L’avvio di stagione per il Torino, certo, non è stato dei migliori. Sconfitta contro l’Atalanta all’ultimo minuto a causa del gol di Piccoli e zero punti anche contro la Fiorentina di Italiano, altro allenatore che ha stravolto la squadra ereditata.
Tutti risultati, questi, ottenuti prima del 31 agosto. Poi gli ultimi giorni di mercato hanno dato a Juric una mano a perfezionare la squadra con l’arrivo di Brekalo, Praet o il giovane Zima e portare avanti un progetto in cui i Granata si sono buttati a capofitto. Da quel momento in poi, il Toro, è già cresciuto tanto portando a casa due vittorie e due pareggi (di cui uno contro la Lazio), perdendo poi il derby della Mole.
Un andamento positivo e non solo dal punto di vista dei risultati ma, in primis, per quanto visto in campo.
La scorsa stagione (e più in generale negli ultimi anni) i Granata sembravano quasi non essere più una squadra: in continua lotta per non retrocedere, risultati sempre altalenanti e prestazioni davvero convincenti che si contavano sulle dita di una mano.
L’arrivo di Juric ha stravolto tutto.
In primo luogo, è riuscito a ridare un’anima ad una squadra che sembrava averla persa. A riportare entusiasmo in una tifoseria ormai sfiduciata. A rendere quantomeno onore ad una piazza storica che non meritava di certo la situazione in cui versava.
Sotto il versante del gioco, poi, ci sono finalmente idee ben chiare. Il tecnico croato (che si ispira a Gian Piero Gasperini, di cui è stato sia giocatore che allenatore in seconda) parte da una base di difesa a tre, un centrocampo a quattro e nel terzo offensivo le soluzioni possono essere varie, con uno o due trequartisti dietro rispettivamente o al centravanti o alle due punte.
La costruzione si prova sempre ad ottenerla dal basso, grazie alla bravura con i piedi di Milinkovic-Savic, inizialmente criticato ma che ora si sta piano piano affermando. Quando questo non è possibile spetta a Bremer (uno dei migliori della scorsa stagione) verticalizzare per le punte.
Ad essere fondamentale, però, è il ruolo degli esterni. Singo, da un lato, e Ansaldi o Aina, dall’altro, sono chiamati a fare un enorme lavoro di sacrificio in entrambe le fasi per tutti i novanta minuti, sia con che senza palla. Per poi farsi trovare pronti ogni volta che si ruba il possesso nella metà campo avversaria, grazie al pressing molto offensivo.
Quella di Juric a Torino è stata una vera e propria rivoluzione sotto ogni punto di vista. Stupisce che una squadra alla deriva abbia già trovato compattezza e organizzazione in così poco tempo, ma soprattutto che abbia una mentalità così “aggressiva”.
Mancava qualità, come ha anche detto lo stesso allenatore prima del match contro il Sassuolo, ma ciò che di più importante i Granata hanno ritrovato è senza ombra di dubbio un’identità ben chiara e definita, il tutto senza ancora poter disporre del proprio Capitano: il Gallo Bellotti.
La tifoseria finalmente ha una squadra che merita, che suda la domenica e permette di credere in una stagione redditizia. L’allenatore, allo stesso modo, è già talmente amato da dedicargli cori allo stadio, nonostante lui lo consideri prematuro. Per non parlare poi dell’aneddoto dell’autista dell’autobus che ha fermato il mezzo per le strade di Torino esclusivamente per riempire Juric di elogi.
Adesso, con un progetto finalmente vero e credibile come quello attuale, formato sia da giovani che da esperti, dettami tattici precisi e quella grinta che la piazza merita, il Torino può permettersi, dopo anni, di iniziare a costruire un qualcosa di duraturo e longevo. Soprattutto quest’anno, dove in Serie A si prevede un grande distacco tra la parte sinistra e la destra della classifica, il Toro può e deve rientrare nella prima.
E chi lo sa, magari scomodando anche una delle sette big da un posto in Conference League. In fondo anche tre anni fa i Granata erano riusciti nell’impresa con l’allora qualificazioni in Europa League.
Certo è che, per quanto difficile, se si continuerà a seguire la strada tracciata, sognare si può.