Negli ultimi tempi, il calcio del Nord Europa ha attirato su di sé non poche attenzioni: a Euro 2020 la Danimarca, se pur senza Ericksen, si è spinta fino a una meritatissima semifinale e ora è vicinissima alla qualificazione a Quatar 2022, mentre Nazionali come la Svezia e la Finlandia dimostrano di essere solide e in corsa per buoni traguardi. La nostra testata ha scelto così di intervistare in esclusiva Alessandro Musumeci, responsabile della pagina social Il Calcio Nordico, chiedendogli di offrirci una panoramica sull’intero movimento.
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Nel web abbondano le pagine dedicate al calcio, o più in generale allo sport: come è nata l’idea de Il calcio Nordico?
Inizialmente la pagina aveva un altro nome e l’intenzione non era quella di fare vere e proprie analisi su calciatori e campionati, ma semplicemente quella di condividere pensieri e immagini su questa mia passione, soprattutto in maniera goliardica. Con il passare del tempo mi sono reso conto di quanti ragazzi condividessero questo mio stesso interesse, e a quel punto ho pensato che fosse giusto fornire un servizio più dettagliato, serio e professionale. Anche se, spesso, non rinuncio ad un po’ di sano umorismo. L’idea definitiva è nata dopo essere stato invitato dalla Gialappa’s Band come ospite per i Mondiali 2018. A quel punto, mi sono reso conto che qualcosa di interessante stava nascendo sul serio.
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Nei gironi di qualificazione ai mondiali, la Danimarca è prima con un ottimo margine sul secondo posto, mentre le altre tre scandinave (Norvegia, Svezia, Finlandia) sono in piena corsa almeno per il secondo posto. E’ possibile parlare di una crescita complessiva delle Nazionali del nord Europa? Seconda cosa: come si è evoluto, in linea generale, il calcio nordico negli anni (o nei decenni)?
La Danimarca, come dico spesso, non ha il blasone di una big, ma ormai si comporta come tale. Diciamo che l’evoluzione del Calcio Nordico sta nel fatto che inizia ad assomigliare molto di più a quello Europeo. Rispetto al passato, molti ragazzi già in giovane età vengono formati da club dei principali campionati europei, e questo porta ad una crescita diversa rispetto a quella passata. La Svezia, ad esempio, gioca ancora “all’antica”, ma questo è dovuto alla mentalità del tecnico, non necessariamente alle caratteristiche dei calciatori: giocatori come Isak e Kulusevski sono figli del Calcio moderno, non delle tradizioni. Chi resta ancorata alle tradizioni è la Finlandia, per il semplice motivo che non ha le qualità tecniche per esprimere un Calcio diverso e, sinceramente, va bene cosi: non ha senso innovare, se non puoi ottenere risultati migliori. Il movimento meno importante sulla carta, ma che sta crescendo meglio, per me è quello delle Fær Øer. Nei ragazzi, nella federazione, ma più in generale nell’arcipelago, si inizia a credere nei propri mezzi e la crescita sia tattica che mentale è confortante. Poi chiaro, i limiti tecnici sono evidenti, ma per il momento, più che ben formare le prossime generazioni e sperare, non puoi fare.
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Dopo la tragedia sfiorata con Eriksen, i danesi a Euro 2020 hanno dimostrato qualità, fermandosi solo in semifinale; ora, dopo la vittoria per 5-0 contro Israele, sono davvero ad un passo da Quatar 2022. Quali sono oggi i principali punti di forza della Danimarca? Quali analogie e differenze trovi rispetto alla miracolosa squadra del 1992?
L’unica analogia che noto con il 1992, è che nelle difficoltà i danesi non si disuniscono, ma diventano ancora più forti. Quella del ’92 è una delle storie calcistiche più appassionanti di sempre, per quanto mi riguarda, e la considero irripetibile. Una squadra che non doveva neanche partecipare all’Europeo, che stampa locale ed estera non esitavano a demolire, vince il torneo con il gol di Kim Vilfort, ragazzo che faceva costantemente andata e ritorno tra stadio ed ospedale per assistere la figlia malata terminale. La squadra del ’92, lasciando stare gli aspetti tecnico-tattici, resta inarrivabile a prescindere.
Uno dei punti di forza della Danimarca di Hjulmand è questo perfetto mix tra esperienza e gioventù. Ci sono giocatori come Kjær e Schmeichel che, oltre ad essere nel miglior momento della carriera, hanno un carisma ed una personalità fuori dal comune. Giovani tecnicamente molto validi come Damsgaard, Skov Olsen, Wind e Daramy in rampa di lancio. Giocatori affermati e affidabili come Christensen, Højbjerg, Delaney, Mæhle capaci di apportare molto, senza il bisogno di stare sotto la luce dei riflettori. Un tecnico che ha preso l’eredità di Hareide, cioé quella di una squadra solida ma poco fantasiosa, e che piano piano la sta portando ad esprimere il suo potenziale, pur non perdendo la fondamentale solidità.
Per fare l’ulteriore salto di qualità, manca qualcosa a centrocampo e anche qualcosa al tecnico in termini di esperienza, ma sono calcisticamente innamorato di questo gruppo. Per il CT tutti sono importanti, ma nessuno è indispensabile. Non tutti possono permettersi di pensare così.
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La Svezia (ultima partita: sconfitta contro la Grecia per 2-1), anche senza Ibra, sembra avere acquisito negli anni una certa solidità, mantenendosi a un buon livello. Si può pensare a una crescita ulteriore? Se sì, quali sono gli aspetti da migliorare?
La Svezia ha acquisito solidità proprio con la partenza di Zlatan dal gruppo. I giocatori di qualità ci sono sempre stati, paradossalmente in passato ne abbiamo visti anche di più, ma l’atteggiamento da padrone di Ibra ha spesso portato malumore nel gruppo. Questa è una squadra con alcuni giocatori dal talento importante e tanti altri che, invece, oltre al cuore, di speciale hanno ben poco. Con l’attuale CT non si può migliorare: Andersson sta ottenendo grandi risultati con il materiale umano a disposizione, però questa squadra non potrà mai ottenere di più in queste condizioni. Quando Andersson lascerà la Nazionale, vedremo una nuova Svezia: non necessariamente più forte, ma sicuramente più propositiva. A quel punto capiremo se l’attuale CT ha frenato la nuova generazione, o se ha portato al massimo un gruppo non abbastanza talentuoso per imporre il proprio gioco.
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A proposito della Norvegia in molti hanno parlato di una “generazione d’oro”. Concordi con questa definizione? Cosa possiamo aspettarci dai norvegesi nei prossimi anni?
Sul fatto che ci siano tantissimi ragazzi promettenti sono d’accordo, ma sul termine “generazione d’oro” aspetto di vederli qualificati ai Mondiali o agli Europei. Da circa 20 anni assistiamo a fallimenti e playoff persi da generazioni anche piuttosto interessanti. I giovani norvegesi crescono e lo fanno benissimo. Penso banalmente al fenomeno Håland, ma anche a ragazzi come Thorstvedt, Ajer, Thorsby ecc, che sono destinati a carriere importanti. Per non parlare poi della promettente U21.
Cosa aspettarsi? Personalmente credo che l’ambizione massima nei prossimi 10 anni sia quella di arrivare ai Quarti di finale di una delle maggiori competizioni internazionali. Di più mi sembra difficile. Se in attacco stanno nascendo ragazzi molto forti, dietro non so se il livello salirà molto. Anche se Klaesson, Witry, Hanche-Olsen, Ajer, Bjørkan, vista cosi non sarebbe male.
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La Finlandia è forse un gradino sotto rispetto alle altre scandinave, ma è comunque assolutamente in corsa per la qualificazione; per riuscire nell’impresa, su quali certezze acquisite può fare affidamento?
La certezza principale è il tecnico Kanerva. La rosa non è assolutamente da Mondiale, eppure il gruppo qualche possibilità ce l’ha. Questa squadra difende ed attacca insieme, nessun giocatore dosa le energie e si lotta tutti insieme per un obiettivo comune. Sembrano banalità, ma poche squadre sono realmente cosi; la Norvegia, ad esempio, ancora non gioca in questo modo.
Ho avuto il piacere di parlare con Capitan Sparv e quello che per lui era fondamentale farmi capire, è che seppur la fascia da capitano sia stretta attorno al suo braccio, ci sono almeno altri 4/5 Capitani in questo gruppo. Personalmente penso a Hradecky, portiere di gran talento e personalità, Arajuuri, stoico difensore centrale (il difensore nordico per eccellenza), penso a Pukki che, seppur silenzioso, è una presenza fondamentale nello spogliatoio. L’obiettivo playoff è duro da raggiungere, ma finché questi ragazzi avranno voglia di battersi l’uno per l’altro, ci sarà sempre speranza.
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Un capitolo a parte merita l’Islanda; dopo alcune ottime annate (quarti di finale a Euro 2016 e partecipazione ai mondiali 2018), la nazionale dell’estremo nord è in seria difficoltà (quinto posto nel girone). Quali sono le ragioni della crisi? E’ un problema di cambio generazionale?
Si, assolutamente un problema di cambio generazionale. Per tanto tempo mi sono scagliato contro la precedente gestione Hamrén, proprio perché temevo questo. Il precedente CT ha praticamente ignorato i giovani, per giocare con i senatori e cercare di raggiungere l’Europeo. Cosi facendo, ha rallentato la crescita di questa Nazionale di almeno 2/4 anni. Sarebbe bastato dare spazio a qualche ragazzo in più, per evitare il disastro attuale. Molti mi giudicavano ingiusto nei confronti del tecnico, ma oggi ne vediamo le conseguenze. Il nuovo CT è costretto a schierare una nuova squadra acerba ed inesperta.
Oltretutto, Hamrén ha anche fallito l’obiettivo Euro 2020.
Perché? Perché seppur i veterani fossero ancora giocatori calcisticamente importanti, dopo 60 minuti crollavano fisicamente. Chi avrebbe potuto evitare tutto questo? Beh, dei giovani ben formati e con abbastanza esperienza da poter affrontare una storica partita da dentro o fuori. Il Calcio non è una scienza esatta, ma spesso alcune situazioni sono ampiamente prevedibili.
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Le Faroe hanno vinto per 2-1 la loro ultima partita contro la Moldavia. A che punto è il processo evolutivo della piccola nazionale?
Loro sono un po’ gli idoli della pagina. Ogni vittoria è da considerare un grande traguardo per questo arcipelago abitato da circa 50.000 abitanti. Il processo evolutivo procede bene e abbiamo la fortuna di seguire una generazione importante, compresa la promettente U21. Oltre alla presenza di strutture più all’avanguardia rispetto al passato, i tecnici iniziano a formarsi in maniera più professionale all’estero, e probabilmente anche grazie alla Nations League le vittorie ottenute ultimamente hanno portato entusiasmo e fiducia. Non so dove riusciranno ad arrivare questi ragazzi, ma chissà, magari tramite qualche strano intreccio di Nations League, potrebbero anche ritrovarsi ad un paio di partite dalla qualificazione alla fase finale di un Europeo. I faroesi sono grandi lavoratori e uomini di altri tempi, avranno sempre la mia fiducia.
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Ancora una curiosità: ci sono concrete possibilità di poter vedere a breve la Groenlandia partecipare a un torneo ufficiale?
Onestamente la Groenlandia è un mondo che non seguo particolarmente: vive una realtà diversa da quella che attira il mio interesse. Da anni migliora le strutture e prova ad essere riconosciuta; secondo me prima o poi accadrà, ma non so dirti se in Europa o altrove. Hanno anche un’altra opzione (la CONCACAF), che a loro piace meno, ma che probabilmente accontenterebbe tutti.
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Passiamo ora ad analizzare il livello dei campionati. Qui la situazione appare meno rosea: secondo i coefficienti Uefa per club, il campionato norvegese (il migliore tra quelli nordici) sarebbe al 19esimo posto tra quelli europei (nella gerarchia Fifa per le nazionali, è vero, la Norvegia è solo 42 esima, ma in netta crescita negli ultimi anni), davanti a quello svedese (20esimo; la Svezia è invece l’undicesima nazionale d’Europa secondo il Ranking FiFA) e danese (22esimo; la Danimarca è al contrario undicesima, e settima del Vecchio Continente, nella classifica mondiale per le Nazionali). Per capirci, Cipro (numero 99 nel Ranking) si trova al 16esimo posto tra i campionati continentali. La Finlandia è 42esima su 55 nazioni (dietro anche a Moldavia, Lussemburgo e Kosovo), mentre l’Islanda (numero 39 nel Ranking Fifa e 24esima Nazionale d’Europa) è 51esima (davanti solo a Gibilterra, Montenegro, Andorra, San Marino). Quali sono le ragioni di questo divario? Ci sono prospettive di crescita anche per i campionati e i club?
In realtà il miglior campionato nordico in prospettiva europea per me è quello danese, poco importa il ranking. Squadre come FC Midtjylland e FC København hanno progetti concreti, mentalità e tutte le carte in regola per fare bene sulla scena europea. Se penso alla Svezia vedo solo il Malmö con ambizioni reali: il MFF è l’unica squadra con una struttura tale per poter durare nel tempo. In Norvegia il Rosenborg vive anni difficili, il Bodø/Glimt ha vissuto un exploit quasi irripetibile e tocca al Molde portare in alto la bandiera, anche se non parliamo di un livello eccezionale. Per quanto riguarda la Finlandia, nonostante il KuPS sia combattivo, solo l’HJK Helsinki è abbastanza solido per poter ambire ad un futuro europeo più o meno stabile. Islanda e Fær Øer possono solo pregare per sorteggi fortunati.
Perché ho affrontato cosi la domanda? Per arrivare a dire che la distanza tra i club Nordici e quelli Europei sta quasi totalmente nella quantità di denaro investito.
Midtjylland, FCK e Malmö sono club che, per il contesto nordico, possiamo definire ricchi: tra questi tre e quasi tutti gli altri, la differenza è già ampiamente marcata.
Club come Brøndby, AIK, Bodø/Glimt possono provare tramite grandi prestazioni a regalarsi un’annata storica, ma poi devono vendere per sopravvivere.
Un altro grosso problema, soprattutto in Islanda, è il fatto che i ragazzini non crescono più a casa, ma che vengono già ingaggiati all’estero a 16/17 anni, ancor prima di aver potuto aiutare il club d’origine con prestazioni importanti. Queste sono le due principali differenze rispetto ai periodi in cui Göteborg, Rosenborg e le altre big nordiche si facevano valere in Europa. La differenza economica, rispetto agli altri club europei e rispetto al passato, è mostruosa.
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Nella prima partita dei gironi di Champions , la Juventus ha battuto nettamente il Malmo; quali impressioni hai avute dalla squadra svedese? Cosa ti aspetti per il prosieguo del cammino europeo? Tra le altre italiane, invecela Roma affronterà in Conference League il Bodo Glimt (formazione norvegese): potrebbero esserci delle insidie?
Tra Malmö e Juventus c’è un abisso, sia dal punto di vista tecnico che da quello del budget. Si sapeva. Anche a livello di mentalità, nonostante sia una Juventus in costruzione, i bianconeri hanno molta più esperienza. Il fatto che si sia qualificato ai gironi, non rende questo Malmö indimenticabile dal punto di vista del gioco. La critica che muovo da più di un anno a Tomasson, è quella di non aver dato una vera identità a questa squadra. I successi in questa stagione sono arrivati praticamente sempre grazie alle giocate dei singoli, in particolare del trio Christiansen – Birmančević – Čolak. Per quanto riguarda il ritorno, quindi, andare a giocarsela a Torino non mi sembra minimamente possibile. L’unica speranza del MFF è di strappare il terzo posto battendo in qualche modo lo Zenit. Sinceramente, a prescindere da tutto, il fatto di essere ai gironi è più che sufficiente. Dal punto di vista economico, le casse del Malmö, a differenza di quelle delle dirette rivali in Svezia, sono strapiene.
Il Bodø/Glimt è una squadra che gioca a Calcio e lo fa bene, non ha paura di sfidare squadre più importanti, ma, sinceramente, se la Roma dovesse schierare la formazione titolare, non vedrei insidie particolari. Certo, con le seconde linee, bisognerebbe fare attenzione a non lasciare troppi spazi ai gialloneri. Fosse stato il Glimt versione 2020, i romanisti avrebbero dovuto non dico preoccuparsi, ma sicuramente prestare più attenzione.
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Cosa ti aspetti, per la prossima stagione, dai giocatori nordici presenti in Italia? (Eventuali conferme, sorprese etc.)
Mi aspetto molto da Damsgaard, ma il modulo della Sampdoria con il doppio centravanti, non lo aiuta: Mikkel è troppo lontano dalla porta ed ha troppi compiti difensivi.
Sono curioso di vedere come Allegri riuscirà a sfruttare il potenziale di Kulusevski, giocatore che tecnicamente può apportare tanto.
Mi aspetto conferme importanti da Mæhle, Thorsby e Svanberg.
Per quanto riguarda Skov Olsen, aspetto il giorno in cui sarà titolare in qualche squadra e potrà esprimersi senza sentirsi sotto pressione per una sostituzione che prima o poi deve arrivare quasi per contratto.
Per quanto riguarda i ragazzi del Venezia, molto dipenderà anche da che tipo di stagione faranno gli arancioneroverdi. Diciamo che per ragazzi come Sigurðsson e Johnsen, il fatto di lottare per una salvezza difficile, regala meno spazio per poter provare ed eventualmente sbagliare giocate difficili.
In Serie B invece il Lecce sta lavorando benissimo e sono curioso di vedere cosa porterà.
Un posto speciale nelle mie preferenze lo conservo sempre per Gytkjær, nella speranza che diventi il trascinatore del Monza.
Con un occhio fisso sempre sulla Reggina del mitico Perpa Hetemaj!
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Se fossi un dirigente, su quali giovani talenti del nord Europa punteresti? Perché? Prova a darmi tre nomi.
Chiaramente dipende dalle esigenze della mia squadra, ma metterei subito sotto contratto Andreas Schjelderup del Nordsjælland: un ragazzino di 17 anni con personalità e ambizioni da giocatore affermato, oltre che dalla tecnica sopraffina.
Un altro ragazzo già pronto per il grande salto è Johan Hove dello Strømsgodset: 21 anni appena compiuti, ma sembra che giochi ad alti livelli da 10. Questo ragazzo non credo che avrà grosse difficoltà a ritrovarsi stabilmente in Nazionale.
Il terzo direi Jonas Wind del FC København: attaccante moderno, per me già pronto per un campionato come la Serie A. Centravanti da 190 cm e movimenti che normalmente farebbe un calciatore dal fisico molto più esile del suo; deve affinare le doti di finalizzatore, ma nel gioco è utile come pochi.
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La storia del calcio italiano si è spesso incrociata con quella del calcio nordico (dal Gre-No-Li, fino a Ibra, o al famigerato “biscotto” tra Svezia e Danimarca. C’è un evento particolare o un personaggio che vorresti ricordare?
Assolutamente. Sono tantissime le storie che hanno reso vincente questa sorta di associazione. Se parli con un veronese ti dirà Elkjær con gli occhi lucidi, se parli con i tifosi della Fiorentina magari ti parleranno di Jørgensen. Il bello sta proprio qui: ognuno di noi ha un ricordo di giocatori che, con impegno e pacatezza, hanno conquistato il nostro rispetto.
In realtà i miei migliori ricordi non sono necessariamente collegati all’Italia, ma diciamo che il periodo di Birkir Bjarnason a Pescara resta sicuramente uno dei miei preferiti.
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Un’ultimissima cosa: cinque buone ragioni per appassionarsi al calcio nordico.
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Seguire un Calcio con meno pressione mediatica, più vicino alla gente e con protagonisti molto più disponibili e simili a te dal punto di vista umano.
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Scoprire prima di tutti talenti pazzeschi come Erling Braut Håland.
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Organizzare trasferte indimenticabili tra fiordi e paesaggi mozzafiato.
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Scoprire nuove culture e soprattutto entrare nella mentalità che il Calcio sia solo uno sport, che è bene che faccia parte della nostra quotidianità, ma che non deve mai sfociare in inutile violenza fisica e verbale.
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Perchè alcune storie incredibili, le trovate solo nel Nord Europa!
Grazie per l’intervista, e ancora complimenti per la pagina.