Dagli esordi da predestinato alla crescita esplosiva.
Federico Chiesa, nato nel 1997, ha esordito proprio a Coverciano, nella Settignanese. È stato evidente fin dal primo momento che quel ragazzino sarebbe diventato qualcuno nel mondo del calcio italiano e non solo. Nel 2016, all’età di 18 anni, fa il suo debutto in Serie A con la Fiorentina contro la Juventus a Torino dove, quasi come un segno del destino, si ritroverà a giocare da titolarissimo solo 4 anni dopo. Una carriera in ascesa la sua ma non priva di momenti difficili, come lui stesso ha ammesso: “Ho avuto una carriera un po’ in salita nelle giovanili. A 13 anni passai un brutto momento, perché vedevo i miei compagni di squadra crescere fisicamente e tecnicamente, mentre io facevo fatica a tenere il ritmo. È stato un momento così duro che ho pensato di smettere con il calcio. Con un po’ di determinazione e l’aiuto dei miei genitori e di un mister, ho iniziato a considerare l’allenamento quotidiano come la mia partita, la mia sfida personale, e sono riuscito a superarlo“. Una sfida personale che l’ha portato alla ribalta.
Palcoscenico europeo.
Già premiato dopo la partita con il Galles come Star of The Match, ha voluto fare di più. Veder giocare Chiesa è come seguire una maratona. Nei minuti finali di una partita in cui non ha sprecato neanche un pallone, se c’è da fare uno scatto in avanti, palla al piede, lui lo fa e spesso conclude anche l’azione con un assist o con un gol dei suoi. Nella stagione 2020/2021, ha realizzato tra campionato, Coppa Italia e Champions League 15 gol e 11 assist. Non ha avuto paura delle grandi sfide e ha segnato reti pesanti quando nessuno ci credeva più. Così com’è avvenuto proprio con la maglia della Nazionale, con il suo numero 14, in una partita, quella contro l’Austria, dove non si vedeva nessuna via d’uscita. Entrato all’84’, dopo 11 minuti, controlla di testa una gran palla servitagli da Spinazzola. Lucidamente la aggiusta con il destro, carica il sinistro e lancia un missile nella porta austriaca. Esplode la panchina, esplode il pubblico azzurro a Wembley e dal divano di ogni casa italiana è arrivato un grido liberatorio unanime, probabilmente talmente tanto forte da aver raggiunto anche a Londra.
Un figlio d’arte.
Enrico Chiesa segna agli Europei 1996 contro la Repubblica Ceca, Federico agli Europei 2020 contro l’Austria. Sono loro la prima coppia padre-figlio ad aver segnato nella competizione europea almeno un gol. Un figlio d’arte in piena regola l’esterno su cui l’Italia può dire di aver puntato e creduto. Il padre lo portò alla Settignanese 18 anni fa e da quel momento è nata la sua grande voglia di arrivare lontano, sempre un po’ più in là passo dopo passo, corsa dopo corsa. Vuole dimostrare il suo talento e le sue capacità con ogni pallone giocato, cercando di portare a casa qualcosa di decisivo. “Siamo 26 titolari. Stiamo vivendo il momento e siamo felici di stare insieme, di essere qui. Sogniamo in grande. Mancini ci chiede di essere sempre pronti e io lo sono, ho tanta voglia di lasciare il segno”, ha dichiarato in conferenza stampa a Coverciano. La sua è una determinazione che l’ha spinto ad alzare sempre di più l’asticella, mostrando agli amanti del calcio ciò di cui è capace.