Che il presidente della Fiorentina Rocco Commisso fosse un personaggio al di fuori degli schemi lo si è capito subito fin dal suo ingresso nel calcio italiano, ultimamente però le sue dichiarazioni hanno fatto discutere, e non poco, avendo attaccato l’intero sistema calcio nostrano. In un primo momento ha cercato di scuotere l’intero sistema sportivo, anche a livello europeo, con delle proposte riguardanti prettamente il lato economico di questo mondo, di cui molte anche condivisibili, ma che risulterebbero, almeno nell’immediato, di difficile applicazione (LA FIORENTINA SALVA-CALCIO: RIFONDIAMO LE REGOLE DEL MERCATO E RISPETTIAMOLE).
Se le idee del presidente italo-americano riguardanti i bilanci e calciomercato, come detto, sono risultate, almeno nell’intento, nobili e volte a vivere un calcio ideale, quasi utopico, le dichiarazioni rilasciate di recente dal numero uno viola al Financial Times, più che smuovere le acque hanno creato un vero e proprio tsunami, tanto da convincere la Figc ad aprire un’inchiesta a riguardo.
I toni usati da Commisso sono sembrati da subito sopra le righe e ne ha avute davvero per tutti ad iniziare, paradossalmente, con la sua stessa società, definendo ad esempio lo Stadio Artemio Franchi, letteralmente, “La cosa più’ merdosa che sia mai stata inventata.”, continuandolo a commentare con riflessioni del tipo “Che storia ha? Questi hanno vinto due campionati in 90 anni”.
Il presidente della Fiorentina sembra un fiume in piena e ne ha davvero per tutti, ad esempio quando viene incalzato sulla situazione legata al suo attaccante Vlahovic, senza peli sulla lingua dice ciò che pensa: “E’ cresciuto in questa squadra e dovrebbe mostrare riconoscenza al club”.
Sicuro della propria posizione non si è trattenuto minimamente ad elogiare il proprio operato, partendo dai 340 milioni finora spesi per la società viola (inclusa la somma con cui ha acquistato il club) fino ad additare qualche suo collega addirittura invidioso per quanto fatto, paragonandosi alla società juventina dei tempi d’oro, denigrando nel frattempo le tre società italiane strisciate più importanti del nostro calcio: “Chi altro ha fatto quello che ho fatto io in Italia? Vuoi che li elenchi? Non gli Agnelli. Il nonno, forse, non i nipoti. Non Gordon Singer al Milan. Non quel ragazzo alla Suning. Usano i soldi degli altri”.
E proprio alla Juventus, senza dubbio, ma anche senza freni, l’attacco più forte nei toni sferrato in relazione alla questione plusvalenze del club bianconero: “Negli Usa gli azionisti farebbero causa a tutti quei figli di …, scusate il linguaggio”.
In relazione a tutto questo, il Capo della procura federale della Figc Giuseppe Chinè, ha aperto un’inchiesta volta a verificare se le dichiarazioni del numero uno viola fossero lesive nei confronti di altri tesserati.
Commisso insomma continua per la sua strada, apparso sempre più battagliero in ogni sua uscita dopo essere entrato nel pianeta calcio tutt’altro che in punta di piedi, da non dimenticare ad esempio la diatriba con Urbano Cairo, proprietario del Torino e del gruppo RCS Mediagroup del quale la Gazzetta dello Sport ne è uno dei quotidiani editati.
A seguito di una conferenza in cui l’italo-americano se ne era uscito con “Ditemi che ha fatto anche il Torino, che c’è quel genio che capisce di calcio, il proprietario della Gazzetta”, la Rosea aveva risposto il giorno seguente con un editoriale a firma di Andrea Di Caro, vicedirettore del quotidiano, nel quale sono state usate espressioni non gradite al presidente viola, per cui espose querela verso la testata sportiva per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa, ritenendole denigratorie e discriminatorie.
“Don Rocco”: “Più che da un gangster movie di Coppola o Scorsese, sembra uscito da un film poliziottesco all’italiana di Serie B”. “Commisso ricorda una certa brutta Italia, che preferiamo resti solo nei vecchi film”. Accostamenti inaccettabili per il patron viola con cui la Gazzetta dello Sport “Ha offeso la reputazione dell’intera comunità italoamericana, che quotidianamente si batte per sradicare l’orribile stereotipo che associa lo stigma della criminalità organizzata ai nostri connazionali d’Oltreoceano”.
Commisso: un One Man Show che vuole cambiare il calcio italiano (e forse non solo quello) e vuole farlo a modo suo, combattendo gli avversari, a quanto pare, non solo sul campo, peraltro senza porsi il problema di un’usuale formalità, aspetto che potrebbe limitare il modo d’essere di un presidente che riesce sempre a far parlare di sé.