Pensavamo a dei cambiamenti, a dei miglioramenti. Si confidava nella forza dell’abitudine che lenisce il dolore e rende mite la gioia. Credevamo addirittura si potesse continuare lo stesso, con l’illusorio ricordo di suoni e rumori. Poi abbiamo fatto i conti con un orologio fermo, non più padrone del ritmo. Nessuna fretta, nessuna frenesia o tensione. Nessun pericolo di perdere la metro, la macchina bloccata da qualche idiota in seconda fila. Accidenti al bagno proprio ora!
Finalmente un’aria pulita. Assenza di fumo da hamburger cotti male o patatine troppo grasse. Nessun obbligo morale di dover acquistare la solita polsiera (sono in 200 nel cassetto) tanto per contribuire al Pil degli ambulanti ante-stadio. Ci siamo improvvisamente accorti che alle ore 21,00 l’unico gesto, concesso per decreto, è accomodarsi sul divano. Ancora una volta niente. I nostri Olimpico, Meazza o Gewiss sono i salotti di casa. Un pericolo, perché l’emozione da stadio è un conto, la stasi domestica un altro.
Il calcio, che con ottusa pervicacia si vuole continuare com’è, proprio non va. Abbiamo compreso in un attimo quanto tutta la nostra spiritualità si completava, come unica condizione, con lo stare insieme. Ora, al 12° del primo tempo, ci alziamo stancamente, andiamo in cucina come felini in caccia. Non importa se ci perdiamo un fallo laterale. È questo il tifoso new age. Deposta la passione, abbiamo imbracciato il telecomando come fosse un fucile. Pronti a sparare al primo passaggio di noia.
Già prima del lockdown il calcio targato Champions League aveva registrato una flessione di interesse. Il focus rimane aperto con una prelazione sulla Champions per il livello, il clamore mediatico e soprattutto per la mole di danaro movimentato. La sorellina Europa League versa, ahinoi, in stato catatonico.
Il fermo covid ha di fatto scoperchiato il pentolone della strega chiamata, per l’occasione, passatalavoglia. In questo tourbillon emozionale ci si mette pure l’Uefa poco capace a scaldare i cuori, sempre più aritmati, dei tifosi. Quelli con i pacchetti televisivi completi, invidiati in un tempo passato. La ghiotta possibilità di accedere ad una sorta di “tutto il calcio” di radiofonica memoria.
Invece, di mercoledì, ci viene propinato Krasnodar-Rennes o Lipsia-Basaksehir. Una Caporetto il giovedì con Sivasspor-Qarabag o Paok-Omonoia (nomen omen), come giustamente viene indicata l’Omonia Nicosia sul sito Uefa EL! L’attuale denominazione dei ciprioti riflette beffardamente la realtà.
Sono questi i nuovi piatti per cenare, desolatamente, su quei divani non più stropicciati dall’ansia, non più unti dal panino stritolato dalla foga, un must le chiazze di liquidi vari. Il tifoso satellitare è ora uno sfigato, un perdente che non può nemmeno fuggire al cinema, perché alle 22,00 inizia il “tuttiacasa”. Quindi, legati ad una sedia di costrizione modello tribunale dell’inquisizione, dobbiamo subire papere di portieri con tute da idraulico nel bagagliaio o lisci di difensori che non vorremmo nemmeno come compagni a biliardino (proprio l’incredulo Lozano ha recentemente beneficiato di uno di questi magnifici “non interventi”).
Il massimo Organismo del calcio, legante delle 55 Federazioni europee, deve fare subito qualcosa per arginare l’emorragia di emozione. Fermare questa epistassi di noia.
Perfino l’ineffabile Nation League per squadre nazionali, che ogni due anni affligge il sentimento dei calciatori, ha insegnato un qualcosa di buono. Qualcosa che i dirigenti di Nyon devono proporre per ridare animo ad una competizione in asfissia.
Nella NL i gironi sono bilanciati e le gare giocate in “A” reggono l’interesse. Del resto, se partecipi alla Lega D, tanto vali. Ma la restituzione della dignità alle compagini meno attrezzate è almeno garantita dal livello.
In Champions (e non si dica siamo ai gironi) si assiste ad una pantomima senza pari. Le partite sono di un disinteresse cosmico e non c’è nessun piacere a rilevare risultati impressionanti marcati contro formazioni immolate sulla croce del football-correct. Ci sono gruppi che già alla terza/quarta giornata non hanno più nulla da raccontare. Per le apparenze resta la paradossale lotta per una salvifica retrocessione in Europa League, dei cui raggruppamenti meglio proclamare lo sciopero televisivo.
La Champions non avvampa più le case e con gli stadi vuoti è un gelo. L’Uefa dovrà necessariamente studiare una formula che tuteli l’onore delle squadre meno quotate, mantenendo comunque alte le aspettative dei tifosi. Non solo i neutrali, bensì anche quelli che, al quinto gol, cambiano canale.
Si rifletta già dalla prossima stagione. Al quarto di finale di Champions League, placidamente addormentati su divani fin troppo puliti, non vorremmo essere svegliati dal raddoppio del Kì (sic!).
Kì, squadra della città di Klaksvik (Isole Far Oer), eliminata al 2° turno preliminare dagli svizzeri dello Young Boys (ndr).