Il trattino che divide le due subregioni Emilia e Romagna diviene ancora più marcato quando il confronto si sposta su un campo di calcio. Il ritorno del Cesena in Serie B ripropone in tal senso una classica, contrapponendo ai bianconeri il Modena del mai dimenticato ex Pierpaolo Bisoli, artefice di due promozioni in Serie A in riva al Savio. Entrambe le compagini pongono a questa sfida i propri interrogativi sul loro futuro prossimo e sulle loro velleità, dopo un inizio fra alti e bassi.
I primi minuti della sfida del “Manuzzi”, affollato da quasi quattordici mila spettatori con mille e seicento giunti dall’Emilia, sono prevalentemente di studio. I padroni di casa esercitano una supremazia territoriale sterile, risultano lenti e prevedibili e pur sollecitando per primi l’estremo difensore al 14′ con Adamo dalla distanza, finiscono puntualmente intercettati e disinnescati in ogni loro azione da un centrocampo modenese che pare molto più provvisto di fosforo e muscoli. Fino al 27′ quando il portoghese Pedro Mendes spinge oltre le spalle di Pisseri un cross di Caso.
La rete subita sembra finalmente svegliare un Cesena parso troppo brutto e prevedibile per essere vero. Le trame si fanno più veloci ed interessanti, alimentate dai gialloblù che attendono sperando di ripartire, perdendo preziosi centimetri nonostante il lavoro di raccordo dello stesso Pedro Mendes. Così il Cesena dopo aver provato prima vanamente con Antonucci, protagonista di una gara di gran sacrificio anche in fase difensiva, trova la rete con Simone Bastoni con una botta dalla distanza su cui nulla può Gagno.
La rete dà ulteriore spinta all’abbrivio dell’undici di mister Mignani, il Modena si mette sulla difensiva ma su un cross di Mangraviti al 44′ c’è un tocco di mani di Di Pardo ravvisato dall’arbitro Monaldi di Macerata, sul quale però interviene il VAR: il difensore modenese aveva un piede in area, è dunque rigore di cui si incarica Cristian Shpendi che, con freddezza, realizza. Un uno-due micidiale su cui provvidenziale arriva il duplice fischio a stemperare la foga degli uni e rimettere in ordine le idee degli altri.
L’intervallo sembra non aver sparigliato le carte, con il passare dei minuti però cambia il registro, il Modena – specie a metà campo – fa valere una maggiore forza e organizzazione in cui imbriglia la vivacità locale. Dopo un errore del cesenate Adamo, Abiuso si ritrova a tu per tu con Pisseri che, con la collaborazione del reparto arretrato, chiude lo specchio prima a lui e poi in seconda battuta a Caso.
È in un certo senso il prologo del goal, che arriva poi al 55′ con Zaro che svetta di testa sul calcio d’angolo di Palumbo. Ancora una volta si palesano le difficoltà bianconere sul gioco aereo, anche se non mancano i centimetri ai propri difensori, sembra quindi più un gap posizionale e tattico, nella migliore delle ipotesi di amalgama, del terzetto centrale.
Al 62′ ancora Palumbo sugli scudi che, dopo uno scambio sullo stretto, colpisce una clamorosa traversa. Se il Cesena sembra vacillare sui colpi avversari, ci pensa un pessimo Caldara a restituirgli vantaggio, anche se a carissimo prezzo: l’ex milanista è autore di un’entrata assassina sui piedi del gioiellino Berti, quest’oggi un po’ in ombra; c’è ancora una volta bisogno del VAR per rettificare un arbitraggio non proprio impeccabile e punire il modenese con un rosso, mentre Tommaso Berti esce per un infortunio che si spera, per lui e per la squadra, sia meno grave di quel che è sembrato dal vivo.
La superiorità numerica sembra solo teorica tanto che è ancora una volta Abiuso ad infilarsi come un coltello nella difesa avversaria, dimostrando però ancora una volta scarsa freddezza davanti al duo Pisseri-Ciofi che ha la meglio, con quest’ultimo che ha la meglio anche sulla ribattuta di Bohzanaj, schermata con la schiena e una buona dose di fortuna.
Negli ultimissimi minuti, la palla d’oro capita sulla testa del figlio d’arte Sidney Van Hooijdonk, erede di quel Pierre che dipingeva punizioni deliziose nel Feyenoord di qualche anno fa. È il palo a negargli la gioia del goal mentre, in pieno recupero, è l’arbitro a dirgli di no dopo un contatto in area per il quale reclamava il rigore. Piccoli guizzi che legittimano il pareggio e il vantaggio numerico in campo, che invero non è sembrato così netto in tutta la buona metà di questa seconda frazione. Applausi di incoraggiamento del pubblico salutano le rispettive compagini, qualche ultimo sfottò al pepe fra due ottime tifoserie, altro valore aggiunto di questa partita, prima che cali definitivamente il sipario su questo anticipo della quinta giornata della serie cadetta.
A margine resta la netta sensazione di una certa superiorità di valore del Modena, che in undici contro undici avrebbe conosciuto forse una diversa sorte. Di fatto però, la compagine canarina che pure dovrebbe recitare il ruolo di outsider subito dietro le grandi favorite alla promozione in Serie A, continua a rimandare il suo appuntamento con la vittoria, raccolta fin qui solo una volta su cinque contro il claudicante Bari. Per il resto, con questo sono due pareggi che vanno ad aggiungersi alle due sconfitte. Ruolino di marcia non all’altezza delle sue ambizioni, sarà poi il prossimo futuro a dire se ciò sia ascrivibile al fato o al demerito.
Uguali e contrastanti sentimenti accompagnano i tifosi del Cavalluccio che guadagnano la via di casa: partiti dichiaratamente per salvarsi, i romagnoli con i loro sette punti sono a ridosso delle prime posizioni. Ampiamente rivedibile la difesa, in difficoltà la mediana ancor più dopo l’uscita di scena di Berti: sono lecite difficoltà di una neopromossa che deve sgomitare per il suo obiettivo finale o campanelli d’allarme di lacune che ne possono compromettere i sogni? Sarà il tempo a dirlo, anche se al netto di tutto, preservare questa volontà di fare a sportellate con le difficoltà è l’unico modo per averne ragione.