svanita.
Poi, però, come a volte nel calcio accade, la dea fortuna ha deciso di baciare i Citizens.
Al 91′ accorcia le distanze Edin Dzeko, pochi minuti dopo, ormai verso il triplice fischio, Balotelli serve Aguero che segna il 3-2.
All’Ethiad è apoteosi. Vincere un campionato è, già di per sé, una gioia immensa. Farlo con queste premesse, quando tutto sembrava ormai perduto e riportando a casa un titolo che mancava da 44 anni, è assolutamente inimmaginabile.
Inimmaginabile per tanti, non per tutti e sicuramente non Roberto Mancini: l’uomo che tra Sampdoria, Lazio, Inter, City e Italia ha, senza ombra di dubbio, fatto la storia più e più volte.
E chissà che non possa farla ancora.