Una sentenza attesa, sofferta e quasi insperata ormai, dopo dieci lunghi anni. Beppe Signori è innocente. Il processo che lo vedeva implicato in un presunto giro di calcioscommesse si è concluso con un’assoluzione piena per non aver commesso il fatto. Un epilogo che mette un punto ad un’indecorosa vicenda cha ha portato l’ex attaccante di Foggia, Lazio e Bologna all’estromissione dal mondo del calcio. Il suo mondo, il nostro.
L’accusa era di aver truccato il risultato della gara tra Piacenza e Padova, disputata il 2 ottobre del 2002 e terminata con un pareggio 2-2. Il ruolo di Beppe Signori sarebbe stato quello di tramite con un gruppo criminale denominato “quelli di Singapore”, specializzato in combine delle partite. Un’accusa infamante, un’onta difficile da cancellare per chi ha fatto del calcio la sua vita. Vedersi strappare dalle mani il sogno di poter proseguire una carriera nello sport unito alla voglia di dimostrare la sua totale estraneità ai fatti, ha portato Signori non smettere di lottare per provare la sua innocenza.
Io lo ammetto, lo sapevo. L’ho sempre saputo. Signori non poteva aver fatto una cosa tanto squallida. Non lui. Non il MIO Beppe. La mia storia con lui inizia da molto lontano. Erano i primi anni ’90, io avrò avuto si e no 4 anni. Cresciuta in una famiglia di laziali, tra i tanti cimeli biancocelesti, spiccava questo poster a grandezza naturale di Beppe Signori, rimasto attaccato nella mia cameretta anche dopo il suo addio alla Lazio. Nessuno aveva il coraggio di staccarlo dalla parete. Sarebbe ancora lì, se non avessimo riverniciato le pareti.
Il suo addio me lo ricordo bene. Dopo il breve prestito alla Samp, il passaggio definitivo al Bologna. La pagina 208 del Televideo (nel ’97 era la Bibbia) titolava: “Beppe Signori ceduto in comproprietà al Bologna”. Ne ho memoria come fosse ieri, come ricordo il servizio dedicatogli dalla Rai, con annesse lacrime mie e di mia sorella, manco partisse per la guerra. Credo di poterlo catalogare tra i traumi sportivi che hanno segnato la mia storia, insieme all’addio di Nesta (che non ho ancora superato, credo).
“Ho fatto tutto questo per essere riabilitato a livello sportivo. È una prima vittoria, spero ne arrivino altre.” Ha dichiarato l’ex numero 11 all’uscita del Tribunale di Piacenza. Sebbene sia trascorso poco tempo dalla sentenza, della riabilitazione non se ne vede l’ombra. Il pessimo vizio di sbattere il mostro di turno in prima pagina, senza percepire differenza tra accusa e condanna, salvo poi dimenticarsi di riservare lo stesso trattamento in caso di assoluzione è tutto italiano.
Cosa deve fare ancora? Non bastano gli anni che gli sono stati – ingiustamente – tolti e nei quali avrebbe potuto dare ancora moltissimo al movimento calcistico? Non è arrivato il momento di restituirgli, almeno in parte, il tempo perduto e permettergli di tornare nell’unico ambiente dove merita di stare? Ha fatto tutto quello che doveva, compreso rinunciare alla prescrizione per poter affermare a chiare lettere la sua innocenza.
Ora sta a voi. Fate quello che dovete. Riabilitate lo sportivo, l’uomo, il “nostro” Beppe Signori. Il calcio italiano ha ancora bisogno di lui.
E non dimenticate la cosa più importante di tutte: chiedete scusa.