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GattusoFonte immagine: profilo Twitter Napoli Calcio

Il Milan, dopo aver sconfitto le piemontesi Juventus e Torino, è tornato nel pieno nella corsa per aggiudicarsi la qualificazione alla Champions League. Samu Castillejo, in una recente intervista a Sky, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni. “Nel calcio ci sono le critiche e ed è giusto così, ma con noi si tende un po’ ad eccedere. Il Milan quando perde due partite è una squadra morta, una squadra che non si rialza, di giovani e bla bla… Poi quando i risultati arrivano siamo dei fenomeni“. Un calcio senza soluzione di coerenza e pazienza.

Le parole dello spagnolo mettono in risalto una questione interessante. Nel calcio odierno, dal giornale cartaceo a quello web, si può disquisire molto su una squadra. Le pressioni, ormai, in un mondo sempre più connesso, sono a livelli estremizzati. Con così tante voci in diversi cori, fanno presto ad insorgere molteplici opinioni. Se si vince, la squadra è con l’allenatore, c’è il bel gioco, ci sta cattiveria, tutto è perfetto e il centro allenamenti è un’oasi felice. Guai, però, a perdere una singola partita: “Crisi Pinco, Pallino in bilico, team da rifondare, cambio proprietà“. C’è frenesia e non tempo, voglia di creare scalpore e non di compiere vere analisi, tranquille e pacate, senza puntare al titolone di turno.

Calcio, gli alti e i bassi con le società

Ogni società di calcio reagisce con stimoli differenti. I rossoneri, nonostante i proclami di Scudetto, sono riusciti a riprendere i remi e a riportarsi in carreggiata per l’obiettivo. Differente il discorso per Gennaro Gattuso, ex Milan e focoso condottiero del Napoli di De Laurentiis. In seguito a una fisiologica difficoltà per mezza squadra incerottata e ad eccessive critiche, lo staff ha deciso di chiudersi in un infinito silenzio stampa. Ancora non terminato. Troppe le domande insidiose, troppe le risposte a tono del tecnico calabro. A pieno organico e nel fischio silenzioso dei microfoni, i partenopei hanno iniziato a macinare gioco e prestazioni, ributtandosi a piena corsa nella corsa alla coppa dalle Grandi Orecchie.

L’Inter di Antonio Conte, invece, ha vinto con pieno merito il diciannovesimo Scudetto della sua storia. Anche in questo caso, si è parlato tanto, forse anche troppo. A dicembre, con la squadra in piena corsa e appena dietro al Milan, si annunciava un’imminente Caporetto. Ancora prima, il salentino era finito sotto torchio per un possibile esonero. Poi, il derby vittorioso e il sorpasso sui cugini. Da quel momento in poi, osanna e reverenze per la compattezza del gruppo e per il cinismo ritrovato. Ieri crisi, il giorno dopo sorrisi e tutto a posto. Non deve andare così.

Il problema alla base

Probabilmente, nell’ambiente del calcio come nella vita di tutti i giorni, si sta perdendo il senso del termine “comunicare”. Secondo l’enciclopedia Treccani, l’etimologia è da far risalire a “communis“, in comune. In senso più esteso, quindi, si può interpretare come “condividere, mettere in comune”. Cambiare giudizi così velocemente sull’operato di una squadra o di una società non è mettere in comune, non è comunicare. È ben noto, purtroppo, che nel calcio non si ha pazienza, si vuole tutto subito, motivo per cui i famigerati “progetti” non vanno in porto. In questa instabilità costante, purtroppo, l’informazione non aiuta: la meteoropatia non fa mai bene. C’è necessità urgente da parte di ognuno, anche di noi stessi, di non alzare bandiera bianca dopo una sconfitta o rispolverarla in seguito a un successo. Perché qualche parola di troppo può essere davvero tagliente.

Di Luca Ripari

Sono Luca Ripari, ho 26 anni e provengo da Perugia. Nel giugno 2019 mi sono laureato in Mediazione Linguistica, in inglese e spagnolo. Ho una grande passione per il calcio, tanto da aver dedicato la mia tesi finale a questo argomento, lo sport interconnesso con società e cultura. Ho iniziato a collaborare con alcune testate e anche la radiocronaca mi appassiona. Mi piace scrivere, raccontare di calcio, viaggiare e leggere.