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Palanca

Per ogni buon marinaio che si rispetti, il vento è un fattore fondamentale, nel bene o nel male. Bisogna conoscerlo. Bisogna saperlo calcolare, al fine di poter trarre il massimo vantaggio dalla sua forza. Oltre che per evitare, ovviamente, problemi durante la navigazione. Il vento è un compagno di viaggio fedele, da rispettare, da assecondare e da domare, a seconda dei casi.

Agli inizi del 1979 le radio italiane diffondevano le note di una celebre canzone, che parlava proprio degli uomini di mare. Musica e parole di Francesco De Gregori e Lucio Dalla, il titolo del brano era “Ma come fanno i marinai”. In quel periodo, e precisamente il 4 marzo di quello stesso anno, saliva, agli onori della cronaca sportiva, un altro personaggio, che di vento se ne intendeva parecchio.

Si chiama Massimo Palanca, di ruolo fa l’attaccante del Catanzaro e quel giorno, in uno Stadio Olimpico stracolmo, trascinerà la propria squadra alla vittoria contro la Roma, segnando ben tre gol, di cui uno direttamente da calcio d’angolo. “Mi allenavo tanto, calcolando anche il vento. A Catanzaro a volte soffiava così forte che la palla scappava. Dalla bandierina si vincono le partite, col piede giusto”, avrà modo di raccontare qualche anno più tardi, nel corso di un’intervista rilasciata al sito di Gianluca Di Marzio.

Cresciuto nelle Marche (è nato a Loreto, nel 1953), Palanca non era certamente nuovo a queste prodezze. In carriera, infatti, ne ha segnati ben 13 direttamente dalla bandierina. Tutti con il piede sinistro. Diventando l’assoluto specialista di questa particolare abilità balistica. “Oggi li tirano al contrario, col piede invertito, ad uscire. Occasioni sprecate. Io chiedevo ai miei portieri cosa li metteva più in difficoltà. E dicevano sempre la stessa cosa: le traiettorie a rientrare”, continuerà a raccontare l’ex attaccante giallorosso.

Ed in quegli anni, ed in quelli a venire, moltissimi ragazzi amanti del calcio hanno, ovviamente, provato ad imitarlo. Sia che si giocasse sui polverosi campetti di periferia o in un prato regolamentare di tutto rispetto, o magari in un parcheggio, tra le macchine posteggiate, o sulla spiaggia, specialmente durante l’estate, tutti, almeno una volta, abbiamo provato a fare un “gol alla Palanca”. Molto spesso con risultati piuttosto deludenti.

“Era fondamentale avere qualcuno che si piazzasse davanti al portiere, per impedirgli di vedere partire il pallone”, ha anche avuto modo di spiegare nel corso di una puntata speciale di “Sfide”, andata in onda sui canali Rai nell’aprile del 2004. Evidenziando, quindi, anche il ruolo ricoperto dall’allora suo compagno di squadra, in occasione, proprio, di quel famoso gol contro la Roma. Che, ironia della sorte, rispondeva al nome di Claudio Ranieri: lui, che in quella stessa Roma ci era cresciuto e ci tornerà qualche anno più tardi da allenatore. Mentre sulla panchina del Catanzaro c’era seduto un altro “romano de Roma” come Carlo Mazzone.

Figlio del custode dello stadio di Porto Recanati, Palanca ci nasce, sostanzialmente, con il pallone tra i piedi. Calcisticamente cresce nella squadra di quelle zone, la Recanatese, per poi approdare prima al Camerino e, successivamente, al Frosinone, in Serie C. Dove si fa notare per i moltissimi gol segnati (vincerà la classifica cannonieri del girone C nella stagione 73/74). Al termine di quel campionato tutto sembrerebbe far presupporre per un suo trasferimento alla Reggina, ma il suo futuro, in realtà, è diretto, si, in Calabria, ma  non nella formazione amaranto, bensì al Catanzaro, in Serie B. E nella società giallorossa trascorrerà gran parte della sua carriera (11 anni), legandosi indissolubilmente a quei colori e diventando una vera e propria bandiera della squadra calabrese.

137 gol segnati con la maglia del Catanzaro, dalla Serie C fino alla Serie A. Ed in entrambe le storiche promozioni nella massima serie della squadra, “Massimè” (come lo chiamavano a gran voce i tifosi giallorossi) risulta essere, indubbiamente, il trascinatore della squadra, con le sue reti (11 nella stagione 1975/76 e 18 nel 1977/1978, quando si laurea capocannoniere della serie cadetta). Nella stagione 1980/1981, la migliore della storia per il Catanzaro che arrivò settimo in Serie A, segnò 13 reti, secondo solo a Pruzzo nella classifica marcatori. Mentre l’anno prima ottenne il titolo di capocannoniere della Coppa Italia 1978/1979, trascinando il Catanzaro fino alle semifinali. In quello stesso periodo giocò anche la sua prima ed unica partita con la maglia dell’Italia, il 19 dicembre del 1979, a Genova nella Nazionale di Enzo Bearzot, contro la Germania Ovest. In totale, alla fine, saranno 39 le reti nella massima serie, 37 in giallorosso più le 2 nella sua breve esperienza con il Napoli.

Quella con la squadra partenopea, purtroppo è una parentesi (forse l’unica) non felicissima per il calciatore marchigiano, che in Campania non riesce a ripetere i numeri impressionanti ottenuti con la squadra giallorossa. Dopo essere transitato al Como ed al Foligno, ecco dunque il ritorno di Palanca in quel di Catanzaro (nel 1986), dove contribuisce al ritorno della squadra in Serie B, dalla C1. In giallorosso ci resterà per ulteriori 4 anni, sfiorando la terza promozione in Serie A e dando il definitivo addio al calcio giocato nel 1990.

Dopo 20 anni di carriera e 13 gol segnati direttamente dalla bandierina.

Un record tutt’ora mai eguagliato da nessuno.

Di Daniele Caroleo

Giornalista pubblicista. Direttore Responsabile de "Il Calcio Quotidiano"