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Ihattaren, cosa si nasconde dietro la fuga della giovane promessa olandese?

Mohamed Ihattaren, promettente calciatore della Serie A e della Nazionale Olandese, in un giorno d’autunno decide di non presentarsi al centro sportivo Gloriano Mugnaini per la consueta seduta di allenamento con la Samp e se ne va.

Nessun saluto, nessun messaggio, nessun post social, né tantomeno una storia Instagram, terreno fertile di tanti suoi colleghi, ormai vere star dello show biz.

Semplicemente raccoglie i suoi vestiti, li infila in una valigia e fa perdere le sue tracce.

Biglietto solo andata. Ma per dove?

Sono tante le voci che si rincorrono da quel giorno: sarà a Nizza dove era già stato visto insieme a Raiola, il suo  sembrerebbe ormai ex procuratore? No fermi tutti, è tornato in Olanda dove, notizia dell’ultima ora, avrebbe addirittura acquistato una villa da un milione di euro.

Rumors che rimbalzano come punching ball per celare quello che è di fatto una situazione delicata, per certi versi frustrante per il mondo del pallone.

Perché un ragazzo considerato una promessa del calcio europeo decide di sparire?

Quali motivazioni si nascondono dietro quei silenzi che pesano come macigni?

Capricci di un teenager milionario, potrebbe chiosare qualcuno. I soldi danno alla testa, potrebbe concludere qualcun altro.

Ma se invece dietro a questa fuga si celassero problematiche ben più profonde che vanno a coinvolgere anche il sistema calcio?

Quel calcio moderno, contemporaneo, quel calcio del nuovo millennio che va veloce, senza tregua e senza respiro. Quel calcio che sente ma non ascolta, che guarda ma non vede. Che non ha tempo di fermarsi per ascoltare un lamento, un dolore, un malessere.

Eppure Mohamed Ihattaren come Pollicino aveva iniziato a seminare indizi sulla sua strada, le sue molliche utili a orientarsi, a orientare gli altri, in attesa di un gesto, di un aiuto che a oggi non è mai arrivato.

Il lutto del padre, devastante. E poi quei chili di troppo, quella condizione fisica inaccettabile per un calciatore professionista.

E nessuno che sia stato disposto a indagare dietro quell’atteggiamento indisciplinato che porterà il PSV a metterlo fuori rosa per poi cederlo alla Juventus l’ultimo giorno di calciomercato.

Juventus che non farà in tempo ad accoglierlo, ad abbracciarlo che lo girerà prontamente in prestito alla Sampdoria.

Senza tregua, senza sosta. Senza fermate.

Perché il calcio non ammette perdite di tempo. E aiutare un talento cristallino a salvarsi da se stesso è per il sistema calcio una perdita di tempo.

Ihattaren non ha potuto fare altro che alzare un muro intorno a sé.  Un muro impenetrabile dove non era ammessa nessuna forma di comunicabilità.

E così, una mattina di Autunno, ha preso i suoi vestiti e se n’è andato.

Se verso altri lidi ancora non è dato sapere.

Ma rimane una certezza, triste. Se Ihattaren avesse davvero l’intenzione di appendere gli scarpini al chiodo, il suo addio andrebbe a catalogarsi alla voce FALLIMENTO.

Quello del sistema calcio. Ormai incapace di accogliere i suoi figli come uomini, in quella che è diventata un’industria di burattini. E burattinai.