In questi giorni hanno fatto il giro del mondo le immagini del match tra il Marine FC, squadra di ottava divisione inglese, e il Tottenham di Josè Mourinho e, come spesso accade in queste occasioni è tornato in auge il dibattito sul format della nostra Coppa Italia.
Detto che anche in FA Cup partite come queste, che in Italia significherebbe una squadra di seconda categoria affrontare l’Atalanta, sono un eccezione, la verità è che il format di casa nostra non è poi tanto diverso da quello inglese.
La Coppa Italia, competizione tra le più antiche del nostro calcio risalente al lontano 1922, nel corso della sua storia è stata più volte modificata.
L’ultimo cambio di format risale al 2008 e prevede la partecipazione, oltre alle squadra di Serie A e B, di 29 squadre di Lega Pro e 29 di Serie D. Un totale di 78 squadre che si sfidano in gara secca (eccezion fatta per le semifinali) per arrivare allo Stadio Olimpico di Roma, sede della finale, ed essere premiate dal Presidente della Repubblica.
Oltre al numero di squadre partecipanti, superiore in FA Cup dove partecipano tutte le categorie esistenti, la differenza sostanziale sta nel tabellone.
Infatti, mentre in Italia i sorteggi prevedono teste di serie dove a scendere in campo nei primissimi turni della competizione sono solo le squadre di Lega Pro e Serie D, in Inghilterra, come anche in Spagna da alcuni anni a questa parte, i sorteggi non hanno alcun vincolo ed è proprio grazie a questa differenza di regolamento che si verificano partite come quella sopra citata.
Coppa Italia, una questione di mentalità
La questione, tuttavia, è di difficile risoluzione. Se da un lato il fascino di una competizione “aperta”, che può consentire a realtà molto piccole di ospitare le grandi, resta altissimo. Dall’altro, l’attuale format ha regalato e regala grandi partite.
Alzi la mano chi ad un Inter-Milan a gara secca dei prossimi quarti di finale preferirebbe assistere ad un match senza storia, per quanto romantico sia, tra la seconda/terza squadra di una big e una di categoria nettamente inferiore.
Il problema, così come la questione di giocare o meno durante le feste natalizie, resta di mentalità.
Il pubblico anglosassone, che fino a pochi anni fa considerava l’FA Cup quasi più importante della Premier, è abituato a questo tipo di format e nessuno mai si sognerebbe di cambiarlo.
In Italia, invece, la Coppa Italia è ancora considerata come un premio di consolazione e, probabilmente, lo sarebbe anche con un format come quello inglese.