“Io non alleno giocatori di calcio, io alleno squadre di calcio”. Termina così la puntata della docu-serie prodotta da Netflix che vede protagonista José Mourinho. The Playbook, racconta le storie, i successi e soprattutto la passione di 5 allenatori, che hanno lasciato un segno indelebile nel mondo dello sport.
2 Uefa Champions League, 2 Coppa Uefa/Europa League, 2 Community Shield… 25 titoli tra competizioni nazionali ed internazionali, 37 i riconoscimenti individuali (tra i quali va aggiunta la laurea honoris causa riconosciuta dalla Facoltà di scienze motorie ed umane dell’Università tecnica di Lisbona). Numeri che, possono definirlo in un solo modo: vincente! Ma cosa c’è dietro ad ogni singolo successo?
“Non sono una persona qualunque, sono una persona speciale”, è una delle frasi più celebri dell’allenatore portoghese, diventato famoso al mondo come lo Special One. Appassionato di calcio, fin da bambino il suo sogno era quello di diventare un calciatore, “andavo a dormire pensando al calcio”. Ma non tutto è andato secondo i suoi piani… “c’ho provato” racconta José “ma non ero molto bravo”; molto presto però, si rende conto di avere un talento speciale, come allenatore.
Gli inizi sulla panchina del Porto
Nel gennaio 2002 viene ingaggiato dal Porto per sostituire Octávio Machado. Era uno dei momenti più difficili della storia del club, tanto che, rivela José, i tifosi “ci stavano abbandonando”. Comprendi il tuo pubblico è la prima regola di vita di un allenatore per Mourinho. E così fu: dopo poche partite il senso di appartenenza dei tifosi tornò ad infuocare lo Stadio do Dragão, i giocatori (selezionati meticolosamente dall’allenatore e dal suo staff) fecero il resto. Nella stagione successiva Mourinho vede aggiudicarsi la Primeira Liga portoghese: sarà solo il primo di una lunga serie di trofei culminata, alla guida del club portoghese, con la storica vittoria in Uefa Champions League nella stagione 2003-2004.
L’amore per il Blues
“Arrivo qui con un ego enorme” si presenta così in conferenza stampa lo Special One, con il sorriso sul volto di chi non ha paura di fallire. Oltre che per la fame di vittorie (3 Coppa di Lega, 3 Campionati, 1 Community Shield, 1 Coppa d’Inghilterra) Mourinho fa parlare di sé per le sue istrioniche conferenze stampa, le polemiche con gli allenatori avversari e con i giornalisti. “Ci sono regole che vanno infrante” (racconta di quando una volta si nascose nel cesto dei panni sporchi dello spogliatoio, dopo essere stato squalificato dall’Uefa per due partite), “non ne vado fiero perché ho infranto il regolamento” ma “ne vado fiero come leader”.
Il sangue neroazzurro
Nel 2008 diventa l’allenatore dell’Inter. “Sono arrivato in un club speciale”; e la loro storia sarà speciale. Dopo 45 anni, la Champions League torna a Milano e questa volta sono i nerazzurri a prenderla per le orecchie. Un’annata che resterà nella storia del calcio italiano e non solo, il 2010 è l’anno del Triplete.
La sfida più grande, il Real Madrid
“Certi treni non passano due volte”, ricevuta l’offerta del Real Madrid, José Mourinho decide di porre fine al suo legame con l’Inter, lasciando a Milano un pezzo di cuore. “Quella sera abbiamo vinto la Champions League” (il 22 maggio 2010, dopo la vittoria, Mourinho lascia in lacrime lo stadio Bernabeu) ma il mio sogno “era di vincere il titolo nei tre campionati più importanti in Europa”; ha vinto in Inghilterra, ha vinto in Italia, restava da vincere solo il titolo spagnolo. Il 2 maggio 2012 realizza il suo sogno: il Real Madrid è campione di Spagna!