Massimo Troisi (1994); Pino Daniele (2015) e poi Luciano De Crescenzo (2019). È questa la pandemia di Napoli. Una città che paga un tributo pesantissimo all’altare della genialità. Non ricordiamo nessuna altra città che ha visto svanire nel nulla personaggi di cotanta statura. Così variegati nella loro universalità, così vicini nella loro unicità. Napoli ha prodotto tanto per trovarsi niente. La comicità di Massimo, originale ed esplosiva per quei tempi. Le gags sulla religione, in una chiesa immaginaria con un semplice foulard in testa ad interpretare la Madonna. Senza essere mai blasfemo o dissacrante. Il blues di Pino, inventore del neapolitan sound. Dal quartiere Stella a suonare con i più grandi. Da Clapton a Pat Metheny, da Wayne Shorter a Chick Corea. La cultura di De Crescenzo. Unico ad insegnare filosofia rendendola semplice e divertente anche per studenti delle medie. Tutto in cenere, racchiuso nella sbiadita urna di youtube. Crediamo di non dimenticare nessuno, perché non abbiamo ritenuto necessario approfondire la notizia del decesso di Diego Armando Maradona. La più grande fake news del secolo. Diego si è solo allontanato, e per giunta momentaneamente, in attesa che ritorni ciò che gli interessa veramente: il tifo che riempie gli stadi. Ora El Pibe ha voluto prendere questa decisione e noi non possiamo cambiare il destino delle cose. Soprattutto per chi, della e nella propria vita, ha fatto ciò che ha voluto. Sempre. Ora Maradona gioca in uno stadio dove non è obbligatoria la mascherina. Un tifo equilibrato non volgare, senza violenza, pacato, ma sempre tifo. È stata per lui una sofferenza vedere spalti desolatamente vuoti, non ha resistito ed è andato via. Ma sempre momentaneamente. Chi credeva di leggere altro sull’assenza del 10, chi credeva che bastasse un aggettivo o un sostantivo ha sbagliato portale. Consigliamo altri siti di sport, dove si decanta, stucchevolmente, la magnificenza di uno che poi in fondo ha soltanto giocato a pallone. Divertendosi oltretutto. Se pensate ad un riassunto dei gol più belli, a quanto era bravo nel dribbling, la camicia da buttare di Galeazzi, suggeriamo le teche Rai. Non è con la miriade di frasi consumate, tutte allineate, tutte uguali che si racconta un mito. Lo sappiamo che ora Napoli è tutta un mortaretto, che trasuda lacrime dai murales, il caldo opprimente di migliaia di lumini. Ma Diego questo non l’avrebbe voluto. Diego era la gente normale con la maglia azzurra e tutti avevano la maglia azzurra. Poi però la domenica il mister sceglieva lui da mandare in campo anche se in campo andavano tutti. Tutti sentivano l’odore dell’erba e l’afrore del sudore, l’unico particolare era che sul terreno era lui a combattere per tutti. Del resto a calcio si gioca solo in 11. Ma sarebbe offensivo e riduttivo omaggiare Maradona soltanto per la tecnica calcistica. Il gol del secolo. Un mito non si costruisce con tali banalità. Anche Messi, Ronaldo, Neymar, Aguero non sono da buttare. La differenza sta nella statura (eh caro Diego, qui stiamo messi maluccio!). Facile ora riempire le urne di lacrime e miele. Maradona è stato un personaggio scomodo, quasi politico. Un uomo che è sempre stato dalla parte del popolo. Non lo abbiamo mai visto apparentato o condividere il piatto con i potenti del calcio. Nella rivoluzione messicana sarebbe stato certamente Zapata. Vi facciamo riflettere. Quale campione avrebbe scelto Napoli? Napoli a quei tempi (1984) era il nulla calcistico. Ancora aperte le ferite post-terremoto. Lui veniva dal Barcellona poteva avere tutto. Scelse Napoli, la sua nuova Argentina. Prese sulle sue spalle un club senza ranking Uefa per portarlo, caracollando, alla gloria del mondo. Ancora oggi, ovunque si riveli la propria origine, la risposta è sempre la stessa: “Oh Napoli? Maradona!!!” Trovatene uno uguale. Ha sfidato lo star-system, ha sfidato la Fifa. Ha sfidato se stesso, quando nella prima trasferta a Verona si rese conto di dover giocare non solo a calcio, ma anche per altro. E la gente ha amato quelle giocate, come ha amato Sivori, Careca, Giordano, Savoldi, Juliano, Cavani. Ma si è stretta anima e corpo a quello zingaro senzatetto. Uno che sarebbe potuto nascere nei Quartieri, senza che nessuno se ne accorgesse. Per dirla con le parole di Domenico Rea (scrittore e giornalista, un altro grande napoletano scomparso) “Maradona è l’idolo dei ragazzi napoletani perché è stato povero come la maggior parte di loro. La faccia di Maradona la definirei un pianeta, il pianeta della miseria”. Ma su quella faccia i napoletani hanno giocato il loro riscatto. Sanno che il loro Diego non li ha mai abbandonati per accasarsi in qualche porto sicuro. Ed allora ritorniamo, come per magia, a quel 5 luglio del 1984, quando fu presentato allo stadio San Paolo. Ottantamila curiosi lasciarono casa e lavoro per vedere un ragazzo bassissimo blaterare qualche parola di spagnol-ital-napoletano, palleggiare pochi secondi calciando al cielo un pallone che non era nemmeno quello vero. Un gesto infantile, un tic toc breve ed ingenuo. Se lo facessimo noi, in cortile, il portiere ci rincorrerebbe con la scopa. Ma tanto bastò a far impazzire un popolo. Proprio come ora Diego, che stai facendo impazzire me.
Ti chiamo e tu non rispondi.