“Testa alta e giocare a calcio“. Questo il monito di Marco Giampaolo alla presentazione dell’estate del 2019, successore di Gennaro Gattuso al Milan. Parole che fecero da contraltare all’allora neoallenatore nerazzurro Antonio Conte, “Testa bassa e pedalare“. Poi ricordiamo tutti com’è finita: derby perso, confusione in campo e l’avvento in panca di Stefano Pioli.
L’estate passata la nuova chance sulla panchina del Torino, una società in cerca di rilancio in seguito ad una stagione vissuta sul baratro della retrocessione. Arrivano diversi giocatori che conoscono bene il tecnico pescarese: Murru, Ricardo Rodriguez, Linetty. Con un mantra indissolubile: il trequartista. Inizia il campionato con tante difficoltà, si alternano tutti nel ruolo sulla trequarti senza che nessuno riesca a convincere. Giampaolo, disperato, rinuncia al suo credo e adatta nuovamente il 3-5-2 di mazzarriana memoria. Alla diciottesima giornata, penultima posizione e 13 miseri punti.
Giampaolo, i numeri (e non solo) della crisi
I numeri sono impietosi: 2 vittorie risicate, 7 pareggi e ben 12 sconfitte. Le cifre, però, parlano fino a un certo punto. Il resto delle parole è fornito dalle prestazioni in campo. Tante le situazioni paradossali: come ammesso dallo stesso Giampaolo in conferenza, ci si è adattati alla quantità del suo centrocampo. Mettendo da parte la qualità, “Non siamo una squadra di palleggiatori“. Rincon che corre ad impostare il gioco è un emblematico episodio della questione. Eppure, nonostante la mancanza di piedi educati, ci sono delle individualità su cui un buon allenatore riuscirebbe a puntare.
Inutile menzionare Belotti, scenderemmo nella sfera delle ovvietà. Eppure lo stesso Linetty, Bremer, Nkoulou, Ansaldi, il giovane Singo sono elementi interessanti. Perché non sviluppare maggiormente il gioco sulle fasce, molto utile nel 3-5-2. Invece no, palla dietro ai difensori e lancio lungo “ndo cojo, cojo”, tanto poi arriva il Gallo o lo Zaza di turno che la mettono in rete. Un esempio? Milan-Torino, ottavi di finale di Coppa Italia. Tanta stanchezza in campo, i milanesi si scoprono alla ricerca del vantaggio ai supplementari, lasciando spazi dietro. Contropiede? Macché. Giampaolo dalla panchina: “Giocala dietro, gioca semplice“. E allora palla indietro e che il gol vada a farsi benedire. Tanto ci pensano i difensori a fare gol nel calcio, no?
Le rimonte e la follia
Tante volte si è discusso delle rimonte, ben nove, la più incredibile quella incassata dalla Lazio. “Follia“, il suo commento nel post-partita. Noi, invece, ci appelliamo a una mancanza di concentrazione, di essere squadra, lampante nel caso del Toro sempre più scornato. Scarso collegamento tra i reparti, poche comunicazioni in campo, poca precisione nei passaggi. Abbiamo visto tutto? No, il finale del film deve ancora arrivare. Si gioca Torino-Spezia, gara essenziale per la salvezza. Le Aquile liguri restano in dieci per l’espulsione di Vignali. I granata subiscono lo Spezia e rischiano addirittura di perdere l’incontro, sfiorando la rete solo nel finale, momento in cui l’avversario paga l’inferiorità numerica. Un paradosso, quello visto in campo ieri sera.
Tra le varie riflessioni dopo il match, Giampaolo parla anche di mancanza di buona sorte. Se un tecnico, a nostro avviso, si appella alla Dea Bendata è arrivato ormai al dessert, nemmeno alla frutta. In un clima di guerra sempre più accanito, tra titoloni di giornali e accuse su accuse, il posto in panchina di Giampaolo è sempre più ghiacciato. L’esonero è ormai una formalità, l’ennesimo di una carriera di un Maestro a cui è sempre mancata la bacchetta. Testa alta e lancio in avanti.