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Calcio e linguaggio: la metafora applicata nel pallone

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Si afferma che il calcio è uno sport popolare. Sebbene oggi tale valore sia spesso messo in discussione (Superlega, denaro, corruzione), è innegabile che abbia un’importantissima funzione sociale. Questa disciplina, infatti, da anni rappresenta un collante non indifferente tra persone e popoli. Basta pensare a una conversazione tra sconosciuti che iniziano ad approcciare. “Segui il calcio? Che squadra tifi?“. Una sorta di regola conversazionale non scritta, volta a creare legami anche duraturi. Superfluo, poi, soffermarsi sul grande potere mediatico che esercita ogni singola partita o ogni singolo gesto, ormai moltiplicati dalle reti sociali. Il calcio pervade ogni angolo del pianeta.

Oltre a tutto questo, però, il calcio ha saputo evolversi nel linguaggio, diventando più intelligente. A partire dalla nascita dei mezzi di comunicazione (radio, televisione, internet), si sono sviluppate sempre più figure professionali volte a raccontare e a discutere del pallone. Da questi momenti in poi, tanto si è mosso, a partire dalla letteratura. Un esempio è Umberto Saba, che pur non essendo appassionato ha dedicato cinque poesie al gioco nel suo Canzoniere. Spostandoci in Spagna, anche lo scrittore Manuel Vázquez Montalbán ha redatto romanzi e saggi incentrati sul tema, riscuotendo gran successo di pubblico. Viaggiando poi oltreoceano, argentini come Galano e Soriano hanno basato i loro scritti su storie calcistiche. Aldilà dell’opera scritta, però, il calcio si è diffuso anche verbalmente, grazie all’operazione di inviati e cronisti che hanno dato la diffusione del lessico calcistico. Rendendolo ancor di più popolare e accessibile a tutti.

Probabilmente proprio in questa fase tanti campi semantici si sono avvicinati al pallone, arricchendo il linguaggio stesso di figure retoriche, specialmente la metafora. Queste espressioni sono così interiorizzate che quasi è impossibile rendersene conto. Eppure sono lì, a nostra disposizione. Siamo qui per analizzarne alcune.

Calcio e metafora, dalla guerra allo spettacolo

Uno dei campi semantici più gettonati nel calcio è quello della guerra: chi non ha mai paragonato una gara a una battaglia, a una contesa? La tattica è a disposizione degli allenatori, con formazioni di attacco e difesa. Il contrattacco è un’arma per sorprendere l’avversario scoperto dietro. Per proteggere la porta da un calcio di punizione si impiega la barriera, mentre un difensore molto roccioso è considerato un muro. E ancora, un’azione offensiva continuata è un assalto, con i tiri che diventano missili, cannonate, fucilate. Gli attaccanti molto possenti sono arieti e i più prolifici sono cannonieri.

Interessanti le immagini attinte dal mondo della luce e dell’energia. Una squadra con poco da dire è in riserva, ha finito la benzina, ha esaurito le pile. La compagine ultima in graduatoria è un fanalino di coda; il giocatore da cui parte il gioco diventa il faro, il più talentuoso la stella. Passa in rassegna poi il campo dello spettacolo e della magia. I protagonisti in campo si esibiscono in numeri di prestigio e i più bravi sono funamboli. Lo stadio è paragonato a un’arena e i calciatori sono gli interpreti del gioco dell’allenatore. All’inizio si una stagione o di un torneo si aprono le danze oppure si alza il sipario. Il calcio spettacolo è un tipo di gioco suntuoso da parte di una compagine. Non è finita qui, The show must go on…

Animali e istruzione

Tante le espressioni provenienti dal regno degli animali. Un tecnico spesso vuole vedere “undici leoni in campo”. I giocatori posizionati sulla fascia avanzata sono ali (sebbene oggi si parli più di esterni): spesso, come i cavalli, sgroppano e galoppano. Un difensore che francobolla un attaccante lo tiene a bada e uno molto rude è un mastino. Innumerevoli i soprannomi di questo settore affibbiati a vari protagonisti. “Ringhio” Gattuso, “Gallo” Belotti, “Formica atomica” Giovinco sono solamente alcuni esempi. Dalla Spagna, degni di nota “El BuitreButragueño (avvoltoio)  l’ex Lazio “PiojoClaudio Lopez (Pidocchio).

Si traggono spunti notevoli anche dal campo dell’istruzione e dell’insegnamento. I giocatori frequentemente sono discepoli, e i tecnici maestri (a Pirlo e Giampaolo, però, non ha portato benissimo). Anche qui un ex calciatore tra gli esempi: Seedorf, bandiera olandese del Milan, era soprannominato “Professore” per la sua visione di gioco e capacità di leadership. Infine, un allenatore che apprende tante nozioni da uno più esperto è denominato spesso allievo.

Politica e religione

La politica ha fatto il processo inverso, vale a dire ha tratto delle espressioni dal gergo calcistico per i propri linguaggi. Le opposizioni in vigore, infatti, spesso fanno pressing al governo al fine di essere ascoltate. Famosissima, negli anni Novanta, la citazione di Silvio Berlusconi, “Scendo in campo”, per segnare il suo ingresso nella politica italiana. Anche l’ostruzionismo, la mossa parlamentare volta a rallentare il processo legislativo, trova sfogo nel calcio con il fallo di ostruzione.

La metafora probabilmente più nota si lega al calcio come religione pagana. I tifosi, in effetti, si recano allo stadio come fedeli presso la cattedrale, ossia lo stadio (La Catedral è il soprannome del San Mamés, dove gioca l’Athletic Bilbao). La partita assume i contorni di un vero e proprio rito, 90 minuti di preghiere e speranze. In assenza di un Dio, alla ricerca dei semi dei che decideranno il match. Con devozione.

Perché il calcio è lingua e noi siamo parlanti di uno dei linguaggi più belli al mondo.

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