Savoiardo, cookie, wafer… Qualsiasi tipologia si scelga, il biscotto è sempre gradevole al palato. Spostandoci però di campo semantico, quello calcistico, il dolciume diventa una metafora difficilmente digeribile per gli appassionati. Un dolciume che rimane sullo stomaco di tanti supporters, sin dalle origini, fino a diventare un meme a tutti gli effetti nel gergo dell’Internet. Buon appetito allora, ma con riserva.
Biscotto, il perché del nome
Esistono alcune teorie sul motivo della denominazione a questo tacito accordo, celato dietro una leccornia. Una di queste si radica sull’etimologia, più precisamente dal latino medievale. Il termine è composto da “bis” (due) e “coctus” (cotto), quindi cotto due volte. Stringendo il senso, quindi, si deduce che le squadre coinvolte saranno entrambe accontentate, essendo i lati del biscotto cucinati da ambo i lati. Un’altra accezione più comune, però, riporta a un altro ambito sportivo, quello dell’ippica. Agli albori della nascita della disciplina, infatti, i cavalli erano cibati con dei dolci intrisi di sedativi, al fine di modificare le loro prestazioni. In tali circostanze, gli scommettitori in vena di truffa potevano puntare su cavalli meno favorito. Guadagnandosi una vincita illecita.
Due casi di “biscotto”
Il caso probabilmente più noto di biscotto è fortemente agrodolce per l’Italia di Giovanni Trapattoni, partecipe ad Euro 2004. Mentre la maggior parte degli appassionati d’Europa ricorda la formidabile impresa della Grecia, per noi la storia è differente. Inseriti nel Gruppo C con Danimarca, Svezia e Bulgaria, non riusciamo a battere le prime due formazioni (0-0 e 1-1). Gli scandinavi, invece, fanno il proprio dovere contro la Nazionale di Bojinov. Agli Azzurri, nello scontro del 22 giugno, non resta che vincere sperando che gialli e rossi non pareggino. Detto, fatto. Nonostante uno strepitoso Cassano, autore di un gol al 90′, l’altra gara termina sul 2-2. Tutte e tre sono appaiate a 5 punti, dietro il fanalino di coda Bulgaria 0 e siamo fuori a causa del confronto diretto. “2-2 ciao Italia“, “2-2 and the spaghetties are out“, alcuni tra gli irridenti striscioni. Un’uscita indecorosa.
Riavvolgendo il nastro del tempo, però, possiamo risalire a Argentina 1978, il Mondiale noto per la sanguinosa dittatura del generale Videla. Nella seconda fase del raggruppamento, l’Albiceleste si ritrova con Polonia, Perù e Brasile. La prima si qualifica alla finalissima, la seconda alla contesa per il terzo e quarto posto. Dopo il successo per 2-0 con la squadra di Lato, impatta per 0-0 contro i rivalissimi verdeoro. I match decisivi si tengono il 21 giugno, ma in orari sospettamente diversi. Il Brasile piega la Polonia per 3-1 e questo vuol dire che l’equipo di Menotti dovrà vincere con oltre 4 reti di scarto per passare. Risultato finale? 6-0, contro un Perù ormai fuori dai giochi.
Si susseguono numerose polemiche al veleno, per una probabile combine e per il portiere peruviano Quiroga, di origine argentina. La FIFA penserà di introdurre la contemporaneità del match solo dal 1986. I sospetti, a distanza di anni, restano.
Il calcio macchiato
Oramai il biscotto è di accezione assai comune. La scottante esperienza in Portogallo fa spesso nascere nei tifosi italiani dubbi su eventuali macchinamenti. Facendo un giro sul web, infatti, nei commenti di alcuni match tra due squadre in lotta salvezza o Champions, compare puntuale l’emoticon del cookie. Un timore spesso velato dall’ironia, nella speranza di non assistere a contese di dubbia sportività. Caffè, pane e marmellata, crostata… Ma il biscotto proprio no, grazie.