Osama Abdul Mohsenfonte: sito ufficiale FIFA

Osama Abdul Mohsen è stato un profugo siriano fuggito dalla città di Deir el Zor.

Questa storia la ricordano in molti. Tutti, difatti, restammo indignati davanti alla T.V. quando osservammo le immagini del “famoso” sgambetto. Era precisamente l’8 settembre del 2015, il culmine della grande fuga di profughi e migranti verso l’Europa. L’Ungheria era il crocevia che avrebbe portato la speranza di una vita migliore a tantissime persone, ma il confine con la Serbia era ostacolato da filo spinato e lame di rasoio.

Osama Abdul Mohsen era uno dei tanti e come tutti cercava di fuggire dal centro di identificazione di Röszke, al confine tra Serbia e Ungheria, con in braccio suo figlio Zaid. Forse fu proprio in quel momento che cercò di giocarsi il tutto per tutto, correndo a più non posso.

A volte però, il destino di un uomo è bizzarro, perché proprio in quegli istanti un’operatrice televisiva ungherese, Petra László, sgambettò l’uomo appositamente, incurante del fatto che lo stesso avesse con se il piccolo Zaid. Quelle immagini, abbastanza forti, con il conseguente e disperato pianto del bambino, fecero commuovere tutti, e la donna dopo poco tempo, per giusta causa, fu licenziata.

Il video però, ripreso dalle telecamere e dagli smartphone di altri colleghi, nel giro di pochissimo divenne virale, facendo di fatto il giro del mondo.

Dopo aver visto le immagini dello sgambetto, grazie a questa inaspettata notorietà, Osama  Abdul Mohsen venne chiamato a lavorare dallo spagnolo Angel Galan, presidente del Cenafe, una scuola calcio di Getafe, e noto per la sua intenzione di candidarsi alla presidenza della Federcalcio iberica. Galan decise di aiutare l’uomo e la sua famiglia ad ottenere il permesso di soggiorno e soprattutto una casa, offrendo, al profugo siriano, un impiego che si divideva tra ufficio e panchina, tipo team manager.

Osama Abdul Mohsen, in Siria, difatti, era l’allenatore del Al-Fotuwa, una squadra di calcio della Syrian Premier League. In poco tempo la sua storia aveva commosso tutti, così anche Cristiano Ronaldo, di cui Zaid era un grande fan, accolse con entusiasmo il piccolo e la sua famiglia, insieme ad altri compagni del Real Madrid, che gli fecero trascorrere in spensieratezza un intero pomeriggio.

Le belle storie, però, non sempre hanno un lieto fine.

Galan dopo meno di un anno non rinnovò il contratto di assunzione e alla stampa spagnola dichiarò: “Osama è uno sfaticato! Arriva in ufficio, accende il computer e non fa altro. Per un anno gli abbiamo passato lo stipendio ma non possiamo più pagare uno così improduttivo. Non ha nemmeno imparato lo spagnolo! Uno spiraglio comunque lo lasciamo acceso, se dovesse progredire con lo spagnolo, mostrando lo sforzo di integrarsi, magari rivedremo la decisione”.

Osama Abdul Mohsen, ovviamente, non fu felice di passare per sfaticato. In un’intervista radiofonica si difese dichiarando di esser stato licenziato senza un vero motivo. “Sono senza lavoro, e la mia resta una situazione difficile”.

Spesso accade.

Quando i riflettori si accendono su un caso che attira l’attenzione dei media, spesso accade che ci sia qualcuno che “fiuta” l’affare, sperando, magari, che lo stesso possa portare profitto; quando invece, al contrario, quelle luci lentamente si affievoliscono, altrettanto spesso le persone e i loro drammi sono accantonati nuovamente in un angolo, come fossero dei vecchi giocattoli. Ed è ciò che potrebbe essere accaduto a questa disgraziata famiglia, della quale, tra l’altro, da più di tre anni si sono perse completamente le tracce.

Con l’unica “colpa”, forse, di essere nati in una terra sbagliata.