Cosa è diventato il giornalismo in generale, specie quello relativo al calcio? Sensazionalismo, rincorsa allo scoop, acchiappa-like e follower, ricerca allo scandalo. Poco importa se si parla di voci, interessamenti, soffiate di mercato: l’importante è diffondere. Ancora più facilmente oggi, grazie alla diffusione capillare di internet. Un’attività in cui molti di noi, francamente, faticano ormai a districarsi.
Calcio e giornalismo, il confine con la realtà
Dov’è andato a finire il senso dell’approfondimento, della cultura, del trapassare sapere e informazione? Lo stesso senso della professione arriva dalla definizione fornita dal dizionario de La Repubblica: “Chi, per professione, raccoglie, elabora, commenta notizie allo scopo di comunicarle attraverso agenzie di stampa, giornali, radio, televisione e simili“. Già, elaborare e comunicare. Elaborare tramite estenuanti ricerche, consultazione. Comunicare, un termine che nella frenetica esistenza quotidiana sembra quasi desueto, un articolo da antiquariato da accantonare in soffitta. Un semplice click e si diffonde il “sapere”, un copia e incolla che distrugge l’essenza stessa dell’arte del giornalismo. Volta tristemente alla sola vendita.
Tanti potrebbero essere gli esempi di questa pratica ormai cliché. Prendiamone in esamina uno recente. Lo sfortunato Alex Meret deve abbandonare il ritiro della Nazionale a causa di un infortunio. I titoli del giorno dopo sembrano già apocalittici. “Fuori per 2-3 mesi, emergenza Napoli, Spalletti in alto mare“. Bene. Oggi in radio interviene Domenico Falco, responsabile di Ortopedia e Traumatologia, che ha visitato l’estremo difensore. “Si tratta di una frattura che non lascia postumi e non c’è da spaventarsi. Le fratture guariranno in quattro settimane, poi ne vorranno un paio e per rivederlo in porta ci vorranno 40-45 giorni“. Un responso medico che appare molto più benevolo. Cosa ne traiamo? C’è bisogno di approfondire, studiare, riflettere. Senza passare in rassegna quel che passa il convento, poiché in fin dei conti tutelati dalla libertà di stampa e di pensiero. Di mezzo, però, c’è anche la libertà di avere la giusta informazione. Perché il sapere rende liberi, affermava Socrate.
Una professione da ritrovare
Si discute allora di settore in crisi, di mancanza di fondi, di pochi lettori. Invece di lamentarsi e piangere lacrime di coccodrillo, non sarebbe opportuno ripensare all’etica professionale, del perché i lettori stiano mostrando sfiducia e avversione verso la stampa? Manca il senso dell’aggiornamento, la ricerca del vero, tanto nel giornalismo generalizzato, quanto in quello del pallone. C’è bisogno di tornare a rimboccarsi le maniche, sporcarsi, farsi qualche nemico, pur di raccontare i fatti come stanno. Nudi e crudi.
Lo stesso Mario Sconcerti (sì, colui del “Messi alla Juve farebbe panchina“), talvolta criticato, spesso anche ingiustamente, ha tirato in ballo la questione, riportando un uso improprio di una frase di Giorgio Chiellini. “Perché nessuno ha sentito Chiellini o chi gli sta intorno? Scaviamo, alziamo il culo“. I lettori perdoneranno il francesismo, ma siamo convinti che anche un uso di termini non proprio raffinati possa servire a catturare l’attenzione. Su, siate sinceri: non lo avete pensato mai anche voi? Non osservate spesso con occhio critico questa realtà? Ne siamo ben consci anche noi, di questa saturazione. Siamo consapevoli e proprio per questo intendiamo rimarcarlo. È l’obiettivo non dichiarato del Calcio Quotidiano: preferire la qualità alla quantità. E la verità, le basi su cui si cementa la professione.