Unai Emery prima, Fredrik Ljungberg durante, Mikel Arteta poi. La successione al trono di Arsène Wenger partita nell’estate del 2018, non ha prodotto ancora i risultati sperati.
L’uomo delle coppe, Unai, fu chiamato alla guida dei Gunners per riportare un trofeo internazionale che mancava ormai dalla stagione 1992-1993 dove l’Arsenal, vinse la Coppa delle Coppe UEFA. L’allenatore basco, è riuscito a dare fin da subito la sua identità di gioco alla squadra: pressing alto, costruzione della manovra dal basso, terzini che spingono come delle vere e proprie ali. In più un possesso palla che, in maniera avvolgente, riusciva a destabilizzare l’avversario, mandandolo fuori giri. Una Revolución durata pochi mesi. La squadra non era tatticamente e tecnicamente in grado di sostenere il suo credo calcistico e, dopo le prime sconfitte, l’allenatore è corso ai ripari. Una prima stagione culminata con la sconfitta in finale di Europa League (la sua coppa) contro il Chelsea.
I dissidi interni con i leader dello spogliatoio, la sua scarsa capacità di comunicazione ed un gioco che latitava in lungo e in largo, hanno portato la dirigenza a cambiare rotta. Il suo ruolo fu preso (temporaneamente) da Fredrik Ljungberg. Un jolly provato dal club londinese, sulla scia del Manchester United che, in un momento di difficoltà, decise di affidare la sua panchina ad una storica bandiera, Ole Gunnar Solskjær.
Dopo sei partite ed una sola vittoria però, i Gunners decisero di affidarsi a Mikel Arteta (anch’egli con un passato tra le fila del club londinese), giovane di belle speranze cresciuto da allenatore sotto l’ala protettiva di Pep Guardiola. Chiamato per ridare entusiasmo ma soprattutto equilibrio ad una squadra scarica, fu accolto però con molto scetticismo dalla tifoseria. Complice soprattutto, la sua scarsa esperienza a livello manageriale.
Il suo primo anno da allenatore però, ha un retrogusto dolce. L’Arsenal torna a vincere un trofeo: la FA Cup! Un trofeo storico e di grande valore per le compagini inglesi. Ma un inizio di stagione difficile, fa ritornare le ombre di un passato recente. 7 sconfitte nelle prime 13 partite di campionato. Solo 11 i gol all’attivo. Numeri che, condannano i Gunners alle zone basse della classifica. Il futuro per ora è nelle sue mani anche se probabilmente, Mikel, avrebbe preferito giocarselo personalmente su un campo da calcio.