Italiafonte: sito ufficiale FIGC

Il 13 gennaio 1910 si forma ufficialmente l’Italia in qualità di Nazionale di calcio. Una storia destinata ad appassionare milioni di italiani, generazioni di italiani attaccate alla radio, al televisore o al computer. Momenti colmi di alti e bassi, di amore incondizionato o disinteresse nella sconfitta, in base al suo andamento. Eppure, è innegabile che, ogni qualvolta l’Italia scende in campo, non esistono rivalità di club che tengano. La bandiera unisce, aldilà dei colori della propria passione.

Questa storia ha inizio proprio in quella fredda giornata d’inverno, quando Luigi Bosiso fonda la selezione. In realtà, la Federazione Italiana Giuoco Calcio aveva già visto la luce nel 1898. Ma, si sa, le lungaggini burocratiche ci rendono famosi in tutto il mondo, anche nel calcio (Juventus-Napoli ricorda qualcosa?). Umberto Meazza, ex calciatore e arbitro, è il primo commissario tecnico della storia. Si dovrà attendere qualche mese per la prima gara ufficiale, il 15 maggio dello stesso anno. Italia-Francia, all’Arena Civica di Milano, finisce 6-2. Il rossonero Pietro Lana, autore di una tripletta, è il primo storico marcatore.

Italia, la scelta dell’azzurro

Nei primi due match, la Federazione opta per la divisa bianca, in onore della Pro Vercelli, dominatrice degli anni Dieci e Venti. Nel replay della sfida contro i maestri dell’Ungheria (il 6 gennaio 1911), si sceglie la maglia azzurra, simbolo della casata dei Savoia. Da quel momento in poi, il colore del cielo è associato alla nostra Nazione, per qualsiasi disciplina sportiva. La nuova tenuta è sfoggiata per la prima competizione ufficiale nel 1912, le Olimpiadi di Stoccolma, nelle quali però non sapremo esaltarci. Tuttavia, mattone dopo mattone, la Nazionale acquisterà maggior credito fino ad accompagnare tutti gli attimi delle nostre esistenze.

Leggendari i due titoli mondiali consecutivi nel 1934 e 1938, offuscati però dall’ombra del regime fascista, contornati dal successo delle olimpiadi nella Germania nazista del 1936. Meazza e Piola sono i primi miti a far sognare gli italiani attaccati alle radioline, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1968 si trionfa nel primo e, finora ultimo, titolo europeo, noto per la finale conquistata con il lancio della monetina. Tempo 14 anni e ci si innamorerà dell’urlo immortale di Nando Martellini, nel Mundial di Spagna del compianto Paolo Rossi e Dino Zoff. Fino ad arrivare al più recente 2006, con gli azzurri che sollevano la quarta coppa al cielo di Berlino, come settanta anni prima.

Le delusioni

Come tutte le belle trame, però, qualche lacrima di tristezza. La mancata qualificazione alla kermesse mondiale del 1958, per mano dell’Irlanda del Nord. La finale di Coppa Rimet del 1970, persa solo contro il grande Brasile di Pelé. Dopo la partita contro i teutonici, nota per essere stata definita “la migliore del secolo”. USA 1994, la storia si ripete, avversario una Seleçao molto meno forte e con l’eroe di quel momento, Roberto Baggio, che spedisce il rigore decisivo in tribuna. Oppure il 2002, il famigerato mondiale coreano, forse uno dei più corrotti della storia. Per poi concludersi con una pagina ancora più nera, l’eliminazione da parte della Svezia allo spareggio di Russia 2018. Un male per mesi incurabile, una cicatrice difficile da lenire. Eppure si sa, dalle ceneri si può rinascere. Ci sta provando Roberto Mancini, in attesa di Euro 2021, un’edizione segnata dal Covid-19.

Annate di cocenti sconfitte, di caroselli impazziti ed eventi che hanno marcato il passaggio della storia. Dal 1910 a questa parte, c’è sempre stato qualcuno. Dai pochissimi tifosi sugli spalti degli esordi, alle enormi platee. Testimoni di frammenti di storia di colore azzurro che, rinneghi quanto si vuole, riuniscono sotto un’unica bandiera. Per poter dire, qualunque sia il risultato finale, “io c’ero”.

Di Luca Ripari

Sono Luca Ripari, ho 26 anni e provengo da Perugia. Nel giugno 2019 mi sono laureato in Mediazione Linguistica, in inglese e spagnolo. Ho una grande passione per il calcio, tanto da aver dedicato la mia tesi finale a questo argomento, lo sport interconnesso con società e cultura. Ho iniziato a collaborare con alcune testate e anche la radiocronaca mi appassiona. Mi piace scrivere, raccontare di calcio, viaggiare e leggere.