La storia di Denis Bergamini è difficile da raccontare; fatta di depistaggi, indagini condotte alla bene e meglio e una verità lontana dall’essere svelata.
Siamo nel 1989, Donato Bergamini (per tutti Denis) è il fiore all’occhiello della formazione del Cosenza che – in quella stagione – lotta per raggiungere la promozione in Serie A. Denis, in realtà nella massima serie ci sarebbe arrivato lo stesso, con o senza il Cosenza. Su di lui, centrocampista indubbiamente talentuoso, c’era già l’interessamento di diversi club di A, tra cui il Parma.
Una destinazione che sicuramente avrebbe preso in considerazione, se non altro per tornare vicino alla sua famiglia (originaria di Argenta, nell’emiliano).
I suoi compagni di squadra lo descrivono come un ragazzo solare, grande professionista. Sempre il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo a lasciare il campo. Conduce una vita normale, come quella che condurrebbe un qualsiasi ragazzo della sua età. Le sue giornate sono scandite dagli allenamenti, le partite e i ritiri con i compagni.

Il 18 novembre del 1989 Denis si trova in ritiro con la squadra, alla vigilia di una partita fra le più importanti del campionato; quella con i rivali del Messina. Come era consuetudine fare, insieme ai compagni di squadra, si reca al cinema ma – durante la proiezione del film – viene raggiunto da due persone (che non saranno mai identificate) e lascia la sala, tra gli sguardi increduli di chi era con lui. Come dichiarerà Michele Padovano (suo compagno di stanza) in una successiva intervista, quella fu l’ultima volta che videro Denis in vita.
All’imbrunire del 18 novembre del 1989, il corpo di Denis viene rinvenuto sulla statale ionica 106, nei pressi di Roseto Capo Spulico. Causa della morte? Suicidio. Secondo la testimonianza dell’allora ex fidanzata di Bergamini, Isabella Internò, Denis si sarebbe buttato sotto un camion in corsa che non avrebbe potuto far nulla per evitarlo.
Dai primi esami sul cadavere di Denis, emergono, però, scenari non compatibili con la tesi del suicidio; nella ricostruzione della Internò, si parla di un trascinamento del corpo per circa 60 metri ma già da una prima analisi fotografica e dall’orologio indossato al momento dell’incidente, risulta essere un racconto privo di fondamento. Sotto la suola delle scarpe, nessuna traccia di fango (nonostante piovesse e l’area fosse allagata e piena di pozzanghere) ma – soprattutto – l’orologio è stato restituito alla famiglia senza alcun segno di usura e perfettamente funzionante.
La testimone chiave è Isabella Internò, ex fidanzata di Bergamini. La loro storia inizia nel 1986 e termina nel 1988 in maniera turbolenta e misteriosa, tra una gravidanza e un presunto aborto praticato in una clinica privata londinese. Isabella racconta che Denis si è suicidato perché incapace di superare la fine della loro relazione.
In un secondo momento, per giustificare la sua presenza sul luogo del delitto, dirà che fu Bergamini a chiamarla per chiederle di fuggire con lui; voleva raggiungere la Grecia, passando per Taranto. Alla stranezza dell’ipotesi di voler fuggire senza alcun bagaglio nè contanti, si aggiunge quella della presenza della stessa Internò; Denis, infatti, aveva da qualche tempo una nuova relazione con una ragazza che, in seguito alla sua morte, dichiarerà di aver percepito un forte senso di paura e agitazione nel periodo subito precedente la morte.
Un’ipotesi inaccettabile, sia per i famigliari che per i compagni di squadra di Bergamini che parlano invece di una serie di strane telefonate ricevute da Denis nei giorni subito precedenti la scomparsa.
Il primo processo viene celebrato con la sola accusa di omicidio colposo nei confronti dell’autista del camion che si conclude con l’assoluzione.
Da lì, il silenzio. Nonostante una prima perizia sul corpo di Denis che evidenzia – da subito – delle incongruenze tra la causa della morte dichiarata, e le tracce rinvenute su quello che resta del corpo di Bergamini.
Nel 2017, per volontà del pm Facciolla, il corpo di Denis viene riesumato e viene effettuata una seconda autopsia che dissipa ogni dubbio: la morte è avvenuta per soffocamento e – di conseguenza – Bergamini era già morto quando è stato collocato sotto il camion. Isabella Internò viene iscritta ufficialmente nel registro degli indagati – insieme all’autista del camion – per omicidio volontario, mentre il marito (poliziotto) viene indagato per favoreggiamento. Il caso viene ufficialmente riaperto ma la verità sembra essere ancora lontana.
Il procuratore capo Eugenio Facciolla viene trasferito provvisoriamente, passando il fascicolo nelle mani del sostituto procuratore Luca Primicerio. Il 22 novembre, in risposta alle dichiarazioni di Donata Bergamini a SkySport, il procuratore f.f. Simona Manera risponde tramite un articolo, affermando che la giustizia non è ferma e che i tempi di risoluzione del caso sono brevi.
C’è chi ha parlato di delitto d’onore, proprio per quella gravidanza mai portata a termine che – per la Calabria di fine anni 80 è un affronto che non può restare impunito – chi azzarda l’ipotesi del calcioscommesse; il totonero, al quale Bergamini non si sarebbe voluto piegare e, di conseguenza, sarebbe stato messo a tacere.
Tra prove insabbiate, verità nascoste e fatti mai del tutto chiariti, a 31 anni di distanza c’è ancora un ragazzo che merita giustizia. Una vita spezzata a 27 anni, un padre che se n’è andato senza aver mai avuto le risposte che meritava sulla morte di suo figlio, una famiglia, una squadra e una città che ancora aspetta giustizia. Quella stessa giustizia che, da oltre trent’anni, sembra non riuscire a fare il suo corso.
A portare avanti la battaglia per ottenere la verità e la giustizia che Denis merita, c’è da sempre sua sorella Donata che attraverso il sito www.denisbergamini.it, il gruppo Facebook e l’associazione “Verità per Denis”, continua a raccogliere e diffondere materiale utile affinché la triste vicenda dell’omicidio di suo fratello non passi sotto silenzio, perché se ne continui a parlare, nella speranza che questo serva a smuovere la coscienza di chi sa ma non vuole parlare.