Chissà a quanti di voi sarà capitato di acquistare qualcosa e, il giorno dopo, trovare il medesimo esercizio chiuso. Definitivamente. Allo stesso modo, gironzolando per il quartiere, vi sarete chiesti del perché si completino i lavori per aprire l’ennesima pizzeria. Il solito coiffeur uomo/donna, quando ne è certificata la maggiore densità rispetto al numero di abitanti, per km2, del comune di Casavatore. In armonia con questa tendenza troviamo la cancellazione di fallimentari programmi televisivi, la chiusura, già da qualche anno, del canale GazzettaTV, al suo massimo splendore seguita da un drappello di telenauti.
Ciò che non recede, il blob che si aggrappa tenacemente espandendo il suo appetito, è la smania di danaro che inquina il mondo calcistico, rendendolo un pianeta extra-contesto, fuori da ogni realtà. Davanti alla crisi galoppante, radicata più di quello che può apparire ad una famiglia benedetta dallo stipendio fisso, il calcio e i suoi protagonisti chiudono gli occhi. Con pericoloso disinteresse. Sembra che nessuna delle componenti economiche (presidenti, collegi sindacali, amministratori delegati, head of administration, chief commercial officer) abbiano mai sbirciato le note della Confesercenti. Nel report 2019, i dati riferiscono drammaticamente della chiusura di un negozio indipendente su due! Cinquemila attività commerciali sparite in un anno al ritmo di 14 al giorno. Eppure si continua a non voler vedere, a pretendere il medesimo status. Avremmo potuto sciorinare molteplici esempi, come quello del quasi 34enne Cavani al Manchester United. All’ultimo minuto e con fatica, causa la richiesta di un ingaggio come se avesse avuto dieci anni di meno (operazione definita “disperata” da Harry Redknapp, ex tecnico del Tottenham). Invece abbiamo preferito rinverdire le parole di Adi Hutter, allenatore dell’Eintracht Francoforte. Parlando di Luka Jovic (classe 1997), Hutter ha evidenziato il pochissimo spazio trovato nel Real Madrid dall’attaccante serbo. Nell’intervista ha ammesso di gradire molto un ritorno di Jovic in maglia rossonera (ben 36 reti nelle 75 partite nella precedente esperienza), ma……… La particella avversativa dice tutto.
Il problema è il lauto stipendio percepito da Luka (8 milioni+bonus), improponibile per le casse tedesche.
Intanto il 23enne che, data l’età, dovrebbe macinare chilometri, preferisce essere privilegiato spettatore delle partite del Real, per nulla preoccupato del dissesto delle sue quotazioni di mercato passate, dai 60 milioni di giugno 2019 ai 22 milioni di novembre 2020. Un crollo verticale per chi ha investito.
Se Jovic fosse stato quotato in borsa avremmo rivisto le streghe del 1929!
La strada tracciata ci porta in Liga ad esaminare la 16^ giornata, che si è conclusa il 31 dicembre scorso.
Il Real Madrid ha visitato la comunità valenciana, esibendo arti e debolezze allo stadio Martinez Valero di Elche. Nel lontanissimo 23 ottobre 2020 l’ultima vittoria in campionato dei biancoverdi locali. L’incalcolabile differenza tra le due squadre non spiega affatto l’1-1 finale. Tutt’altro. L’Elche (15° posto e 16 punti) ad un niente dalla zona rossa occupata dal Valladolid, ha un recente passato turbolento. Nel 2013 promozione nella massima serie dopo 24 anni di assenza! Nel 2015 retrocessione d’ufficio in Segunda Division per debiti contratti con il fisco spagnolo. Retrocessione in terza serie nel 2017. Poi la risalita ed il ritorno in Primera Liga dopo sette anni, grazie alla vittoria sul Girona nello spareggio/promozione. Questa è la storia di un X tra un gruppo del valore di 840 milioni di euro al confronto di un manipolo di volenterosi che, appena lo scorso 17 luglio, le buscava 3-1 in Segunda sul “terribile” campo (trattasi di facile eufemismo) del Fuenlabrada!
Non si ride a Barcellona. I blaugrana non vanno oltre l’1-1 casalingo, dopo aver fallito un rigore con Braithwaite e recuperato il vantaggio dell’Eibar su disastro del difensore Araujo. I baschi, attualmente al 16° posto, frequentano la nobiltà spagnola dal 2014-2015, ma si ritrovano in Primera non per meriti propri, bensì ripescati proprio a danno dell’Elche. È quindi un cubo di Rubik il pareggio tra gli 888 milioni di euro di valore dei catalani e i simpatici giovanotti in casacca bianca, che si allenano con impegno in una cittadina di 27mila abitanti. Ma il Barcellona, nella stagione in corso, ha altri scheletri nello spogliatoio, come le stravaganti sconfitte di Cadice e Getafe più l’insulso pareggio contro l’Alaves. Abbiamo già affrontato il tema dell’incombente salary cap. Prima o poi qualche presidente in crisi si chiederà perché offrire 9 milioni di euro l’anno a calciatori che perdono o pareggiano ugualmente a quelli che si “accontentano” di guadagnarne tre. Situazioni che stimolano dibattiti sulle cosiddette big, quasi “tenute” a pagare fior di stipendi per affermare la propria reputazione, salvo poi collassare quando i calciatori (forti dei contratti ed imperterriti nel pretendere le dovute mensilità) non rispondono alle aspettative. Tutto ciò è meritevole di una riflessione da parte di chi “caccia i soldi” (per tale espressione chiedere al patron De Laurentiis).
Nel frattempo ci divertiamo a stuzzicare quel grande maestro che è Maurizio Sarri, acceso assertore del fatturato. Avremo casomai instillato gocce di debole dubbio tra le sue giuste convinzioni?