Quali sono gli avvenimenti storici che nel corso del tempo hanno segnato maggiormente il mondo, facendo pensare a un prima e un dopo? A memoria di chi scrive, parlando esclusivamente di vissuto, possiamo elencarne due. Il primo è sicuramente l’attentato alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001. Quel giorno ha rappresentato un netto spartiacque tra quello che era e quello che sarebbe stato poi. Il secondo, ben più recente e ancora in corso, è quello legato alla pandemia da Covid-19.
Sono passati ormai circa due anni dai primi casi cinesi e successivamente da quelli europei, con la nostra Nazione che ha visto in prima persona la nascita della pandemia. Da quei giorni il mondo è nuovamente cambiato. Una sorta di reset e di nuove abitudini alle quali in molti ancora fanno fatica ad adattarsi.
Anche il palcoscenico sportivo non è stato esente dai cambiamenti. Senza fare l’ennesimo storyboard a riguardo, ad oggi ci troviamo in una situazione in cui il Covid continua a far paura ma sicuramente meno rispetto all’inizio. Un inizio di endemizzazione del virus al quale siamo arrivati grazie, soprattutto, alle energie messe in atto dalla scienza di tutto il mondo, in grado di creare dei vaccini in tempi record, come mai successo prima per nessuna malattia.
Se in alcune parti della terra si piange per la scarsità dei vaccini, in altri luoghi del mondo, ben più fortunati, vengono messe in atto manifestazioni no-vax e si dà voce a personaggi che anziché contribuire alla causa, fanno di tutto per remare contro. Un po’ la metafora di sempre: quando c’è benessere qualcuno cercherà sempre di trovare il modo per opporsi alla soluzione dei problemi. Chissà perché la voce fuori dal coro arriva sempre da quei paesi che di problemi non ne hanno poi così tanti…
Ma torniamo al mondo dello sport. La notizia degli ultimi giorni è senza dubbio quella sulla presenza di Novak Djokovic agli Australian Open. Anche qui, evitiamo di ripercorrere tutte le vicende del tennista serbo di cui si è ampiamente parlato in questi giorni. Quello che ci interessa è che il fattore Covid ha per l’ennesima volta inciso nel palcoscenico sportivo. Inciso e diviso, per l’esattezza. Perché se in tanti hanno condannato l’atteggiamento del campione di tennis, criticando la sua scelta di non vaccinarsi, tanti altri hanno preso le sue difese, eleggendolo simbolo della nutrita schiera no-vax.
Anche nel calcio, in cui ormai l’obbligatorietà al Green-Pass è realtà, in molti, spesso in forma anonima, si sono dichiarati contro l’obbligo vaccinale. A breve le misure verranno ufficializzate per tutti e staremo a vedere quanti rinunceranno a scendere in campo pur di non adempire alle regole.
C’è però qualcosa che va a scontrarsi con le aspettative della campagna vaccinale. All’inizio, si diceva che con il vaccino tutti avremmo potuto ricominciare a svolgere la vita normale. Senza più chiusure o limitazioni. Il crescere della variante Omicron, invece, ha gettato nuove insicurezze nel Governo che ha stabilito nuovi limiti nella vita di tutti i giorni. È il caso, ad esempio, delle nuove capienze ridotte negli stadi. Si è passati prima al 50% della capienza e successivamente si è stabilito il limite di 5 mila spettatori a prescindere dall’impianto. Ecco così che a risentirne sono soprattutto i grandi stadi, come l’Olimpico di Roma o il Meazza di Milano.
Con la variante Omicron, inoltre, le squadre sono tornate ad essere decimate dai contagi, causando nuovamente polemiche tra partite da disputare o non e sul regolare svolgimento del campionato. Proprio su questo argomento sono esemplificative le parole del tecnico della Lazio Maurizio Sarri: “Qua ci devono far capire se questa è una malattia pericolosa o no. Se è pericolosa bisogna limitare tutto, non solo il calcio. Se è un’influenza allora non hanno senso tutte queste restrizioni”.
Ed è proprio questo il punto. Con Omicron ci stiamo avviando verso un’endemizzazione del virus. Ad oggi una persona vaccinata che contrae il virus, difficilmente ha gravi conseguenze. Chi invece è maggiormente a rischio è ancora tutta quella fetta di popolazione che per diversi motivi ha preferito non accettare il vaccino. Ma allora hanno senso tutte queste restrizioni? Se io, vaccinato, contraggo il virus e lo trasmetto a un altro vaccinato, entrambi dovremmo, in linea di massima, cavarcela come in una qualsiasi, a volte brutta, influenza. Il problema si pone se invece io vado a contagiare una persona non protetta dal virus. Quella stessa persona che ha scelto, coscientemente, di non vaccinarsi e quindi di accettare i rischi di un’eventuale infezione.
È giusto, dunque, continuare a vivere sotto tante limitazioni? La pazienza delle persone ha un limite e probabilmente questo sta per essere oltrepassato.