“Il Divin Codino” celebra l’uomo oltre il mito, con un film che segue la carriera calcistica di Roberto Baggio. Partendo dagli esordi nelle fila del Lanerossi Vicenza e passando dal controverso calcio di rigore della Finale di Coppa del Mondo 1994 tra Italia-Brasile, il film ripercorre la vita di Baggio, dal suo difficile debutto come professionista fino all’addio ai campi di gioco. Una carriera lunga 22 anni che, attraverso gli infortuni, il rapporto di amore-odio con i suoi tifosi, le incomprensioni con alcuni dei suoi allenatori e il rapporto con la sua famiglia, racconta i grandi successi sul campo di un calciatore fenomenale.
Roberto Baggio è senza ombra di dubbio uno dei migliori giocatori della storia del calcio. C’è chi non vuole ammetterlo ma, almeno per me, è così. Le emozioni che ci ha fatto vivere, i pianti che ci ha fatto fare, non li dimenticheremo mai. Il Divin Codino racconta la carriera calcistica di Roberto dagli esordi fino alla sua fine. Il film si sofferma principalmente più sull’uomo che sul giocatore, mettendo in risalto le gioie, le delusioni e soprattutto le emozioni del campione vicentino. Parliamo dunque, passo passo, di questa pellicola diretta da Letizia Lamartire
La storia ha qualche problema. A livello di sceneggiatura il risultato è buono: le emozioni vengono sviluppate bene e i dialoghi sono comunque ben scritti. Il problema più grande del film sta nell’ordine degli eventi e nel soggetto. Come detto in precedenza, Il Divin Codino gioca molto più con la vita personale e privata di Roberto Baggio: la carriera calcistica, purtroppo, è stata tagliata esageratamente. Quando si vuole creare un biopic bisogna come prima cosa pensare su cosa vogliamo focalizzarci di più. Se sul personaggio ed i suoi aspetti psicologici o sulla sua carriera. Ovviamente le due cose insieme si possono fare benissimo senza alcun problema. Con una sceneggiatura ed un soggetto bello solido si arriva alla fine a creare un buon prodotto. Il nostro film punta a plasmare sintonia tra lo spettatore ed il protagonista mettendo a nudo le sue emozioni ed i suoi pensieri.
Per quale ragione allora poteva essere scritto in modo migliore? Per parlare della sua carriera e della sua vita personale in modo più concreto per prima cosa si poteva far durare di più. I film si fanno perché si vogliono fare, perché c’è qualcosa da raccontare. Questo purtroppo dura troppo poco e quindi in fase di scrittura vengono effettuati grandi salti temporali. Più minutaggio significa più idee, più prodotto e più sostanza. Mettendo in risalto solo l’aspetto personale, la carriera viene, di fatto, tralasciata ed il film continua soffermandosi solo su alcuni punti della sua storia, non strutturando ed approfondendo altri aspetti molto considerevoli (come il Pallone d’Oro). Viene raccontato molto poco della grande carriera di Roberto, che meritava certamente di più. Ad un certo punto del film, con i notevoli salti temporali, ci si perde un po’. Questi lunghi periodi di tempo che vanno di sei anni in sei anni non sono una grande cosa. Proprio per questo il film doveva avere più minutaggio.
Registicamente parlando, almeno secondo me, Letizia Lamartire ha fatto però un buon lavoro. Forse troppo standard e televisivo in certi punti, ma ci sono molte scene con inquadrature davvero ben fatte. Le fasi dove Roberto Baggio gioca potevano, magari, essere fatte un filino meglio, ma sono comunque realizzate in un film dove, come detto, conta più l’uomo che il giocatore.
Una cosa che non ho personalmente apprezzato in alcun modo è stata la pubblicità inserita all’interno della pellicola. Netflix, tra l’altro, ci avverte fin dall’inizio di questo product placement, ma tale inserimento appare del tutto fuori luogo, forzato e, per certi versi, anche poco coerente. Ritengo, personalmente, che sarebbe stato meglio strutturare il tutto in maniera molto diversa.
Degna di nota è, invece, l’inserimento della telecronaca del grande Bruno Pizzul, che si può riascoltare anche su Spotify, semplicemente cliccando su questo link.
In conclusione, almeno per quanto mi riguarda, il film non rappresenta al 100% la vita di Roberto Baggio. Tralascia troppo, perché il tempo è poco. Un’ora e mezza è nulla, per un film ed una storia del genere. Sono convinto che i Baggiofili non ne saranno affatto soddisfatti, ma è anche vero che in giro c’è anche di molto peggio. Questa resta comunque una grande idea, forse, purtroppo, scritta e registrata troppo in fretta pensando. Come detto, soprattutto questo genere di pellicole andrebbero strutturati meglio, inserendo molti più dettagli dal punto di vista narrativo. E’ un film comunque da vedere, sopratutto se siete grandi amanti del calcio.
a cura di Francesco Rosati