13 novembre 2017. Ci si guarda attorno, si osservano le targhe delle auto. Quella I di Italia, per la prima volta dopo sessant’anni senza un Mondiale. Viaggiamo per il mondo, magari anche in Svezia, e facciamo la conta dei Paesi che prenderanno parte alla kermesse. “L’Italia, invece no”. Il pensiero comune. Un estate sotto l’ombrellone senza giornale, niente bar per le dirette, tutti assembrati allegramente. Qualcuno afferma che il torneo lo seguirà comunque. Un atto di onore di un calcio senza azzurro. E riusciremo ad assorbirlo solo dopo mesi. Italia-Svezia termina 0-0.
Italia-Svezia è ancora oggi vista come una disfatta sportiva e tattica. Come ci si poteva affidare ai cross di Candreva contro una Nazionale di giganti? Come è stato possibile non segnare nemmeno un gol in 180′? Interrogativi su cui ancora in molti si dividono. Ci sono immagini che, ormai, sono diventate emblemi. I tentativi disperati di Florenzi, l’indignazione di De Rossi, chiamato da Ventura per entrare in campo. La corsa sfrenata degli scandinavi dopo la vittoria. Le lacrime di Buffon, conscio che nell’ultima competizione mondiale della sua carriera ci sarà solo un rimpianto. I cori dei tifosi che, al minuto 88′, intonano l’inno di Mameli, nonostante tutto. Che si trasformerà in fischi, dopo il triplice fischio.
Tre anni dopo, ci siamo lasciati un po’ di calcio alle spalle. La spedizione in Russia, ricordata come “il Mondiale senza l’Italia”, se lo aggiudica la Francia di Griezmann e Mbappé. Ora la Nazionale, in piena guerra contro il Covid-19, si affida all’esperienza del CT Mancini e a tanti giovani di belle speranze. Barella, Pellegrini, Chiesa. Ma c’è anche qualche simpatico “vecchietto”, come il duo difensivo Bonucci-Chiellini, o Caputo. Nella speranza di poter gridare di nuovo a gran voce il nostro inno nel calcio che conta.