E’ risaputo che l’Italia è una nazione dove l’essere giovani è sempre stato un elemento deteriore, uno scotto da pagare nei confronti dell’invocata esperienza. Il giovane non viene preso in considerazione, meglio contornarsi di gente incanutita, è più confortante. La cosiddetta “fuga dei cervelli” non è una nostra invenzione. Avere un’età fresca è sinonimo di inesperienza, cosa che crea un malcelato senso di insicurezza. L’Italia non diventerà mai come gli USA, quindi dobbiamo accontentarci di fare gavetta e poi ancora gavetta, in attesa arrivi il momento giusto. Succede in politica, quando si scelgono i quadri dirigenziali, ed è ciò che accade anche in ambito calcistico. Nominiamo il calcio non soltanto perché è di quello che ci occupiamo, ma perché in altri sport vige la regola opposta. Nel nuoto, tanto per fare un esempio forte, si è pensionabili già prima di aver conseguito la laurea triennale. Il calcio italiano segue il credo della Nazione, disegnando per i giovani ruoli marginali, in attesa dell’effettiva esplosione ad un’età che, in alcuni casi, supera la metà dell’intera carriera professionistica. Quante volte avrete sentito la frase: “ha 28 anni, è esploso tardi”.
E’ successo a Fabio Grosso che, prima del magico incontro con Serse Cosmi, a 24 anni giocava in quarta serie. E’ successo a Riccardo Zampagna che ha assaporato la serie A con il Messina a 30 anni suonati. Stessa sorte per Hubner, con l’esordio in massima serie da trentenne con la maglia del Brescia ed il titolo di capocannoniere addirittura a 34 anni con la maglia del Piacenza. Mascara che ha esordito ai massimi livelli a 27 anni, stessa età per Francesco Lodi quando il Catania decise di puntare stabilmente su di lui. Ma la fenomenologia mediatica si raggiunge senz’altro con Davide Moscardelli. Dalla promozione con il Maccarese alla Serie A con il Chievo a 30 anni. Accade ovviamente anche all’estero e tutti i calciofili conoscono la favola del Leicester e di Jamie Vardy, debuttante in Premier a 27 anni compiuti.
Il recente turno delle coppe europee ha portato alla luce un celato malcontento. Una voce timida ed educata tra, immaginiamo, tante altre voci nascoste della categoria dei più giovani. Questi ultimi, soprattutto quelli di qualità, vogliono giocare. Nell’intervista del dopopartita Ajax-Roma di EL, Riccardo Calafiori, 18enne giallorosso non le ha certo mandate a dire. Intervistato dall’emittente Sky il difensore romano e romanista, dopo aver risposto con estrema brevità ad alcune domande, ha aperto il cuore: “All’estero alla mia età giocano in prima squadra e sono in nazionale”. Lo studio ha italianamente difeso le scelte ribattendo: “Ma stasera hai giocato”. Peccato per la dimenticanza non da poco. Riccardo ha potuto giocare circa 60 minuti perché Spinazzola proprio non ce la faceva più, nonostante gli stoici tentativi di rimanere in campo. Non ci è sfuggita, in sede di commento in diretta della partita, la frase: “Calafiori si limita al compitino”, sorvolando sul fatto che un ragazzo, sul quale non si scommette attualmente un euro, non ha nessuna voglia di inventarsi qualcosa che lo potrebbe danneggiare per tutta la stagione. All’estero la mentalità è del tutto diversa. Nei maggiori campionati europei dove non esiste l’ansia da risultato o da prestazione, non si nutrono dubbi o paure quando si tratta di mandare in campo un ragazzino. Ed ecco che il Borussia Dortmund, nell’andata dei quarti di finale di CL contro il Manchester City, non ha esitato, lasciando la porta aperta alla qualificazione dopo la sconfitta per 2-1. Il tecnico Terzic ha esibito, nel suo 4-3-3, tutta la gioielleria di famiglia mettendo in campo, con il diamante Haaland, altre gemme preziose quali l’ala offensiva Ansgar Knauff classe 2002, il centrocampista Jude Bellingham classe 2003 nonché l’esterno difensivo Morey Bauza che a marzo ha compiuto 21 anni. Quindi, nel paese che espone cartelli: “Cerchiamo apprendisti, portare curriculum vitae” (sic!), non dobbiamo meravigliarci se l’Inter, tra le squadre in testa nei rispettivi campionati, ha l’età media di gran lunga più alta con 28,8 anni. Seguono Atletico Madrid e appunto City rispettivamente con 27,6 e 27,1 di media. Molto meglio il futuro del Bayern Monaco con 25,8 e quello del Lille che sorride alla gioventù con un 25,3. Il che significa che, rispetto ai nerazzurri, i francesi potrebbero giocare con gli stessi calciatori per più di tre anni. Alta pure la media dell’unica protagonista italiana in Europa, la Roma con 27,6.
Per niente paragonabile al 25,3 del PSG e addirittura al 24,5 del Lipsia (seconda in Bundesliga).
Non possiamo fare a meno di citare una recente intervista rilasciata da Andrè Cury, già membro della segreteria tecnica del Barcellona. L’ex dirigente ha definito lo scambio tra Arthur e Pjanic: “Una delle più grandi aberrazioni viste nella storia del calcio. Arthur ha 23 anni e guadagna 2 milioni netti. Pjanic prende 6 milioni ed ha 31 anni”. Noi aggiungiamo pure che a Barcellona l’ex juventino non si è quasi mai visto.
La morale è sempre la stessa.
Ci dobbiamo accontentare di avere l’Under 21 di Paolo Nicolato come la “meno esperta”, in termini di minutaggio, nei singoli campionati top tra le partecipanti alla seconda fase dell’Europeo.
E mentre il mondo calcistico gode a pieni occhi delle prestazioni dei vari Foden, Mbappè, Vinicius (doppietta al Liverpool nel quarto di CL), Mason Mount (22enne del Chelsea e nazionale inglese), noi italiani invochiamo Politano (28 anni ad agosto) in azzurro e cerchiamo uno scopo di vita nei rinnovi di Ibrahimovic (40 anni il prossimo ottobre) e Cristiano Ronaldo (36 anni compiuti a febbraio).