Uffà! Che barba! È tutto già scritto, è tutto già visto.
La bombola del gas che si esaurisce sempre la vigilia di Natale. La batteria dell’auto sparisce al primo colloquio di lavoro. Il prosecco sgasato. La Juve non carbura ma vince sempre lo scudetto. Al 96° segna soltanto Caicedo (fonti segrete ci assicurano che il ragazzone rimane a Formello sino alle 22,00/22,30 per fare gol da solo). Il fermo calcio è come il fermo pesca, quando nel piatto ti devi arrangiare col tonno in scatola sognando un’orata. Insomma una totale depressione.
Nulla di nuovo, nulla che stuzzichi la fantasia sull’orizzonte calcistico.
E’ la nuova sindrome da lockdown dei campionati.
A proposito, secondo Collins (istituto inglese che redige l’edizione annuale del vocabolario), il termine “lockdown” si aggiudica il mesto titolo di parola dell’anno. E’ stato utilizzato oltre 250milioni di volte a fronte delle sole 4mila volte del 2019.
Parafrasando una storica pubblicità Falqui: “Lockdown, basta la parola!”
Dobbiamo essere sinceri, il tifoso non sopporta le pause anzi, le rifiuta. Siamo alle prime giornate, le squadre appena carburano, ecco il nuovo pit-stop. Del tutto inutile cambiare le gomme, siamo già in asfissia calcistica. Con quale ottimismo si può rianimare la platea ormai catatonica? Non è Italia-Estonia la giusta panacea. A pensarci bene, con tali amichevoli l’unica a rimetterci la maglia è soltanto la squadra azzurra. Se non vinci sei massacrato, vinci di misura e sei beffeggiato. Prendi gol? Neanche a parlarne. L’unico modo per tacitare il creato è la classica goleada. Ma anche qui preconcetti. Se i gol si realizzano nel primo tempo transeat, se avvengono dopo ventisei sostituzioni restano i sospiri. Del resto pretendere un quid sarebbe anche giusto. L’Estonia è 109^ nel Ranking Mondiale Fifa, invero davanti alla Namibia ma dietro il Mozambico (sic!). Gli estoni partecipano anche alla mai amata ed interrogativa Nations League, ma sono ultimi nel gruppo 2 del girone C, che è appunto l’equivalente “serie C” delle squadre nazionali.
Dobbiamo portare fede e pazienza.
Poi, come un refolo di vento che agita placide acque, s’avanza la notizia. E che notizia!!!
Cristiano Ronaldo non è il giocatore più ricco del mondo. E come è possibile?
Ci sarà uno sbaglio del fisco italo-portoghese? Il pianeta è in subbuglio. Nessun errore.
Il calciatore più ricco del mondo è Faiq Bolkiah, classe 1998, figlio di Jefri, Principe del Brunei. Patrimonio stimato: 18 miliardi di euro (il pil dell’intera Namibia è inferiore ai 16 miliardi).
Il giovin Faiq, ha appena sottoscritto un contratto con il Maritimo, squadra portoghese di Primeira Liga con sede nella città di Funchal – isola di Madeira – dove, con grande ironia della sorte, nacque proprio CR7.
E’ il primo contratto da professionista per lui che, losangelino di nascita, ha affinato la tecnica frequentando squadre giovanili di rango come Southampton, Chelsea e Leicester City. Il piccolo principe poteva giocare per gli Stati Uniti, preferendo orgogliosamente il cielo del Brunei al sole californiano. Nel 2016, in Suzuki Cup, ha segnato la sua prima rete con la maglia del sultanato, siglando un calcio di rigore contro il Laos (4-3 finale per i laotiani).
Lo straricco attaccante dovrà impegnarsi a fondo per scalare le gerarchie dei “Leŏes”, che vedono al primo posto l’inarrestabile brasiliano Rodrigo Pinho già autore di 5 reti, o il nazionale camerunense Joel Tagueu che, il 7 novembre scorso, ha firmato l’ultimo gol per i rossoverdi.
Dai timidi esordi inglesi ora l’avventura a Funchal, nel tentativo di ripercorrere le gesta del più famoso ma meno ricco Ronaldo.
Potevate mai crederlo?
Carissimo Cristiano, soltanto il genio filosofico del compianto Luciano De Crescenzo l’aveva intuito nel profetico film ‘Così parlò Bellavista’: “Si è sempre meridionali di qualcuno”.