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Storia di un pallone che riuscì a toccare le stelle

spazio

Era il 28 gennaio 1986. Uno dei giorni più buii della storia americana spaziale. Alle ore 11:39 EST, lo Space Shuttle Challenger, che avrebbe dovuto portare nello spazio Michael John Smith, Dick Scobee, Ronald McNair, Ellison Onizuka, Christa McAuliffe, Gregory Jarvis e Judith Resnik, fu distrutto dopo 73 secondi di volo a causa di una guarnizione (O-ring) che aveva perso la sua elasticità.

L’astronauta Ellison Onizuka portava con sé, nella sua dotazione personale, un pallone da calcio. Le era stato dato da sua figlia, calciatrice nella squadra della Clear Lake High School, vicino al centro spaziale di Houston, dove vivono le famiglie degli astronauti, che, fiera e contenta del padre, voleva portasse con sé quel pallone nella speranza diventasse spaziale.  Ed il padre decise di accontentarla, magari per far diventare quell’oggetto tanto amato qualcosa di ancora più prezioso e speciale.

Ma le cose, purtroppo, andarono diversamente. Il pallone non andò in orbita e non poté vedere i campi di calcio più belli del mondo, direttamente dallo spazio.

La storia, però, non è finita qui…

La palla, infatti, durante il disintegramento dello Shuttle, non esplose. Rimase intatta e ancora utilizzabile. Forse la tenacia, l’orgoglio e l’onore di Onizuka avevano come benedetto quella sfera che cadde, integra, nell’Oceano Atlantico, insieme ai detriti dello shuttle e, dopo essere stato recuperata, tornò dunque nella scuola della figlia di Onizuka, per essere custodita gelosamente.

Trent’anni dopo, Shane Kimbrough, un astronauta americano, si accingeva a partire per una missione spaziale ed essendo venuto a conoscenza della particolare storia di quel pallone che non era mai riuscito a raggiungere lo spazio, dato che suo figlio militava proprio nella Clear Lake High School, decise di farsela affidare, per portarla con sé in missione a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Questa volta andò tutto bene e la palla, quindi, dopo tanti anni, raggiunse finalmente lo spazio.

Proprio come avrebbero voluto Ellison Onizuka e sua figlia.

Una storia “calcistica” a lieto fine, che evidenzia anche il coraggio e la perseveranza dell’uomo, sempre alla ricerca di nuovi orizzonti da esplorare e scoprire. E quella palla che fluttua davanti alla cupola della ISS è diventata un simbolo per tutto questo.

a cura di Francesco Rosati

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