Nel mondo del pallone, spesso, ci sono storie che si ha l’obbligo di raccontare, se non altro per la loro carica emotiva che riescono a trasmettere, un vero e proprio mix di emozioni che variano a seconda del punto di vista dal quale le si ascolta. Che si tratti di romanticismo, malinconia, gioia sfrenata, vendetta, amore, rabbia e delusione, stupore, rimpianto o semplicemente curiosità, sono storie di fronte alle quali solo una cosa è certa: è impossibile restarne indifferenti.
Quando sei un bambino che inizia a tirare i primi calci ad un pallone, lo fai per la gioia di farlo, ma anche perché dentro di te iniziano a maturare sogni che poi, se alimentati, ti aiuteranno a fare in modo di riuscire ad avverarli. Questi sogni, magari come vincere un campionato, una Coppa dei Campioni o anche un pallone d’oro, probabilmente, erano quelli che circolavano nella testa di un giovanissimo, quanto biondo, bimbo scozzese di Aberdeen, figlio di pescatori, nel momento in cui iniziò a fare del calcio la sua passione più grande; un bimbo di nome Denis Law.
Huddersfield Town e Nazionale scozzese
L’amore per questo sport lo fece trasferire giovanissimo in Inghilterra, dove all’età di 15 anni, mentre attendeva il suo turno per un provino con l’Huddersfield Town, riuscì a stregare l’allora tecnico della prima squadra della formazione inglese Bill Shankly, semplicemente palleggiando per ingannare il tempo: preso!
Il giovane Denis resta nello West Yorkshire per 4 anni, iniziando a mostrare da subito tutte le sue doti ed il suo grandissimo talento, tanto che a soli 18 anni esordisce con la nazionale scozzese, nella quale collezionerà poi un totale di 55 presenze e 30 reti che gli varranno il record di miglior marcatore della squadra, ad oggi ancora imbattuto, insieme ad un certo Kenny Dalglish.
La prima volta al City
Nel 1960 è il passaggio al Manchester City a segnare il primo salto di qualità di Law, dove resta per una sola stagione, all’interno della quale però è memorabile la partita di FA Cup contro il Luton Town. Sotto di 2-0 il City non si abbatte ed il giovane scozzese ne segna 6 uno dietro l’altro. Ad abbattersi però è un terribile temporale che costringe l’arbitro ad interrompere il match che verrà poi annullato. Nel recupero della partita il talento scozzese va ancora a segno, ma lo fa una sola volta, vedendo i suoi perdere per 3-1, venendo di fatto eliminati dalla competizione. Lo stesso Law dichiarerà poi che lo stato del campo su cui fu disputato il recupero era di gran lunga messo peggio di quello del primo match che fu poi annullato.
L’approdo in Italia e la controversa esperienza al Torino
L’unica stagione in cui il talento scozzese giocò al di fuori dell’Inghilterra fu quella del 1961-62 e lo fece in Italia con la maglia granata del Toro, nonostante le pretendenti del Bel Paese per la mezz’ala del City erano diverse tra cui Milan, Inter, Fiorentina, Roma, Sampdoria e Juventus. Al Toro, quella di Law, fu un’annata particolare, perché di base il giovane scozzese di talento ne aveva da vendere, così come tutta l’euforia dei suoi vent’anni, ai quali si aggiungevano soldi e vizi di una giovane star straniera del calcio, che non trovò mai un connubio ideale, forse, con l’ambiente che ruotava attorno al pallone, così come quegli allenamenti e quelle regole così diverse dalla realtà inglese a cui era abituato. A tutto questo non mancava poi la compagnia di Joe Baker, altro giovane talento inglese che rimase, pure lui, solo quell’anno al Toro, e che con Law formò una coppia indimenticabile per le scorribande dentro e fuori dal campo. Fu proprio con Baker che il giovane Denis si schiantò con la macchina appena ritirata dall’inglese, un’Alfa Romeo Giulietta Sprint bianca, in pieno centro a Torino, dopo una notte brava passata tra alcol e musica. Fu la goccia che fece traboccare il vaso e, dopo un anno colmo di eccessi, fu una delle cause che lo spinsero a tornare in Inghilterra dopo 10 gol e 27 presenze in maglia granata. Alla base del suo rientro in First Division inglese anche un ipotetico passaggio alla Juve concordato dal Torino senza interpellare il calciatore stesso che probabilmente non gradì per niente.
Diversi anni dopo, parlando dell’esperienza al Toro, dichiarò: “Torino era bella, magnifica. Tutti quei ristoranti sul fiume, la gente, le donne. Ma io ero giovane e non ho capito nulla. Sono tornato in Inghilterra come un cretino. Non sapevo distinguere i buoni dai cattivi. Avrei dovuto affidarmi a Peronace e a Bearzot che cercava sempre di tenere alto il mio morale. Invece ascoltai troppe campane”.
Il Manchester United e quegli 11 anni di fuoco che gli valsero il soprannome di “THE KING”
Ogni storia che si rispetti ha, nel suo svolgimento, avvenimenti specifici che ne indirizzano il suo sviluppo, ed il momento topico di quella che vede come protagonista lo scozzese dai capelli d’oro, si riflette senza il minimo dubbio nel suo passaggio al Manchester United nel 1962. A premere per il suo ritorno in Inghilterra, in maglia Red Devils, è Matt Busby, un uomo, prima che un allenatore, che è contato tantissimo nella formazione e nelle scelte professionali di Law.
Con lo United la mezz’ala scozzese trova la sua definitiva e meritata consacrazione e durante i suoi 11 anni di permanenza con la formazione inglese, vince praticamente tutto, oltre ad andare a formare uno storico quanto micidiale trio d’attacco con Bobby Charlton e George Best, divenendo, peraltro, grandissimo amico anche al di fuori del campo con la stella nordirlandese.
Durante il primo anno con lo United, stagione ’62-’63, i Red Devils si aggiudicano la FA Cup contro il Leicester City, vincendo la finalissima di Wembley per 3-1, nella quale la prima rete degli uomini di Busby è proprio di Law, confermandosi peraltro campioni anche l’anno successivo nella stessa competizione.
Il calciatore scozzese sta per raggiungere l’apice della sua carriera, in termini di risultati di squadra, ma a testimoniarne anche la valenza singola è proprio il trofeo che gli viene conferito nel ’64, a livello personale il più ambito in campo calcistico, ovvero il Pallone d’Oro, risultando anche l’unico scozzese a riuscirci. Durante la cerimonia a lui dedicata afferma: “Sul campo bisogna combattere, questo è il calcio, senza la lotta, il gioco chiamato football perde il suo senso. Non mi interessa quello che si pensa di me, io non cambio”.
I suoi tifosi lo soprannominano “The King” e lui li ripaga a suon di gol, complessivamente 171 nelle 309 presenze degli undici anni trascorsi in maglia United.
Dal 1964 al 1968 poi, il Manchester diventa una vera e propria macchina da guerra, mettendo in bacheca due campionati d’Inghilterra (1964-1965 e 1966-1967), due Charity Shield (1965 e 1967) e, soprattutto, la Coppa dei Campioni della stagione 1967-1968, in finale contro il Benfica, partita che però Law non disputa a causa di un’operazione al ginocchio che lo costringe a vedere in tv i suoi compagni alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie contro la formazione del campione portoghese Eusebio.
Dopo il raggiungimento del massimo traguardo europeo, inizia, inesorabilmente, il declino di una formazione che fino a quel momento aveva raggiunto stabilmente il tetto del mondo. Il cambio di guida tecnica dei Red Devils, i problemi di alcolismo di Best e le carriere di altri protagonisti di quella storica squadra che iniziavano a volgere al termine, fanno si che le dinamiche societarie cambino. Law iniziò a pensare al ritiro, tanto che anche un match, contro l’Ajax di Cruyff, fu organizzato in suo onore nel settembre del 1973 ma, paradossalmente, nessuna delle due stelle in questione partecipò alla sfida. Cruyff venne ceduto al Barcellona e Law, in vista della possibilità di partecipazione ai mondiali del 1974, decise di non ritirarsi più.
Il finale di carriera al City ed il colpo di grazia allo United
A causa dei dissidi con Tommy Docherty, tecnico United che, ironia del caso, aveva voluto proprio Law a Manchester, il calciatore scozzese viene inserito nella lista gratuita dei giocatori e quindi messo ufficialmente in partenza, segnando a questo punto un colpo di scena vero e proprio che faceva da preludio all’explicit di un testo narrante la storia di un grande del calcio.
Forte della sua volontà di partecipare al mondiale, la talentuosa mezz’ala iniziò a guardarsi intorno per poi accettare, appena giunta, l’offerta di una squadra che da un lato riporterà lui idealmente agli inizi della carriera, ma dall’altro, manderà i suoi ex compagni, e soprattutto i suoi ex tifosi, nel baratro più totale: il Manchester City.
Nella parte di Manchester opposta a quella che lo aveva eletto come re scozzese in terra inglese, Denis trascorre una sola stagione, collezionando 26 presenze e mettendo a segno 12 gol, tra cui, l’ultimo della sua splendida carriera nell’ultimo match disputato a livello professionale, quello cioè, se non il più pesante, per certi versi il più doloroso e difficile, per molti, da digerire.
Il 27 aprile 1974 all’ Old Trafford si gioca il derby di Manchester tra United e City, con i Red Devils bisognosi di una vittoria per non retrocedere e gli avversari che non avevano più nulla da chiedere al campionato in corso. Per la maggior parte del match il risultato non si sblocca, rimanendo fissato su di uno 0-0 insignificante che non basterebbe allo United per restare in First Division. All’80’ minuto di gioco però il fattaccio. Il City attacca con Francis Lee che entra in area di rigore, si allarga sulla destra per poi mettere in mezzo un pallone che termina tra le gambe di Law, di spalle alla porta ed al limite dell’area piccola, il quale, con l’istinto che lo ha sempre contraddistinto, senza guardare e probabilmente senza pensarci troppo, calcia di tacco e spedisce la palla in rete. E’ 0-1. Il talento scozzese appare quasi incredulo, paradossalmente ferito, dopo il gol non fa nulla se non, invece di festeggiare correndo con il braccio destro teso al cielo a stringere il polsino della maglietta tra le dita, com’era solito fare, dirigersi verso il centrocampo per poi chiedere il cambio guadagnando gli spogliatoi.
I tifosi invadono il campo e l’arbitro è costretto a fischiare la fine del match in anticipo, con il City vincente per 0-1 all’Old Trafford e lo United che retrocede dopo 36 anni di permanenza nella massima serie per un gol del suo ex-Re, nel finale più drammatico, sportivamente parlando, della storia di un proprio mito, che i tifosi dei Red Devils potessero mai immaginare.
Dopo il mondiale in Germania del ’74 ed un paio di amichevoli estive, Law annuncia definitivamente il suo ritiro dal calcio giocato. Stavolta è finita davvero la favola di un mito che oltre per il suo smisurato talento, i suoi gol, le sue vittorie ed i suoi eccessi, verrà ricordato anche per quel derby quasi maledetto, quel gol di tacco e quella dichiarazione arrivata poi a distanza di anni nel descriverlo: “Mi sentivo solo depresso, e non era da me. Dopo 19 anni in cui ho cercato di fare del mio meglio per segnare gol, eccone uno che quasi avrei voluto non fosse entrato. Ero inconsolabile. Non volevo che accadesse. Quanto è durata la sensazione? Quanto tempo fa è stata giocata la partita? Ecco la tua risposta”.