Ieri pomeriggio a Roma nella sala Educamedia del Teatro Don Bosco, Beppe Signori ha presentato il suo libro “Fuorigioco. Perde solo chi si arrende”, e noi de ilcalcioquotidiano.it eravamo presenti all’evento. Abbiamo avuto il piacere di trascorrere qualche ora con un uomo rinato dopo la vicenda giudiziaria che l’ha visto coinvolto negli ultimi 10 anni e che alla fine, grazie alla sua forza di volontà e all’amore di chi ha sempre creduto in lui, come faceva sul campo, ha vinto probabilmente la sua partita più importante.
Presenti all’evento tanti tifosi dell’ex-bomber biancoceleste che non hanno mai smesso di dimostrare al proprio idolo quell’affetto carico di nostalgia, voglia di rivalsa e soprattutto gioia nel vedere un uomo farcela contro tutto e tutti, tornando a sorridere al mondo, in particolar modo a quello stesso mondo che inizialmente, in parte, lo aveva anche abbandonato ma che lui stesso definisce il fatto come “un’eliminazione naturale”.

Già da prima dell’evento, in fila fuori il teatro per i controlli di rito legati al periodo, si è potuto assaporare l’affetto della gente nei confronti del proprio beniamino. Il tutto assomigliava ad una partita di calcio, quando si è in attesa di entrare fuori dai cancelli e si commenta con chi si ha accanto quanto accaduto alla propria squadra del cuore fino alla domenica precedente, con la sola differenza, ovviamente, che l’oggetto del parlare era soltanto lui: Re Beppe. “Ma tu ci stavi al corteo quel giorno? Ma ti ricordi che cos’era in campo? Io con gli amici tiravo i rigori imitando lui. E quella volta che si attaccò al vetro della Nord? Ma quel derby in cui segnò nella nebbia?”, e tanto altro ancora tra tutta quella gente fremeva dalla voglia di entrare.
A presentare l’evento, Guido De Angelis, storico radiocronista romano di fede biancoceleste, il quale non ha avuto il tempo di annunciare l’ingresso in sala del bomber che ha dato il via a cori ed applausi per Beppe, il quale ha esordito dicendo: “E segna sempre lui? Bhè, segnava! Mi ero ripromesso di non piangere, ma se fate così è dura”.
E dura è stata anche per i presenti trattenere la commozione quando, iniziando a parlare del libro, la prima cosa saltata agli occhi è stata proprio la dedica ai figli, verso i quali ha ammesso di sentirsi colpevole del fatto di aver devastato le loro vite con la vicenda giudiziaria, “Un padre deve proteggere i propri figli ed io non l’ho fatto. Scusate”.
Incalzato da De Angelis è così iniziato il racconto di tutta la sua vicenda riportata nel libro ed intrecciata con tutti i momenti della sua splendida carriera dal primo provino con l’Atalanta, fino all’ultima esperienza al Bologna, passando ovviamente per Foggia, Lazio e Nazionale, ha iniziato però anche rivolgendo un pensiero a chi, come nella sua stessa condizione, è stato accusato ingiustamente: “Sono vicino a tutti coloro che a differenza mia non sono personaggi pubblici e quindi non hanno la possibilità di difendersi al meglio o magari riabilitarsi pubblicamente dopo con più facilità”.
E così come nel testo, anche ieri, Signori ha ripercorso un po’ tutti i momenti salienti della sua vita, dalle prime esperienze in campo alla decisione ferma e convinta di voler rinunciare al patteggiamento o alla prescrizione per le accuse che lo hanno coinvolto, dagli insegnamenti di Zeman o al forte legame con Carletto Mazzone e Zoff,al ricordo di quella telefonata mentre era a Roma in cui gli veniva detto dell’arrivo della Polizia a casa sua o magari dell’aver visto le notizie che lo davano già arrestato in manette in tutti i Tg sul cellulare del poliziotto che lo stava accompagnando in treno a Bologna, quando in realtà non era così. Gli anni d’oro a Roma con la Lazio, la gente che lo adorava, i titoli di capocannoniere e quel corteo di migliaia di persone per non farlo vendere al Parma: “Non giocando, adesso, ho capito che stato davvero un atto d’amore nei miei confronti ed è stato l’unico caso in cui una tifoseria ha realmente evitato la cessione di un calciatore scendendo in piazza”.
Un legame indissolubile quello tra Signori e la tifoseria capitolina, e lui stesso lo ha confermato interrompendo la presentazione per uscire in strada a salutare quei tifosi non riusciti ad entrare all’evento ma che hanno acclamato il loro idolo per tutto il tempo, così come al termine si è fermato per autografare le copie di tutti i presenti con tanto di foto e scambiando anche qualche battuta, o come con orgoglio ha ricordato che la sua Lazio è stata quella che ha gettato le basi per la grande Lazio che ha poi vinto quasi tutto, a partire da quella Coppa Italia nel ’98 di cui l’ex numero 11 ne è stato anche il capocannoniere dell’edizione: “La mia Lazio era già grande!”.

Tanti racconti tra risate e cori, il bomber biancoceleste si è soffermato molto, ovviamente, sulla sua esperienza a Roma. “Qui ho capito presto di essere un idolo, anche perché ho avuto la fortuna di esordire facendo due gol, il resto è venuto da sé. All’inizio mi chiesero se ero in grado di sostituire Ruben Sosa che in 4 anni aveva fatto 40 gol con la Lazio in campionato, io arrivai a 45 in un anno e mezzo circa”. I ricordi legati alla Lazio sono stati tantissimi dai più allegri come gli infiniti e terribili scherzi di Gascoigne, ai più particolari come il rapporto con Eriksson (“Non discuto le scelte tecniche ma la mancanza di rispetto a livello umano”) o magari più profondi come il forte legame con Cragnotti che è ancora molte forte, l’amicizia con Fiorini a Bologna fino al ricordo di Wilson, capitano della Lazio del ’74 scomparso di recente: “Una persona umile come solo i veri campioni sanno essere”. Incalzato dalla gente non poteva mancare un pensiero sulla Lazio attuale: “Io geloso di Immobile? Assolutamente no, è un grande e gli auguro il meglio. Lui destro, io sinistro, due attaccanti diversi, insieme saremmo stati una coppia straordinaria”.
Una vita piena di successi, scelte che rifarebbe e probabilmente un unico rimpianto: “La finale di USA ’94. Peccai un po’ di presunzione, oggi credo la giocherei anche al posto di Pagliuca!”. Quello ascoltato ieri è stato un Signori consapevole di ciò che ha passato ma anche di come ne è uscito, a testa alta, e lo ha fatto anche grazie al suo avvocato e amica Patrizia Brandi, definita “Il mio angelo custode” che ha continuamente ringraziato per il suo operato come riportato anche nel libro, sottolineando l’importanza avuta in tutta la vicenda giudiziaria.
“Fuorigioco. Perde solo chi si arrende” è un libro da leggere tutto d’un fiato (e sarà anche un docufilm in onda su Sky il 29 maggio), racconta la rinascita di un Uomo che ha fatto prevalere le proprie ragioni, che ha lottato per dimostrare la propria innocenza senza scendere a compromessi perché dalla sua parte sapeva di avere la cosa più importante: la verità. Per tutto questo, il messaggio ai figli nel finale: “Quel che vorrei è che loro non siano orgogliosi di essere figli del Signori calciatore, ma del Beppe papà”.