“Non direi di essere il migliore allenatore al mondo, ma sono sicuramente nella Top One”.
Indisponente, permaloso, insolente e presuntuoso, semplicemente Brian Clough, uno dei migliori allenatori della storia del calcio, meritevole a pieno titolo dell’appellativo di “football genius” per ciò che ha mostrato sul campo, da giocatore prima e allenatore dopo.
Clough nasce a Middlesbrough nel 1935 ed è proprio nelle giovanili del Boro che nel 1951 inizia ufficialmente la sua carriera nel calcio inglese, per passare poi in prima squadra quattro anni più tardi. Da subito riesce a farsi notare per le sue doti innate di centravanti puro. Una buona tecnica unita a forza fisica, il tutto condito da velocità, un tiro formidabile così come i suoi colpi di testa e quella durezza classica degli attaccanti britannici che fecero di Clough uno dei centravanti più temuti del campionato inglese. Un’inesauribile ed instancabile macchina da gol che portarono il mitico Bill Shankly, leggendario allenatore del Liverpool, a definirlo peggio della pioggia di Manchester: “Quella almeno ogni tanto smette”.
MIDDLESBOROUGH, SUNDERLAND E NAZIONALE INGLESE
Black Cats e Boro, o Smoggies, come vengono soprannominati questi ultimi proprio dai loro rivali del Sunderland, sono state le due formazioni in cui Brian Clough ha militato da giocatore prima di interrompere prematuramente la sua carriera a causa di un brutto infortunio. Nella formazione della sua città d’origine, dal 1955 per i successivi 6 anni, le sue statistiche sono da bomber vero, 204 reti segnate in 222 gare disputate, e non cambiano a Sunderland dove si trasferisce nel 1961 e resta in totale 4 anni, con un tabellino complessivo di 63 reti in 74 presenze.
Il 26 dicembre del 1962, a causa di un duro scontro contro il portiere del Bury, il ventisettenne di Middlesborough termina drammaticamente la sua carriera da calciatore, non riuscendo più a recuperare dall’incidente al punto da collezionare soltanto 3 presenze (ed una rete) nei successivi due anni.
Un grandissimo attaccante il cui valore è stato apprezzato in pieno soltanto in Inghilterra, complice il fatto che ai suoi tempi non esistevano le coppe europee, così come il fatto che in nazionale giocò soltanto due partite, amichevoli peraltro (contro Stati Uniti e Svezia) ed entrambi casalinghe.
IL CLOUGH ALLENATORE
Il terribile infortunio che lo strappò dal campo di gioco come calciatore, gli diede modo di tornarci da allenatore a soli trent’anni, divenendo peraltro, al tempo, il più giovane a farlo nel Regno Unito. Nel 1965, sulla panchina dell’Hartlepool United inizia il sodalizio con Peter Taylor, suo ex compagno di squadra al Boro, con il quale darà vita ad un legame quasi indissolubile che frutterà ai due successo e titoli di grandissimo prestigio.
Il carattere di Clough non cambia ed il suo nuovo ruolo probabilmente accentua ulteriormente tutti gli aspetti di un personaggio amato ed odiato nello stesso tempo che riuscì ad imporre il suo credo calcistico, anche a livello tattico, nella lega inglese, molto attaccata alla sua storica tradizione.
“Ne parliamo per 20 minuti e poi decidiamo che io avevo ragione”.
Le imprese di Clough sono letteralmente entrate nella leggenda del gioco del calcio, più che altro perché realizzate con squadre prese in serie minori in condizioni disastrose e portate alla gloria in uno sport che riesce a regalare emozioni uniche, se non fiabesche, come quelle di cui ne è stato il protagonista l’allenatore inglese.
Duro con i calciatori e fermo sulle sue idee, pretende prima di tutto disciplina, obbedienza e sacrificio, ma è anche in grado di gratificarli come meritano nel momento in cui si accorge di essere seguito, raccogliendo i frutti delle sue direttive. Grandissimo fiuto nello scorgere talenti nascosti, sempre con il fedelissimo aiuto di Peter Taylor al suo fianco, così come di riabilitare giocatori a fine carriera, regalandogli magari una nuova giovinezza nell’adattarli al suo gioco, riuscendo a fargli tirare fuori il massimo per la propria squadra.
“(Ai suoi calciatori che venivano convocati dalle rispettive nazionali) Ti hanno convocato, ma sei infortunato”.
Il suo è un calcio di chiara matrice inglese, nonostante le diverse innovazioni apportate, in cui si predilige il gioco a terra, celebre è infatti la sua frase: “Se Dio avesse voluto che giocassimo a calcio tra le nuvole, avrebbe dovuto mettere l’erba lì su”.
LA FAVOLA DEL DERBY COUNTY
Dopo lo splendido lavoro fatto ad Hartlepool, nel 1967 Clough e Taylor approdano in seconda divisione al Derby County, squadra per la quale l’ex attaccante di Middlesborugh si diceva facesse il tifo da sempre. Qui iniziò la favola di una squadra e la vera leggenda del suo allenatore che seppe portarla dalla salvezza in seconda divisione alla vittoria del titolo inglese, riuscendo così a calcare anche i prestigiosi campi della Coppa dei Campioni.
“Roma non fu costruita in un giorno, ma io non ero li”.
L’approdo di Clough al Derby County è il classico fulmine a ciel sereno, quell’evento cioè che riesce a sconvolgere, nel senso più positivo del termine, la realtà di una squadra destinata in quel momento a retrocedere nelle serie inferiori inglesi rischiando di cadere addirittura nel dimenticatoio del calcio.
Nei 6 anni a Derby la storia della squadra inglese si esplica in una vera e propria escalation di successi, principalmente della maturità di un club che viene plasmato ad immagine e somiglianza del proprio manager. Alla salvezza dalla retrocessione il primo anno, segue la vittoria della seconda divisione, e relativa promozione in first division, l’anno seguente. Nonostante sia una neopromossa, da quel momento, bastano poi solo 3 anni al Derby per diventare una squadra più che temuta in quegli anni che riesce a crescere grazie al suo allenatore fino a vincere il titolo nel 1972, staccando di un solo punto all’ultima giornata Leeds, Liverpool e Manchester City.
L’anno successivo arrivano finalmente le prime partite in Coppa dei Campioni e Clough tenta di realizzare uno dei suoi sogni più grandi, quello cioè di riuscire ad affermare il proprio credo calcistico anche nella compagine europea. Le sue aspettative però vengono tradite ed il desiderio di realizzarle si infrange in semifinale contro la Juventus in due partite da ricordare per l’intensità con cui si sono giocate ma anche per la valanga di polemiche che hanno scaturito al loro termine. “Dentro lo spogliatoio dell’arbitro c’erano gli italiani, prima della gara e durante l’intervallo!” è un’indimenticabile affermazione di Clough proprio a testimoniare quanto all’allenatore del Derby non siano piaciute diverse decisioni dell’arbitro nella partita d’andata. Nel ritorno gli animi sono ancora più caldi ma i Rams non riescono a ribaltare il risultato dovendo così salutare la competizione europea con grandissima delusione da parte del proprio tecnico.
Gli ultimi due anni al Derby County non sono idilliaci per Clough, questo anche a causa dei dissidi con la proprietà che nella persona di Sam Longson, cerca di manifestare al proprio tecnico che il peso della sua personalità non è più sostenibile per la società, affermando più volte “Il Derby County l’ho costruito io, non Brian Clough!”.
Detto, fatto. L’esperienza di Clough e Taylor al Derby si esaurisce nel 1973, quando cioè si trasferiscono al Brighton in terza divisione.
“Mi piace parlare chiaro e non vedo perché io professionista della panchina, come lo sono stato in campo nelle file del Middlesbrough, debba accettare le direttive di un dilettante che ha solo il pregio di avere quattrini”.
IL MALEDETTO UNITED
Quello tra Brian Clough ed il Leeds, è stato tutto tranne che un rapporto idilliaco, motivo per cui è durato soltanto 44 giorni. Con società, giocatori e tifosi non si è mai instaurata una grandissima sintonia, anzi le difficoltà sono state svariate fin dai primissimi giorni, forse anche prima di iniziare ad essere il tecnico sostituto di Don Revie sulla panchina della squadra migliore d’Inghilterra in quel momento.
“Il Leeds United ha vinto il campionato ma non l’ha vinto bene, non ha saputo indossare bene la corona. Secondo me poteva essere un po’ più amato, un po’ più simpatico, ed è questo che voglio cambiare. Voglio portare nell’ambiente un po’ più di calore, un po’ più di onestà e un po’ più di me”.
Un’esperienza stracolma di divergenze, litigi ed incomprensioni totali, sia con la presidenza che con la squadra, specialmente con il capitano del club, lo scozzese Billy Bremner, che contribuì all’insanabile frattura tra Clough ed il pianeta Leeds. 44 giorni raccontati splendidamente nel romanzo di David Peace, Il maledetto United (The Damned United), che ha poi ispirato anche la sceneggiatura dell’omonimo film di Tom Hooper del 2009 con Michael Sheen.
“Billy Bremner mi fece sentire un intruso, un clandestino ad un veglione di Capodanno. Non credo abbia mai capito quanto mi abbia fatto sentire male. Comunque se fossi rimasto fino all’aprile successivo, avessi o meno vinto qualcosa, anche Billy Bremner si sarebbe convinto che ero un manager all’altezza di Don Revie, anzi migliore”.
IL NOTTINGHAM FOREST DEI MIRACOLI
Terminato il periodo più buio della carriera di Clough, il tecnico di Middlesborough, dopo la parentesi Leeds, si ricongiunge, lavorativamente parlando, con il suo storico vice Peter Taylor, ed entrambi decidono di intraprendere un percorso insieme che li porterà definitivamente sul tetto del mondo, coronando nel tempo anche quel sogno di affermarsi nel palcoscenico europeo più prestigioso.
Nel 1975 i due firmano per il Nottingham Forest, una squadra di seconda divisione inglese che rappresenta in quel momento l’occasione ideale per dar vita nuovamente ad un progetto degno delle proprie ambizioni. Come fatto al Derby County, Clough e Taylor riorganizzano una rosa che rispecchia al meglio i loro standard tecnici e disciplinari e dopo tre anni riescono ad approdare in prima divisione, anche grazie ad una società che crede a pieno nelle potenzialità della coppia e sborsa cifre record per portare alla corte di “Cloughie” (come lo chiamano i tifosi) i giocatori richiesti.
Nel 1978, da neopromossa, i Forest compiono l’impresa e vincono il titolo inglese della first division, il primo nella storia della formazione di Nottingham (ed ancora l’unico), realizzando peraltro uno storico double aggiudicandosi anche la Coppa di Lega contro il Liverpool. A quel punto però qualcuno avrebbe potuto affermare “il meglio deve ancora venire” ed avrebbe avuto ragione.
Nella stagione seguente gli uomini di Clough approdano di fatto alla Coppa dei Campioni e lo fanno lasciando tutti a bocca aperta, affrontando la competizione con maturità, tecnica e determinazione trasmessagli dal proprio allenatore, senza perdere neanche un incontro, in particolar modo la finale di Monaco di Baviera contro il Malmoe, laureandosi così campioni d’Europa.
Nella stagione successiva, 1979-1980, i Forest terminano il campionato al quinto posto ma si aggiudicano la Supercoppa Europea battendo per 1-0 il Barcellona. In quanto detentori del titolo inoltre, giocano nuovamente anche la Coppa dei Campioni e lo fanno scrivendo definitivamente pagine di storia del calcio. Gli uomini di Clough riescono nuovamente nell’impresa di affrontare l’intero torneo mantenendo l’imbattibilità fino al termine dello stesso. Eliminano l’Ajax in semifinale e al Santiago Bernabeu di Madrid si aggiudicano la coppa dalle grandi orecchie vincendo per 1-0 contro l’Amburgo, divenendo di fatto anche l’unica squadra della storia a vincere la Coppa dei campioni senza aver vinto il proprio campionato nell’anno precedente.
Dei 18 anni trascorsi al Nottingham Forest (dove terminerà la sua carriera nel 1993), sono questi i risultati maggiori ottenuti da Clough che gli hanno concesso di entrare a pieno titolo nell’Olimpo degli dei di questo sport, e che vanno a completare un palmares totale da allenatore dei Forest composto da 1 campionato inglese, 1 Charity Shield, 4 coppe di Lega, 2 Coppe dei Campioni ed 1 Supercoppa UEFA.
UN ALLENATORE UNICO NEL SUO GENERE
Durante la sua permanenza a Nottingham, accadono due episodi che per motivazioni diverse, segnano molto la carriera di Clough. Il primo è la divisione con il suo storico assistente Peter Taylor, il quale decise di lasciare i Forest (ed in teoria la carriera calcistica) al termine della stagione 1981-1982, motivando la scelta per gravi problemi di salute, per poi accasarsi però di nuovo al Derby County, portandosi con se uno dei giocatori migliori di Nottingham e più apprezzato da Clough, John Robertson.
Tra Brian e Peter termina di fatto così un connubio lungo una vita, i due infatti non si parleranno più fino alla morte di Taylor nel 1990, giorno dal quale dicono siano peggiorati anche i problemi dello stesso Clough con l’alcol.
“Bere per me era diventato più importante dell’angoscia che stavo creando nelle persone che amavo di più”.
L’altro avvenimento che segnò senza dubbio la carriera e probabilmente anche la vita di Brian Clough, è ricordato come la più grande tragedia del calcio inglese, quando il 15 aprile del 1989, all’Hillsborough Stadium di Sheffield, persero la vita 96 persone durante la semifinale di FA Cup tra il Liverpool e proprio il Nottingham Forest. Nei giorni a seguire il tecnico di Middlesborough ebbe parole molto forti nei confronti dei tifosi dei Reds, individuandoli come i colpevoli della tragedia, ed attirando su di se numerose critiche da parte dell’opinione pubblica in generale e della stampa inglese che iniziò da quel momento a prenderlo di mira. Accorgendosi tardi di quanto fossero inopportune le dichiarazioni rilasciate, Clough non parlò più della tragedia di Hillsborough, ma il fatto in se, indubbiamente, lo segnò per sempre.
“Gli hooligans nel calcio? Bene, tanto per cominciare ci sono 92 presidenti”.
Solo tre manager in Inghilterra hanno vinto il titolo con due squadre diverse: Herbert Chapman (Huddersfield Town e Arsenal), Kenny Dalglish (Liverpool e Blackburn Rovers) ed appunto Brian Clough, con l’unica differenza che il Derby County ed il Nottingham Forest di Clough, arrivarono al titolo con lui per la prima volta nella loro storia, dopo essere state peraltro prese entrambe in una serie inferiore e portate al successo.
Non a caso sono queste le squadre che gli hanno addirittura dedicato due statue, una posizionata nel centro di Nottingham e l’altra davanti lo stadio del Derby County che lo raffigura insieme a Taylor.
“Tutto quello che ho fatto, tutto quello che ho raggiunto, tutto ciò che secondo me ha diretto e influenzato la mia vita – a parte il bere – derivava dalla mia infanzia”.
Nel 2002, due anni prima della sua morte, uscì l’autobiografia intitolata “Walking on water”, con il titolo ad indicare proprio il momento di maggior successo in cui ottenne le vittorie più belle e significative della sua carriera, quel periodo al quale lui stesso si riferiva definendolo “il periodo in cui camminavo sull’acqua”.
Talentuoso, visionario, innovativo, determinato e vincente, semplicemente…: “Brian Clough! Brian Howard Clough!”