Felipe CaicedoFonte: Sito Ufficiale S.S.Lazio

13 maggio 2018, Crotone-Lazio. Felipe Caicedo si trova a tu per tu con il portiere. Segnare quel gol metterebbe fine ad ogni angoscia. Significherebbe qualificazione matematica in Champions League, il riscatto di una sua stagione non esaltante e tante altre cose che non sapremo mai. Perché Caicedo, quel gol facilissimo, lo sbaglia e la Lazio si ritrova a giocarsi il tutto per tutto all’ultima di campionato nello scontro diretto con l’Inter, che verrà poi perso. È Europa League, e l’attaccante ecuadoriano si ritrova travolto da una valanga di insulti.

31 agosto 2021, ultimo giorno di mercato. Viene ufficializzato, da parte del Genoa, l’acquisto a titolo definitivo di Felipe Caicedo, che viene letteralmente ricoperto da una pioggia d’amore probabilmente incomprensibile ai più e destinata solo a pochi altri prima di lui.

Se avessero detto a molti laziali, quel 13 maggio, che si sarebbero ritrovati a salutare con le lacrime agli occhi Caicedo, probabilmente non ci avrebbero mai creduto. Quattro anni dopo, invece, il suo addio è circondato da affetto vero, puro e smisurato.

Questo è il finale di una delle storie recenti più assurde – se vogliamo – che i tifosi laziali si sono ritrovati a vivere.

Una storia in cui (seppur quella sua stagione non fu scintillante) chiunque ha dovuto ammettere di aver sbagliato. E l’ammissione non è arrivata per via di un lampo di genio, una scintilla, un’idea brillante. No. L’errore di valutazione collettivo fatto anni fa su Felipe Caicedo e su tutto ciò gli è stato detto è stato reso evidente proprio da Felipe Caicedo stesso.

Solitamente quando ti ritrovi in un ambiente ostile tendi a far valere la tua posizione oppure cerchi una via di fuga, provi ad andare dove forse staresti meglio. Caicedo no.
È stato in silenzio passando sopra ad ogni parola che gli arrivava, ad ogni fischio. Ha lavorato duro, si è impegnato dando tutto s’è stesso per la maglia che indossava e per far vedere il suo reale valore.

E la sua più grande impresa non è stata solo la successiva miriade di gol all’ultimo minuto che ormai conosciamo bene, no. Il suo più grande risultato è stato quello di far ammettere ad una tifoseria di aver sbagliato. Semplicemente. Senza se, senza ma, senza condizionali. Solo e soltanto di aver sbagliato.

Quella di Caicedo è una storia che insegna. È una storia di sovversione. Sovversione di principi ma anche di risultati. Quasi di rinascita, di voglia di non arrendersi. È stato, per i biancocelesti, la personificazione di quel “Non mollare mai” che tanto contraddistingue la Lazio e che le fa da motto.

Una rapporto che inizialmente è stato burrascoso, fatto di mancanza di fiducia unilaterale, di alti e bassi. E poi trasformatosi in un legame forte e a tratti indissolubile.
Quello di Caicedo è l’esempio perfetto di cosa sia importante per il tifoso laziale. Perché puoi essere anche il miglior giocatore in circolazione, verrai ringraziato per questo. Ma per entrare nel cuore dei tifosi serve altro. Serve essere parte integrante, vera e fondamentale di un qualcosa. Un qualcosa che ti porta a correre sotto la Curva Nord per riceverne l’abbraccio dopo un gol al derby, nonostante fossi stato criticato fino a poco tempo prima e dichiarare poi “vorrei che i tifosi mi ricordassero per questo gol e non per l’errore di Crotone”. Serve rispetto, dare tutto per la maglia, pensare solo al bene della Lazio. Ed è ciò che ha fatto “il Panterone”, portando parte del popolo laziale a commuoversi per la sua partenza (in ogni caso giusta) quando anni prima, ad un annuncio del genere, ci sarebbe stato solo un susseguirsi di esultanze.

Ma come da regola: anche le più belle favole hanno un termine.

Il 31 agosto 2021 si è messa la parola fine su una tra le storie più romantiche dell’ultimo decennio laziale. Quella “Zona Caicedo” tanto amata, con quegli innumerevoli gol all’ultimo minuto, è oggi chiusa. Dopo Inzaghi, Lulic e Parolo termina un altro capitolo della Lazio recente.

Non ci sarà più quel classico cambio, quasi scaramantico, al 75′ e la conseguente sensazione che qualcosa potesse accadere da un momento all’altro o che il pallone più importante della partita potesse finire proprio a lui. Rimarrà invece scritto con inchiostro indelebile quel famoso “Amami o faccio un Caicedo”, perché quando si entra in questo modo nel cuore dei laziali, è quasi impossibile uscirne.

Questa volta, però, è proprio arrivato il caso di dirlo: oggi finisce Cagliari-Lazio, finisce per davvero.

Ma una cosa, si, Felipe Caicedo alla Lazio (e non solo) l’ha insegnata: la forza di crederci sempre fino all’ultimo. Ed è una regola che, sicuramente, rimarrà.