Negli ultimi anni sempre più investitori stranieri vengono attratti dai club italiani. Non solo serie A, ma anche società minori le cui quote vengono acquisite da fondi esteri. Se in Francia a farla da padrone sono soprattutto le proprietà arabe, nei nostri campionati sempre più spesso assistiamo a investimenti da parte di americani e asiatici.
TUTTO HA INIZIO DA VICENZA
Nel 1998 l’inglese Stephen Julius rileva un Vicenza sull’orlo del fallimento dopo il sequestro del Gruppo delle Carbonare, del quale faceva parte il club biancorosso. Julius acquisisce la società veneta per circa 23 miliardi di lire. I tifosi, che proprio in quell’anno vedono la propria squadra arrivare in semifinale di Coppa delle Coppe, sognano in grande. Julius ha ottime ambizioni, vuole quotare la società in borsa, costruire uno stadio di proprietà e far sognare i supporters. Al suo fianco la Enic, che in quegli anni rileva anche team molto prestigiosi come Tottenham, Glasgow Rangers e Slavia Praga. Il progetto dell’imprenditore inglese fallisce in sei anni: nel 2004 il Vicenza viene acquisito da una cordata di imprenditori locali per 6.5 milioni di euro, con i nuovi proprietari che si trovano a pagare anche i 12 milioni di debiti creati da Julius e i suoi.
LA SVOLTA DI VENEZIA
Il Veneto sembra essere la regione più gettonata dai paperoni stranieri e così, nel 2011, ecco arrivare dalla fredda Russia l’imprenditore Yuri Korablin. Alla prima stagione, l’ex sindaco di Khimki riporta i lagunari tra i professionisti. Il suo obiettivo più grande è quello di costruire uno stadio di proprietà. Avviato l’iter progettuale, arrivano i primi intoppi: con la caduta della giunta Orsoni nel 2014 e il seguente commissariamento del Comune, la strada per la costruzione del nuovo impianto subisce un duro stop. Korablin inizia a defilarsi, non presenta le fideiussioni necessarie per l’iscrizione al campionato e il club riparte dalla serie D. Dai russi si passa agli americani: Joe Tacopina, che un anno prima aveva investito nel Bologna, prende in mano la società e la riconduce dopo pochi anni alla serie B.
UN AMERICANO (ANZI, DUE) A ROMA
La città di Roma è sicuramente quella che raccoglie maggior fascino agli occhi degli stranieri. Un appeal che non è passato inosservato oltre Oceano, visto che il primo grande club di serie A a passare in mano agli americani è stato proprio quello di Trigoria. Nel 2011, dopo la fine dell’era Sensi, la società giallorossa passa all’italo-americano Thomas DiBenedetto il quale dopo poco tempo cede le sue quote al socio in affari James Pallotta, proprietario dei Boston Celtics in NBA. La piazza romana non è però tra le più semplici sia a livello di tifoseria che burocratico. Proprio questi aspetti rallentano l’obiettivo principale di Pallotta, ovvero la costruzione dello stadio. Questo, associato alle frequenti contestazioni dei tifosi, spinge l’imprenditore statunitense a cedere la società che nel 2020 passa al connazionale Dan Friedkin, capo del colosso Gulf Sales Toyota.
L’ADDIO DI MORATTI E BERLUSCONI
Nel 2013 Massimo Moratti cede il 70% dell’Inter all’indonesiano Erick Thoir. Dopo poco tempo l’imprenditore cede il passo ad un’altra società asiatica, la cinese Suning, di proprietà della famiglia Zhang. Steven, uno dei membri, diventa nel 2018, a soli ventisei anni, il più giovane presidente nella storia nerazzurra. Dall’altra parte dei Navigli la situazione è inizialmente analoga. Nel 2017, dopo ben trentuno anni, Silvio Berlusconi cede il testimone, vendendo il Milan al controverso magnate Li Yonghong. Sull’imprenditore cinese ancora oggi non sono del tutto chiare molte cose. La sua ascesa è andata pari passo con la sua immediata discesa. Quel che è certo è che nel suo paese natale, sono in tanti a reclamare crediti verso di lui. Nel 2018 il club rossonero viene quindi rilevato dal fondo americano Elliot, con a capo il finanziere newyorkese Elliot Stinger.
IL NUOVO PARMA TARGATO USA E LA FIORENTINA DI MR. ROCCO
Sembrava solo una breve parentesi straniera quella del Parma, che nel 2014 veniva acquisito da una cordata russo-cipriota. I sogni dei tifosi di veder tornare i gialloblu ai fasti degli anni ’90 duravano però poco, con il club emiliano che nel 2018 veniva ceduto alla società locale “Nuovo Inizio Spa”. Lo scorso settembre una nuova svolta: l’americana Krause Group acquisisce la maggioranza delle quote ducali, con Kyle Krause che diventa il nuovo presidente. Rimanendo in Emilia Romagna troviamo poi Joey Saputo, imprenditore canadese proprietario del CF Montréal e attualmente chairman del Bologna. A stelle e strisce anche il destino della Fiorentina. Rocco Commisso, calabrese di nascita ma americano d’adozione, rileva la Viola dopo diciassette anni di presidenza Della Valle. Fondatore di Mediacom, una delle più grandi aziende TV statunitensi, è presidente anche dei New York Cosmos, formazione americana diventata famosa negli anni ’70 per la presenza, tra gli altri, di Pelè, Giorgio Chinaglia e Franz Beckenbauer.
LA SERIE A È DI NUOVO IL CAMPIONATO PIÙ BELLO DEL MONDO?
Perché l’Italia è diventata così appetibile per gli imprenditori stranieri? La storia del Bel Paese nell’immaginario collettivo ci porta a pensieri romantici che lasciano, però, il tempo che trovano. La verità potrebbe essere molto più venale. La serie A, ma anche le categorie inferiori, rappresentano un bacino d’utenza molto elevato. Il calcio continua ad essere lo sport più amato dagli italiani ma rispetto ad altri campionati come Spagna, Inghilterra e Germania, gli investimenti nella nostra nazione risultano essere più contenuti. Realtà come come Firenze e Venezia, ma anche Parma e Catania, profumano di affari per gli investitori stranieri. Dopo un lungo periodo in cui il calcio italiano sembrava essere sprofondato, si cominciano a vedere segni di risalita. Basti pensare alla presenza di Cristiano Ronaldo nella Juventus che fino a otto-dieci anni sarebbe stata poco credibile. A tutto ciò va aggiunta la possibilità, almeno sulla carta, della creazione di strutture private che stanno cominciando a prendere corpo in questi anni. Ma è proprio questo lo specchietto per le allodole in cui spesso gli investitori cadono. La burocrazia italiana è probabilmente una delle più macchinose del mondo e gli iter per la costruzione di impianti privati si mostrano spesso lunghi e pieni di insidie. Ne sa qualcosa la Roma, con i continui intoppi sul nuovo stadio che sembrava ormai pronto a nascere. Così come accadde più di vent’anni fa dall’altra parte del Tevere, con Sergio Cragnotti che fu tra i primi a parlare di “stadio di proprietà”. Anche il presidente Lotito, suo successore, mise subito in chiaro di avere quello come obiettivo già nel 2004 appena approdato alla Lazio; un traguardo mano a mano messo sempre più da parte, tant’è che dalle parti di Formello sono rarissimi ormai i discorsi su questo tema.
GLI INVESTITORI STRANIERI SONO SINONIMO DI VITTORIA?
Il sogno di ogni tifoso è quello di vedere la propria squadra acquisita da un qualche magnate che regalerà nel tempo campioni affermati e vittorie in giro per il mondo. Ma sarebbe davvero così? Se andiamo oltre i confini e prendiamo come esempio il PSG targato Qatar, notiamo come non sempre gli investimenti milionari siano sinonimo di vittoria. I parigini dominano da anni il loro campionato ma a livello europeo fanno spesso fatica nonostante i tanti soldi a disposizione. In Italia, al momento, non abbiamo ancora tutti i dati per poter dare una risposta ma da quel poco che si è visto in questi anni, sono ancora le squadre targate “made in Italy” ad avere la meglio. Se prendiamo il 2010 come anno di partenza per il nuovo ciclo di investitori esteri, ci accorgiamo che la Juventus della famiglia Agnelli è per distacco la squadra più titolata in serie A, con 18 trofei nazionali. Seguono a 4 trofei ciascuna la Lazio di Lotito e il Napoli di De Laurentiis. A quota 2 troviamo il Milan (l’ultima una Supercoppa Italiana nel 2016 con Berlusconi presidente) e a 1 l’Inter, vincitrice della Coppa Italia nel 2011 sotto la guida di Massimo Moratti. Quest’anno entrambe le milanesi sono tra le favorite per la vittoria finale del titolo. Sarà questa la stagione della svolta che interromperà l’egemonia dei presidenti italiani?