Jorge Luiz Frello Filho, per noi Jorginho, è italiano dal 2012 grazie al trisnonno paterno vicentino. Fu Prandelli il primo a volerlo in Azzurro, quando Jorginho incantava la Serie A nel Verona di Mandorlini, insieme a Iturbe e Luca Toni. È lui uno dei segreti della super Italia ad Euro 2020. Si tratta inoltre del giocatore di movimento con più minuti giocati tra gli Azzurri. In pochi hanno dubbi su questo, sono d’accordo anche Robert Pires e Andoni Zubizarreta. Il primo è sicuro: “Se vedi bene, è lui il primo difensore dell’Italia già da come fa filtro davanti alla difesa”.
Un giocatore raffinato, così lo ha definito Maurizio Sarri, che qualche anno fa costruì su di lui il giocattolo Napoli, che lo ha portato al Chelsea e lo avrebbe voluto con sé anche alla Juventus. L’attuale tecnico biancoceleste ha spiegato: “È talmente bravo e intelligente che fa sembrare tutto facile, raramente ti rimane negli occhi qualcosa di spettacolare. Questa è la sua grandezza”. Sarri non ha dubbi: se vincesse l’Europeo potrebbe chiaramente entrare a far parte dei papabili per il Pallone d’Oro.
La Premier è stata la sfida che Jorginho ha vinto. L’italo-brasiliano è riuscito ad affermarsi anche ai ritmi decisamente più alti del calcio inglese. Con i blues in tre anni due titoli europei e la consacrazione ai massimi livelli del calcio internazionale. Con Kantè forma un centrocampo da sogno. Nell’ultima stagione a Londra è anche tornato goleador: 8 centri stagionali (7 in Premier e 1 in Champions). Come vertice basso o nella mediana a due, il suo rendimento non cambia.
Jorginho: dinamismo e qualità
Ora ha le chiavi del centrocampo del Chelsea e della nazionale italiana. Soprattutto di questa Italia, di cui è uno dei punti chiave. Garantisce alta intensità sia in fase offensiva che difensiva, abbinando dinamismo e qualità come pochi sanno fare nel suo ruolo. Per non parlare della sua precisione: quasi impossibile vedergli commettere errori nei passaggi. Ventura non puntò su di lui, per l’ex ct azzurro si trattava di un metodista che non poteva avere collocazione tattica nel suo 4-4-2. Mancini lo ha messo al centro del suo progetto tattico, spostando Verratti a mezzala e garantendosi un doppio playmaker. Ne è venuta fuori un Italia palleggiatrice e padrona del gioco in mezzo al campo.
Silenzio, semplicità, ritmo e concretezza. Che possa essere per la prima volta gli ingredienti per il Pallone d’Oro. Un pallone d’oro che manca a un italiano dal 2006, da Cannavaro, e da trionfo azzurro.